VIOLANTE 1 A VIOLANTE 2 - ''I MAGISTRATI ONESTI SI RIBELLINO O SARANNO TRASCINATI A FONDO''. L'EX GIUDICE E POLITICO SI LAMENTA DELLA DEGENERAZIONE DEL POTERE GIUDIZIARIO, ''DIVENTATO POTERE DI GOVERNO. SALVINI SUSCITA ANTIPATIE NON SOLO NELLA MAGISTRATURA; MA L'ANTIPATIA NON PUÒ DIVENTARE PRESUPPOSTO PER INCRIMINAZIONI. LA MAGISTRATURA DOVREBBE INTERVENIRE QUANDO C'È UNA NOTIZIA DI REATO, NON PER ACCERTARE SE C'È UNA NOTIZIA DI REATO: QUESTO LAVORO, NELLO STATO DI DIRITTO, SPETTA ALLA POLIZIA''
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Federico Novella per “la Verità”
«Non è una questione di ideologia, ma di potere: ci sono gruppi nella magistratura che vanno per conto proprio, in cerca di vantaggi personali. E i magistrati che lavorano onestamente hanno il dovere di reagire, altrimenti verranno trascinati a fondo».
Luciano Violante, ex magistrato, ex presidente della Camera ai tempi dell'Ulivo, docente di diritto penale, che impressione le hanno fatto le intercettazioni di Palamara finite sui giornali?
«Più che inopportune, frasi indecorose».
«Ora bisogna attaccare Salvini», diceva Palamara sulla questione della nave Diciotti. È indubbio che molti magistrati non nutrano simpatie per il leader della Lega?
«Salvini suscita antipatie non solo nella magistratura; ma l'antipatia non può diventare presupposto per incriminazioni».
Abbiamo a che fare con una frangia di magistrati ideologizzati?
«Chi ha tenuto comportamenti deprecabili è schierato soprattutto con sé stesso e con il proprio potere, senza essere contiguo a nessuno».
Però quando da giudice istruttore a Torino si occupava di terrorismo, lasciò Magistratura democratica. Perché?
«Un settore di Md assunse atteggiamenti equivoci nei confronti dei terroristi. Alcuni cadevano nel sociologismo nei confronti di chi sparava. Non potevo starci, e non fui l'unico».
E questa non è ideologia?
«Era una stortura inaccettabile, dettata da ideologia».
E oggi?
«Oggi le ideologie non c'entrano. Non commettiamo l'errore di pensare che destra e sinistra abbiano qualcosa a che fare con la magistratura di oggi. Ci sono elementi patologici: più che all'ideologia, ci troviamo di fronte a strutture di potere».
Possiamo chiamarle frange affaristiche?
«Piccole oligarchie che si sono costituite per esercitare grande potere dentro e fuori la magistratura. Nelle conversazioni emerse, l'obbiettivo non era collocare il magistrato migliore, ma quello che sarebbe stato più fedele, per mettere nei guai Tizio e garantire Caio. Questo è inaccettabile».
È sempre stato così e ce ne accorgiamo solo adesso?
«È una degenerazione contemporanea. Il Csm in base alla Costituzione è sempre stato il luogo del confronto tra politica e magistratura. Finché il dialogo è pubblico e trasparente, non c'è nulla di male. Quando il dialogo invece è clandestino, notturno, è segno che c'è qualcosa da nascondere».
Un problema destinato ad allargarsi?
«Per quello che sappiamo, Palamara si è comportato in modo non degno, facendo ricadere le macchie della propria condotta su quel grandissimo numero di magistrati che lavorano onestamente».
Questo gruppo di potere, come lo chiama lei, non è il motore di un sistema?
«No, è la degenerazione di un sistema. La magistratura fino alla fine degli anni Sessanta è stata solo una corporazione di funzionari pubblici, alla periferia dell'ordinamento politico. In seguito le sono state delegate con leggi funzioni sempre più ampie, sempre più discrezionali, sempre più politiche, sempre più fondate sull'ideologia del sospetto».
Con quali conseguenze?
«Leggi occhiute e pervasive hanno attribuito soprattutto alla magistratura penale, ma anche ad altri organi dello Stato, funzioni di sorveglianza e di controllo sulla intera società italiana. La politica ha ceduto il passo, delegando alla magistratura molte delle sue funzioni. Oggi le toghe decidono persino chi può stare nelle liste elettorali e chi no».
Dunque?
«Quando si delegano funzioni politiche ad un altro corpo, quel corpo diventa politico. Perciò, oggi la magistratura per delega della politica fa parte del sistema di governo del paese».
Con buona pace della separazione dei poteri?
«Il rapporto tra sovranità della politica e potere giudiziario è squilibrato. L'equilibrio costituzionale va ricostruito».
Quali sono i cascami più evidenti di questo squilibrio?
