VUOI STARE ALL'OPPOSIZIONE? E ALLORA TI BECCHI I SILURI AL GIGLIO MAGICO - MARRONI CONSEGNA AI PM LE EMAIL CON LOTTI: DUE ANNI DI NOMINE, SEGNALAZIONI E REPORT. PER DIMOSTRARE CHE FU IL BRACCIO DESTRO DI RENZI A FARGLI LE SOFFIATE SULL'INCHIESTA DI WOODCOCK - E ORA CHE LE ELEZIONI SONO PASSATE, E IL PD HA PERSO, LA RAI MANDA GLI INVIATI A FAR PARLARE LA STRANA COPPIA VIOZZI E LATTANZIO, TESTIMONI DEI MAGHEGGI MASSONICI INTORNO A BANCA ETRURIA E MPS

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LUIGI MARRONI

1. NOMINE, SEGNALAZIONI E REPORT SU CONSIP MARRONI CONSEGNA AI PM LE MAIL CON LOTTI

Fiorenza Sarzanini per il ''Corriere della Sera''

 

 

Decine e decine di mail, comunicazioni riservate su nomine e segnalazioni, report sull' attività di Consip e sui rapporti con il governo, ma anche con il Parlamento. È la documentazione relativa alla durata del suo incarico a partire dal giugno 2015 fino alla «cacciata» avvenuta nel giugno 2017, che l' ex amministratore delegato Luigi Marroni consegnerà la prossima settimana ai magistrati romani.

RENZI LOTTI

 

Lo ha annunciato lui stesso ai pm al termine del confronto con il ministro allo Sport Luca Lotti che si è svolto due giorni fa e durante il quale Marroni ha confermato di aver saputo proprio da Lotti, nell' estate del 2016, che «era in corso un' indagine sull' imprenditore Romeo e sul mio predecessore Casalino». Iniziativa ritenuta «necessaria» per dimostrare - questa la spiegazione del manager - «che i nostri rapporti erano ottimi e improntati alla collaborazione istituzionale».

 

Nel corso del faccia a faccia il politico ha negato di aver mai parlato di un' inchiesta su Consip «perché non ne sapevo nulla» e ha accusato Marroni di volersi «vendicare pensando che non ti volevo visto che sei legato al governatore Enrico Rossi».

 

Nel dicembre 2016, interrogato perché aveva fatto «bonificare» il proprio ufficio Marroni raccontò di aver ricevuto ben quattro soffiate sull' indagine in corso e sul fatto che fossero in atto intercettazioni telefoniche e piazzate microspie negli uffici. Spiegò di averlo saputo parlando con Lotti, con il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, con il presidente di Publiacqua Firenze Filippo Vannoni, e con il presidente di Consip Luigi Ferrara a sua volta informato dall' allora comandante dell' Arma Tullio Del Sette. Tutti hanno negato, ma sono stati indagati per rivelazione del segreto d' ufficio e favoreggiamento.

RENZI BOSCHI LOTTI

 

Ora è arrivata la resa dei conti. Le verifiche del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Mario Palazzi dovranno finire a giugno, quando scadrà l' ultima proroga, e si dovrà stabilire chi ha mentito. Su questo l' avvocato Luigi Li Gotti ha una posizione chiara: «Il tentativo di far passare l' ingegnere Marroni quale persona mendace, è radicalmente fallito. Marroni ha confermato, nel corso del confronto quanto già dichiarato all' autorità giudiziaria» . Nessuna marcia indietro, nessun ripensamento. E adesso il manager si prepara alla contromossa proprio per dimostrare la propria buona fede .

 

La consegna di tutte le comunicazioni serve infatti a dimostrare, secondo Marroni, «che io sono sempre stato leale e collaborativo, con l' allora sottosegretario alla presidenza ci confrontavamo su tutto. Del resto io sono stato chiamato in Consip dal governo guidato da Matteo Renzi. E in particolare avevo rapporti con il ministero dell' Economia, da cui dipendevo». Alcune mail scambiate con Lotti riguardano la nomina di persone negli organi di vigilanza. Una in particolare, per la designazione di un manager sulla quale i due non erano d' accordo e alla fine decisero di soprassedere.

