VIOLA-NTE DI RABBIA: “NON SONO UN TRADITORE. LA POLITICA VILE LO CHIAMA INCIUCIO. PERCHÉ SI PRATICA LA POLITICA COME UNA GUERRA. QUESTO È IL LASCITO DEL BIPOLARISMO BERLUSCONIANO: UN PALIO PERENNE, DOVE OGNI CONTRADA SOGNA LA DISTRUZIONE DI QUELLE AVVERSARIE”


1. VIDEO - LO SFOGO DI VIOLANTE: "NON SONO UN TRADITORE"

 

Da "repubblica.it"
L'ex presidente della Camera ha scaricato la tensione accumulata in questi giorni, dopo che da più parti era stato attaccato in merito all'intervista nella quale sottolineava la necessità di un verdetto della giunta del Senato sulla decadenza di Berlusconi.

Luciano Violante

2. "MI SONO RIBELLATO AL GIACOBINISMO''
Paolo Griseri per "La Repubblica"

«Il Pd stava correndo il rischio del giacobinismo. Se vedi che un'auto va fuori strada devi avvertire l'autista. Per questo ho parlato». Luciano Violante spiega così la mossa che ha scatenato le polemiche sui giorni scorsi. E aggiunge: «L'idea di annientare l'avversario è tipica della politica debole, quella che non ha la forza di confrontarsi con gli oppositori».

LUCIANO VIOLANTE

Presidente Violante, c'è stato un momento, durante la contestazione di lunedì sera a Torino, in cui lei, commosso, si è alzato in piedi e si è messo a piangere. Che cosa era successo?
«Non avrei nessuna vergogna ad ammettere ma non è vero che ho pianto. Come può testimoniare chi era presente. Mi sono alzato in piedi e ho spiegato quello che ho detto davvero. E poi ho denunciato con forza l'attacco vergognoso al quale sono stato sottoposto sui giornali e in tv. Alla fine mi hanno applaudito in piedi e mi hanno abbracciato».

Luciano Violante

Gli attacchi sono venuti anche da dirigenti e militanti del suo partito...
«Non ho mai detto che il Pd doveva offrire scappatoie a Berlusconi. Ho detto che doveva garantire anche lui il diritto di difendersi davanti alla Giunta. Mi sembrava una banalità».

E non è stato capito?
«Alla fine sì, come si vede da recenti dichiarazioni di autorevoli componenti Pd della Giunta. Anche lunedì sera, dopo la contestazione, ci sono stati gli applausi e gli abbracci. Era tardi e capisco che giornali e tv possano non averlo registrato. Mi dispiace perché è stata involontariamente falsata la verità, a danno del Pd e mio. In ogni caso la deriva è stata evitata».

Quale errore? Il fatto di condannare Berlusconi in giunta al Senato dopo la condanna definitiva della Cassazione?
«Se gli spetta, come probabilmente gli spetta, Berlusconi deve decadere come qualunque altro parlamentare. Ma rispettando le regole. E' la Costituzione, che noi difendiamo a spada tratta, a prevedere che un parlamentare abbia il diritto di difendersi davanti alla Camera che deve giudicare della sua decadenza».

LUCIANO VIOLANTE

Nel suo partito c'è chi lo commette?
«C'era chi rischiava di commetterlo. Abbiamo rischiato di farci prendere dallo sbrigativismo: è condannato, espelliamolo. Ma proprio quando l'avversario
è in difficoltà devi avere la forza di dargli le garanzie che gli spettano. Altrimenti non sei un
partito democratico».

Lei dice sbrigativismo, ma l'accusa è di giacobinismo.
«La degenerazione è far prevalere la forza sulla regola. Quella che abbiamo sempre rivolto a Berlusconi».

Lei venne definito Vyšinskij da Cossiga, che così lo paragonò al grande accusatore delle purghe staliniane. Ora finisce per essere accusato dai suoi di garantismo strumentale, di voler fare il pontiere con il centrodestra. Non è paradossale?
«Un po' lo è. Ma vede, io non mi sono mai definito garantista».

FRANCESCO COSSIGA

Allora Cossiga aveva un po' di ragione..
«Cossiga affibbiava nomignoli a tutti. Tranne una breve parentesi, abbiamo avuto un buon rapporto. Io non sono garantista, sono legalitario. Penso che il rispetto della legge sia fondamentale soprattutto nei confronti degli avversari politici. Gli avversari li sceglie il popolo e per rispetto del popolo bisogna essere in grado di dialogare e confrontarsi con loro, se se ne ha la forza morale, politica e intellettuale».

E' quello che oggi si chiama inciucio?
«La politica vile lo chiama inciucio. Perché non si hanno idee e si pratica la politica come una guerra; così si evita di discutere con l'avversario. Questo è il lascito del bipolarismo berlusconiano: un palio perenne, dove ogni contrada sogna la distruzione di quelle avversarie.

Partiti forti praticano il conflitto, anche aspro, ma con il rispetto delle persone e delle regole e poi c'è il momento della sintesi. Questo servirebbe al Paese. Mentre la logica del palio di Siena va bene per lo spettacolo non per la democrazia».

Una parte dei militanti dice che lei ha ragione sul merito della legge ma che queste cose non andavano dette ora. E altri ipotizzano che la sua uscita sia stata concordata con il Quirinale. Come risponde?
«E' retroscena senza la scena, del tutto inventato. Quanto all'opportunità, se vedi che l'auto va fuori strada cerchi di avvertire l'autista».

Non ci ha ancora detto perché un giorno Cossiga la paragonò all'inquisitore staliniano..
«Questo non posso dirlo».

E' un segreto di Stato?
«Più o meno».