LA VOCE DEL PADRONE - MARTA FASCINA, LA NUOVA "BADANTE" DI BERLUSCONI, DA' LA LINEA A FORZA ITALIA PER CONTO TERZI EVOCANDO LE PURGHE PER QUELLI CHE NON HANNO VOTATO GLI EMENDAMENTI PRESENTATI DAL PARTITO IN COMMISSIONE GIUSTIZIA: "CI VUOLE UNA LEGGE CHE STABILISCA LA DECADENZA PER IL PARLAMENTARE CHE TRADISCE IL MANDATO" - IL CAV AVREBBE VISSUTO MALE IL FATTO CHE LA DELEGAZIONE FORZISTA AL GOVERNO SIA INTERVENUTA PRESSO DI LUI PER CHIEDERGLI DI FAR RITIRARE L'EMENDAMENTO ALLA RIFORMA CARTABIA E, SUL PUNTO, CI SAREBBE STATO ANCHE UN CONFRONTO TELEFONICO CON LA CARFAGNA…
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Tommaso Labate per il "Corriere della Sera"
Che sapesse scegliere con maniacale cura l'autore da citare, ecco, questo lo si era capito quando, dovendo ripercorrere tanti anni dopo le tappe che avevano portato al passaggio della campanella tra Silvio Berlusconi e Mario Monti, aveva pescato dal mazzo la carta di Jurgen Habermas. Quello che per fior di berlusconiani era stato semplicemente «un golpe», per lei era invece «ciò che il filosofo tedesco aveva definito "a quiet coup d'etat"».
Ch' era un po' la stessa cosa, ma detta in modo che suonasse assai meglio. L'altro giorno, invece, l'autore preso a prestito è stato Enrico Mattei, il leggendario presidente dell'Eni che a metà degli anni Cinquanta si vantava di usare i partiti «allo stesso modo di come uso i taxi: salgo, pago la corsa, scendo». Con una dichiarazione mandata alle agenzie, Marta Fascina, deputata e compagna di Silvio Berlusconi, s' intesta mediaticamente la custodia dell'ortodossia del Cavaliere e sferza quelli che dentro Forza Italia si sono rifiutati di sostenere gli emendamenti azzurri alla riforma Cartabia.
Se ai tempi in cui citava Harbermas dalle colonne de Il Giornale le sue analisi erano considerate il metro per capire che cosa potesse pensare l'ex premier sulle questioni via via dibattute, adesso che evoca nientemeno che Mattei - di fronte a un partito ormai decimato da settantasette addii - la sua sembra la chiave che tenta di blindare la casa con la porta ormai scassinata.
Casa in cui, tra i superstiti, ci sono anche quelli che si interrogano su come mai la «linea» debba arrivare proprio da chi, in un partito costellato a ogni latitudine da un'incredibile densità di coordinatori e responsabili, non ricopre alcun ruolo. Né di coordinamento, né di responsabilità. Con un'incredibile aderenza alle teorie di Beppe Grillo sul vincolo di mandato, Fascina si è fatta promotrice di una legge costituzionale che faccia decadere dall'incarico parlamentare «chi cambia legittimamente idea e tradisce il patto con i cittadini».
Si tratta, aggiunge, di impedire «di utilizzare i partiti come taxi per raggiungere lauti stipendi e posizioni di potere salvo poi, una volta raggiunto l'obiettivo, cambiare idea, ideali, valori, partito». Esempio di firstladysmo di ritorno, archiviati gli anni in cui era Francesca Pascale a scuotere i nervi del partito, con la sua nota l'onorevole Fascina sembra aver innervosito ulteriormente Forza Italia.
Arrivata all'indomani degli addii di Lucio Malan e di Giusi Bartolozzi, quest' ultima vicinissima alla ministra Mara Carfagna, la dichiarazione sarebbe la spia del malessere montante di Berlusconi negli ultimi giorni. L'ex premier avrebbe vissuto malissimo il fatto che la delegazione forzista al governo sia intervenuta presso di lui per chiedergli di far ritirare l'emendamento alla riforma Cartabia e, sul punto, ci sarebbe stato anche un confronto telefonico con la Carfagna.
Per non mettere in difficoltà il presidente del Consiglio Mario Draghi - aggiungendo la sua firma alla lista dei leader della maggioranza che hanno puntato i piedi sulla riforma della giustizia - Berlusconi ha optato la «griffe Fascina» in calce al suo avviso ai naviganti. Anche perché, avrebbe confessato tra l'arrabbiato e il dispiaciuto ai parlamentari che lo hanno raggiunto telefonicamente a Villa Certosa, dove si trova insieme alla sua compagna, «mi stanno arrivando incredibili pretese dalle persone più inaspettate».
A tormentare le acque di un partito martoriato, c'è l'appuntamento in cui ciascun parlamentare vede moltiplicato il peso del proprio singolo voto, e cioè l'elezione del Capo dello Stato. Per questo, in Sardegna, si è tentato di mettere la sicura alla serratura di un taxi da cui sono scesi in tanti. Anche se forse si è scelto il fabbro sbagliato.
GIUSTIZIA:FASCINA,LEGGE PER DECADENZA PARLAMENTARE CHE TRADISCE
(ANSA) - "Recenti episodi di cronaca parlamentare ci forniscono uno spaccato della politica che ci rende poco 'onorevoli'. È noto che da 27 anni Forza Italia sostiene e promuove riforme all'insegna della giustizia giusta, efficiente e veloce e che ha nel proprio Dna il rispetto dei precetti costituzionali in tema di garantismo, separazione dei poteri, ragionevole durata dei processi, presunzione di innocenza.
Ciononostante accade che parlamentari eletti nel nostro movimento decidano sorprendentemente di non votare emendamenti presentati dal nostro capogruppo in Commissione Giustizia e previamente condivisi con la Presidenza del gruppo. Con ciò deludendo le aspettative di milioni di cittadini che hanno creduto e credono nella nostra carta dei valori". Così, in una nota, Marta Fascina, deputata di Forza Italia.
"Se vogliamo salvaguardare la nostra identità di partito liberale, moderato e garantista - prosegue - e con ciò togliere ossigeno a movimenti che hanno nel giustizialismo populista e manettaro la loro stella polare, non possiamo retrocedere dalle nostre storiche battaglie, dai nostri valori ed ammainare le nostre bandiere.
Ecco perché ritengo che chi, tradendo il mandato elettorale dei cittadini oltre che la fiducia dei colleghi e dei dirigenti del partito, ha contestato i nostri emendamenti debba riflettere sull'etica politica che lo guida, sull'importanza che attribuisce ai valori della coerenza e del rispetto del mandato elettorale. In tal senso mi farò promotrice di una proposta di legge costituzionale che, derogando al divieto di mandato imperativo, preveda per chi legittimamente cambia idea e tradisce il patto con i cittadini e con il movimento politico che l'ha accolto e candidato, la decadenza immediata dall'incarico parlamentare.
Non si tratta di silenziare le voci critiche di deputati o senatori, ma di impedire di utilizzare i partiti come taxi per raggiungere lauti stipendi e posizioni di potere, salvo poi (una volta raggiunto l'obbiettivo) cambiare idea, ideali, valori, partito".