 

RENZI LOTTI

Altre si concentrano sull' attività di Consip e sui buoni risultati ottenuti che infatti furono allegati anche alla Finanziaria, sulla gestione del personale, su proposte di legge che interessavano la centrale acquisti e dunque sui rapporti con alcuni parlamentari che avrebbero dovuto seguirle, tra cui Ettore Rosato, su alcune questioni economiche.

 

Nel marzo 2017 Marroni aveva raccontato ai magistrati che Tiziano Renzi gli aveva chiesto di favorire Russo nell' aggiudicazione degli appalti pubblici, ma il padre dell' ex premier aveva negato di aver mai fatto pressioni: «Ci incontrammo ma solo perché volevo che da assessore alla Sanità in Toscana facesse mettere la statuina della Madonna di Medjugorie nel cortile dell' ospedale pediatrico Meyer». Adesso si scopre che già nel giugno scorso Marroni ha consegnato ai pm le mail scambiate proprio con Tiziano Renzi per dimostrare come gli appuntamenti siano avvenuti quando lui era già al vertice di Consip .

 

luigi marroni

 

2. LE ELEZIONI SONO PASSATE: LA RAI MOSTRA I GUAI DEI BOSCHI

Giacomo Amadori per ''la Verità''

 

Sono passate le elezioni e improvvisamente le due gole profonde delle Dolomiti che stanno inondando di verbali la Procura di Belluno hanno iniziato a interessare i media. La Rai ha spedito un inviato del Tgr Toscana a intervistare i due super testimoni, al secolo Valerio Lattanzio e Giuseppe Viozzi. La strana coppia (quarantaduenne agente immobiliare romano il primo, sessantaquattrenne consulente bancario marchigiano il secondo) sta denunciando fatti e misfatti della banda dei massoni che ha provato a scalare Banca Etruria, ma anche il Monte dei Paschi di Siena.

 

Non sappiamo quando verrà trasmessa la doppia intervista, ma è già una notizia che la tv di Stato, sino al 4 marzo un inespugnabile fortino renziano, dopo aver ignorato per mesi tutte le inchieste su babbo Boschi e la cricca che ruotava intorno ai faccendieri Flavio Carboni, Valeriano Mureddu e Giuliano Michelucci, dopo il terremoto elettorale, abbia spedito un giornalista a fare le stesse domande che aveva già fatto La Verità nei mesi scorsi. E, a quanto risulta a chi scrive, anche altre trasmissioni Rai stanno preparando servizi di approfondimento sui guai di babbo Boschi e babbo Renzi.

 

HENRY JOHN WOODCOCK

Un bel cambio di passo per l' ex TeleRignano. Quando, a inizio marzo, pubblicammo la prima puntata sull' inchiesta di Belluno (titolo: «Nuove accuse e misteriosi dossier su Boschi»), il procuratore Paolo Luca si premurò di far sapere che la notizia era «del tutto destituita di fondamento». I giornali il giorno dopo ripresero con diffidenza il nostro scoop e riportarono queste dichiarazioni del procuratore: «Due persone hanno effettivamente chiesto di essere sentite in Procura, ma Boschi non c' entra nulla, se non di quindicesima sponda. Le stesse devono aver contattato Giacomo Amadori della Verità, non si capisce bene perché, ma sarà verificato. La notizia è inventata. Una bomba di profondità a salve».

 

Eppure Lattanzio e Viozzi, nelle scorse settimane, il nome di Boschi l' hanno fatto realmente mettere a verbale e i rapporti del babbo con la banda dei massoni, al centro dell' inchiesta, sono ormai assodati. Ora la sorpresa: i due testimoni hanno ripetuto il nome del celebre genitore non solo davanti ai magistrati, ma anche alle telecamere. E non all' insaputa delle toghe. L' intervista si è svolta con la supervisione di due carabinieri che hanno controllato che fosse garantito l' anonimato delle due fonti, che vengono definite dagli inquirenti «credibili.

 

maria elena boschi

«La Procura li ha autorizzati a rilasciare l' intervista e loro erano ben disposti», ha commentato un investigatore.

