VOGLIAMO I COLONNELLI! - IL TEOREMA PAZZO DI SORGI: "SE DRAGHI FOSSE COSTRETTO A DIMETTERSI, MATTARELLA LO RINVIEREBBE ALLE CAMERE, METTENDO I PARTITI DI FRONTE ALLE LORO RESPONSABILITÀ. MA METTI ANCHE CHE, IN UN INTENTO SUICIDA, GLI STESSI RESPONSABILI DELLE DIMISSIONI INSISTESSERO PER MANDARE A CASA IL BANCHIERE, AL PRESIDENTE NON RESTEREBBE CHE METTERE SU UN GOVERNO ELETTORALE, FORSE PERFINO MILITARE, COM'È ACCADUTO CON IL GENERALE FIGLIUOLO PER LE VACCINAZIONI. A MALI ESTREMI, ESTREMI RIMEDI"
-Marcello Sorgi per "la Stampa"
I lettori preoccupati per i venti di crisi che da qualche giorno soffiano su Palazzo Chigi, a causa dei dissensi sulla riforma della giustizia penale, possono fin d'ora rassicurarsi, anche se ieri la tensione tra i partiti della maggioranza ha toccato il limite. Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze. È vero, come nel '19, l'anno della caduta del governo gialloverde, Salvini torna al Papeete, lo stabilimento balneare da cui chiese "i pieni poteri" a torso nudo, in costume da bagno. È altrettanto vero, perfino il Pd, autodefinitosi "partito della stabilità", s' è schierato per ragioni meramente elettorali con i 5 stelle, che hanno rotto l'accordo maturato in consiglio dei ministri due settimane fa.
E ancora, è sicuro che un'assemblea di LeU, il piccolo partito del ministro Speranza, ha applaudito calorosamente il direttore del "Fatto" Travaglio che insultava Draghi con parole grosse. Ma tutto questo, duole ricordarlo, fa parte della cosiddetta "ricerca di visibilità" che i leader dei suddetti partiti ritengono indispensabile per risalire le classifiche dei sondaggi. Così Conte, neo-designato capo politico dei pentastellati dopo una lite all'ultimo sangue con Grillo, tutto può fare tranne mostrarsi acquiescente verso il governo del suo successore.
Non lo considera più l'artefice (con Renzi e Mattarella, pensate un po') di un complotto ai suoi danni, per disarcionarlo dalla guida del governo giallorosso, ed è già un bel passo avanti. Ma ha promesso all'ala più movimentista dei grillini di farsi valere e dare filo da torcere a SuperMario. Inutilmente, il banchiere che da cinque mesi lo ha sostituito ha cercato di spiegargli che la giustizia è il terreno meno adatto per marcare delle differenze, essendo nel mirino della Commissione europea che si accinge a pagare la prima tranche di aiuti, 25 di 209 miliardi, del Pnrr. Niente da fare.
Così Draghi s' è fatto autorizzare dal governo a porre la fiducia, e per il resto ha lasciato fare. Il risultato è la grande e crescente confusione che si registra alla Camera, al momento in commissione giustizia e da domani, se non ci saranno rinvii, in aula, dove sono annunciate centinaia, forse migliaia di emendamenti al testo approvato all'unanimità da tutti i ministri.
In mancanza di un accordo che consenta di tirare le fila e proporre ai deputati una sintesi, tecnicamente un maxi-emendamento, di fatto un compromesso tra tutte le richieste di modifica presentate, Draghi chiederà la fiducia sul testo uscito da Palazzo Chigi prima che si riaprisse la discussione. Poi ognuno deciderà e sarà libero anche di uscire dal governo. Ma è verosimile che nell'approssimarsi della votazione, tutti addiverranno a più miti consigli. Di una crisi ad agosto non c'è infatti nessuna voglia in giro.
Lo scenario è completamente diverso da due anni fa, quando la legislatura era appena all'inizio. Oggi i partiti sono esausti e guardano con angoscia, sia alla scadenza del prossimo febbraio, quando in questo clima di disgregazione si dovrà eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, sia a quella della primavera 2023, quando finalmente si andrà al voto, e invece di compulsare le tabelle dei sondaggi si dovrà fare i conti con i voti veri, usciti dalle urne.
Qualcuno dice che dal 3 agosto, data di inizio del semestre bianco con il Capo dello Stato privato del potere di sciogliere le Camere, partirà una sorta di "liberi tutti", in cui in politica ciascuno potrà dare il peggio di se. Possibile, ma nulla di più sbagliato immaginare il Presidente Mattarella con le mani legate, solo perché non può più ricorrere a elezioni anticipate. Se Draghi fosse costretto a dimettersi (ma va ripetuto: è un'ipotesi del terzo tipo, il periodo ipotetico dell'impossibilità), Mattarella lo rinvierebbe immediatamente alle Camere, mettendo i partiti di fronte alle loro responsabilità.
A quel punto la confusione a cui si assiste in questi giorni cesserebbe tutt' insieme. Ma metti anche che, in un intento suicida, gli stessi responsabili delle dimissioni insistessero per mandare a casa il banchiere, giocandosi la fiducia dell'Europa e i miliardi di aiuti di cui sopra, al Presidente della Repubblica non resterebbe che mettere su un governo elettorale, forse perfino militare, com' è accaduto con il generale Figliuolo per le vaccinazioni. A mali estremi, estremi rimedi. Anche se non è affatto detto che ci si arriverà.