«Siamo una società sotto sorveglianza».
Una deriva giustizialista?
«Siamo oltre. C'è stata ed è tuttora in corso una delega alla magistratura delle funzioni di controllo della legalità. La magistratura dovrebbe intervenire quando c'è una notizia di reato, non per accertare se c'è una notizia di reato: questo lavoro, nello Stato di diritto, spetta alla polizia e ad altri settori della pubblica amministrazione».
Un quarto potere?
«Un potere che ormai governa insieme alla politica per decisione della politica. Accade in Italia più che altrove perché abbiamo un sistema politico fragile».
Come si può riformare il Csm, per contrastare lo strapotere delle correnti?
«Il Csm è un organo fermo agli anni Sessanta, bisogna renderlo adeguato al mutato ruolo della magistratura. Pensare di risolvere problemi con un nuovo sistema di elezione è un'ingenuità».
Quindi cosa propone?
«Anzitutto il vicepresidente del Csm dev' essere nominato dal capo dello Stato. Altrimenti già nel primo giorno di lavoro cominciano trattative oscure tra politici e magistrati su chi debba ricoprire quel posto. E già da subito inizia una trattativa spesso oscura fatta di negoziazioni, promesse e minacce tra le correnti e con le correnti, tra i partiti e con i partiti».
Poi?
«Poi si deve costituire un'Alta corte per la responsabilità disciplinare di tutte le magistrature. Composta da magistrati ordinari, amministrativi, contabili, tributari e una quota di laici. E questa corte deve decidere anche sui ricorsi contro le nomine interne».
Oggi la questione morale di berlingueriana memoria investe le toghe anziché la politica?
«Sì, c'è una questione morale, anche più grave di quella sollevata da Enrico Berlinguer nei confronti dei partiti. All'epoca si assistette alll'incardinamento del potere dei partiti nel sistema pubblico, oggi siamo di fronte a una degenerazione del potere della magistratura. Un pezzo di questo potere va per conto suo, al fine di acquisire prerogative personali, influire illecitamente sugli altri magistrati e dunque anche sulla società e sul sistema delle imprese».
Quanto è alto il rischio per la democrazia?
«Dovrebbe essere la stessa magistratura a prendere atto della condizione difficile in cui si trova. La spirale è verso il basso, ogni settimana succede qualcosa. Se la magistratura non si attiva per riforme profonde, sarà trascinata giù».
Parliamo del premier Giuseppe Conte: si sente rappresentato da questo governo?
«Il governo non mi deve rappresentare: deve decidere».
Troppi rinvii, soprattutto sulle misure economiche, e poca sostanza?
«Governare è difficile. Ma occorrerebbe maggiore chiarezza sulle priorità».
L'indecisione del governo sta logorando il Pd?
«Con il sistema proporzionale i partiti di governo sono alleati ma anche concorrenti. Anche i Cinque stelle rischiano il logoramento. È un tema che si pone quando le alleanze non scaturiscono dal voto dei cittadini, ma attraverso le negoziazioni parlamentari. Accadde anche nel precedente governo».
Silvio Berlusconi sarebbe disponibile a un nuovo governo senza i Cinque stelle. Si immagina il Pd al potere con Forza Italia?
«Ho l'impressione che sarebbero avventure, non governi».
A proposito, che cosa ne pensa dell'audio in cui il magistrato Amedeo Franco parla di «plotone di esecuzione» giudiziario contro Berlusconi?
«Bisogna innanzitutto liberarsi dai preconcetti pro e contro. Poi stare ai fatti».
Berlusconi ha ragione a sentirsi un perseguitato?
«È stato assolto diverse volte».
Siamo un Paese a rischio autoritarismo?
«Il Parlamento è marginale. Il decreto legge sulle semplificazioni, per esempio, affida a un Dpcm l'indicazione delle opere strategiche da realizzare. Non ci sono gli strumenti parlamentari per decidere, e il Dpcm diventa strumento di governo autonomo rispetto al Parlamento. Se non si riforma il bicameralismo paritario sarà inevitabilmente sempre peggio».
Durante il periodo più buio dell'emergenza qualcuno al governo si è fatto prendere la mano?
«La realtà è più complessa: è mutato dappertutto il contratto sociale. Oggi i governi dicono al cittadino: dammi le tue libertà, io ti garantisco la vita. E se la vita è a rischio, il cittadino accetta qualsiasi cosa».
L'esecutivo giallorosso è nato per scegliere il nome giusto per il Quirinale?
«Può darsi, ma programmare queste cose è difficile. Se qualcuno ha in mente di farlo, è un po' troppo ottimista».
Sarebbe favorevole a un gentiluomo legato al centrodestra come capo dello Stato?
»Un gentiluomo o una gentildonna. Se ci sono i voti, perché no? Ci sono personaggi adatti in tutto il mondo politico».