Intanto l' inchiesta prosegue a gran ritmo, tra interrogatori e approfondimenti. Il 23 marzo scorso gli uomini dell' Arma sono stati autorizzati a uscire dal territorio di competenza per raggiungere Altidona in provincia di Fermo ed effettuare una perquisizione nell' appartamento in cui ha vissuto sino al 2016 Giuseppe Viozzi e dove è stato ospitato per alcuni mesi pure Lattanzio.

 

L' agente immobiliare sostiene di essere stato tenuto in cattività dalla banda di Michelucci a partire dal novembre 2015 a causa di alcuni scontri con la cricca e che nel febbraio 2016 venne trasferito ad Altidona e consegnato alle cure di Viozzi. Ma Lattanzio e il suo carceriere si sarebbero alleati e il 28 agosto 2016 avrebbero lasciato il condominio di due piani in fretta e furia temendo di essere in pericolo di vita, a causa delle minacce che avrebbero ricevuto dalla banda. Durante quella repentina fuga avrebbero abbandonato nell' appartamento due sacchi di documenti e un computer.

pier luigi boschi

 

Nove giorni fa i carabinieri si sono presentati nelle Marche con un decreto di perquisizione, ma quando sono entrati nell' appartamento lo hanno trovato in condizioni disastrose. Sul pavimento della sala c' erano coperte e cuscini, come se qualcuno avesse dormito per terra e sopra un guanciale era stato appoggiato un coltello. Ma di carte e pc nemmeno l' ombra.

 

Ma torniamo all' incontro dei due testimoni con la Rai e con una cronista del Corriere delle Alpi. Ai giornalisti Lattanzio ha confermato quanto già raccontato alla Verità a partire dalle presunte rivelazioni di un suo presunto carceriere a proposito della morte di David Rossi, ex capo della comunicazione di Mps. Il quarantaduenne romano ha anche ripetuto la storia della tentata truffa ai danni dell' Inter.

 

A proposito dei suoi consolidati rapporti con il Vaticano ha riferito di aver avuto notizia di uno strano traffico d' oro tra la Santa Sede e una ditta di Arezzo.

Viozzi ha ripercorso il suo rapporto di collaborazione con Giuliano Michelucci, lungo quasi 25 anni: «Si era presentato come un uomo dei servizi di sicurezza e io pensavo di lavorare per lo Stato».

 

FLAVIO CARBONI

 Ha aggiunto che la banda e in particolare l' avvocato svizzero Pier Francesco Campana, intervistato da questo giornale a fine febbraio, aveva provato a scalare 4-5 banche: «Ho assistito personalmente ad alcune riunioni in cui sono stati studiati i bilanci di istituti creditizi e banche d' affari». Viozzi ha ribadito che il Franco Di Colli, di cui si parla nel libro I Segreti di Renzi del direttore Maurizio Belpietro, era stato segnalato proprio da lui alla banda come possibile direttore generale di Etruria, ai tempi in cui babbo Boschi era il vicepresidente di Bpel, ma che il candidato aveva declinato l' offerta.

 

Con La Verità, Di Colli ha ammesso di aver avuto rapporti, seppure non approfonditi, con Viozzi e di aver ricevuto l' offerta, ma di non aver preso sul serio la proposta, considerandola un pourparler e ritenendo di non avere i titoli per ricoprire un tale incarico. Viozzi con i magistrati ha parlato anche dei rapporti di Michelucci con alcuni importanti esponenti della comunità italoamericana, in particolare con i principali rappresentanti delle loro associazioni, come il defunto Frank Stella (Niaf), in contatto pure con la famiglia Tulliani, e con Vincenzo Marra (Ilica). Negli anni '90 Viozzi partecipò con Michelucci a una sfarzosa cena a stelle e strisce in un noto ristorante umbro.

 

Nell' occasione Michelucci era il responsabile della sicurezza: diresse il corteo di auto con lampeggianti e piazzò uomini armati sui tetti. Alla fine nessuno pagò il conto e il proprietario del ristorante ebbe un malore. Viozzi ha fatto il nome anche di un consulente, tale G. V., detto Giò, commercialista di origine statunitense. «Era lui la persona che faceva aprire conti bancari e società in America». Il vaso di Pandora bellunese potrebbe riservare ancora molte sorprese.