VOLETE DAVVERO IL SISTEMA ELETTORALE TEDESCO? IN GERMANIA NESSUN PARTITO HA PIÙ OTTENUTO LA MAGGIORANZA ASSOLUTA DAL 1957 - ANZI, PER EVITARE CHE UN PARTITO, VINCENDO “TROPPI” SEGGI NEI COLLEGI RAGGIUNGA UN NUMERO COMPLESSIVO DI DEPUTATI CHE NON GLI SPETTA SECONDO IL PROPORZIONALE, È STATO INTRODOTTO UN MECCANISMO DI COMPENSAZIONE…
-Articolo di Michael Braun pubblicato su www.internazionale.it
Quindi l’Italia si farà tedesca. Tedesca almeno nel sistema elettorale se Matteo Renzi e Silvio Berlusconi riusciranno a portare a termine il loro piano. E sarebbe archiviato il “Rosatellum”, l’ultima proposta di riforma elettorale firmata da Ettore Rosato, capogruppo del Partito democratico (Pd) alla camera, chiamato anche sistema “similtedesco”.
A prima vista i due modelli, quello tedesco e quello similtedesco, si somigliano molto, ma le differenze sono sostanziali. Tutti e due prevedono che metà dei parlamentari siano eletti in collegi uninominali secondo uno schema maggioritario mentre l’altra metà è scelta con un voto di lista proporzionale, ma la lista deve superare la soglia di sbarramento fissata al 5 per cento.
Ma nel Rosatellum la quota maggioritaria e quella proporzionale di lista sono calcolate separatamente e poi sommate, senza nessun meccanismo di compensazione. Supponiamo che il Pd vinca il 40 per cento dei seggi uninominali alla camera, sarebbero circa 122 seggi, e mettiamo che nel proporzionale totalizzi il 30 per cento ottenendo altri 92 seggi: arriverebbe a un totale di 214 seggi.
COMPENSAZIONE PROPORZIONALE
Con il sistema tedesco invece dovrebbe accontentarsi sì e no di 185 seggi. Infatti, malgrado il sistema uninominale apparentemente maggioritario nei collegi, il Bundestag è eletto con un sistema puramente proporzionale: c’è un meccanismo di compensazione secondo cui chi vince di più nei collegi prende meno seggi nelle liste proporzionali. Ogni elettore vota infatti con due schede: una per eleggere uno dei candidati della sua circoscrizione e una per scegliere un partito a livello nazionale.
Facciamo un esempio. Supponiamo che la Cdu-Csu di Angela Merkel ottenga il 35 per cento nel proporzionale ma si assicuri il 60 per cento dei collegi uninominali. Poiché in questo caso con il maggioritario otterrebbe già circa 180 deputati, le spetterebbero solo altri 30 dei 299 seggi assegnati alle liste – per farla arrivare a quel 35 per cento ottenuto con la seconda scheda al livello nazionale, quella di lista, che alla fine conta per gli equilibri numerici in parlamento.
Infatti i collegi in Germania non svolgono nessuna funzione maggioritaria: sono stati introdotti solo per rafforzare il legame tra deputati e territorio. L’unico meccanismo di correzione rispetto a un proporzionale puro è la soglia di sbarramento del 5 per cento, introdotta per evitare la frantumazione del sistema partitico in tante piccole formazioni.
In Germania nessun partito ha più ottenuto la maggioranza assoluta dal 1957
Anzi, per evitare che un partito, vincendo “troppi” seggi nei collegi raggiunga un numero complessivo di deputati che non gli spetta secondo il proporzionale, è stato introdotto un meccanismo di compensazione. Immaginiamo che la Cdu-Csu – che nell’uninominale quasi dappertutto se la gioca solo con la Spd – conquisti l’80 per cento dei 299 collegi, ma solo il 35 per cento nel proporzionale: manderebbe 240 deputati a Berlino, circa 35 di più di quanti gliene spetterebbero. Di conseguenza gli altri partiti riceverebbero a loro volta 35 seggi “di compensazione” per mantenere i rapporti di forza decretati dal proporzionale. È per questo che il numero totale dei deputati del Bundestag può variare.
È ovvio che questo sistema obbliga i partiti a formare coalizioni di governo. Infatti solo una volta nella storia tedesca un singolo partito ha conquistato la maggioranza assoluta: la Cdu di Adenauer nel lontano 1957. Un tempo quelle coalizioni erano di centrodestra (Cdu e liberali della Fdp) o social-liberali (Spd-Fdp) o “rosso-verdi”. Ma già nel 2005, poi di nuovo nel 2013 si resero praticabili solo le “larghe intese” della grande coalizione tra Cdu e Spd.
GOVERNABILITÀ E RAPPRESENTATIVITÀ
Il Bundestag che sarà eletto il 24 settembre 2017 con buona probabilità ci riporterà alla ripetizione di questo scenario. Entreranno quasi sicuramente sei forze politiche, la Cdu, la Spd, i Verdi, la Linke, la Fdp e anche i populisti di destra dell’Afd. E sarà difficile sia formare una coalizione di centrodestra (Cdu-Fdp) sia una coalizione di centrosinistra (Spd-Verdi-Linke). Sarebbero forse pensabili coalizioni finora mai sperimentate come quella “Giamaica” (Cdu-Verdi-Fdp) e quella “semaforo” (Spd-Verdi-Fdp), ma non è neanche detto che avrebbero i numeri.
Un rischio che la Germania comunque non corre, nell’immediato, è quello dell’ingovernabilità. Diverso è il caso dell’Italia: qui anche le “larghe intese” tra il Pd di Renzi e Forza Italia potrebbero rivelarsi troppo strette. L’Italicum ipermaggioritario, poi bocciato dalla consulta, sacrificava la rappresentatività alla governabilità. Introdurre il sistema tedesco – senza la relativa stabilità dei partiti e delle istituzioni tedesche – invece comporta il rischio opposto, quello di garantire sì la rappresentatività, ma allo stesso tempo di rendere il paese ingovernabile.