WOODCOCK A CACCIA DEL PATONZA - UN ANNO DOPO, SI RIPETE LO SCHEMA CON PINTABONA AL POSTO DI TARANTINI COME “ESTORSORE” DEL BANANA IN DUPLEX CON LAVITOLA - NESSUNA INTENZIONE DI BERLUSCONI DI SEDERSI DAVANTI AI PM DI NAPOLI COME PARTE LESA E RIALZARSI DA INDAGATO – ALLO STUDIO “NUOVE INIZIATIVE” PER INTERROGARLO: ACCOMPAGNAMENTO COATTO? - PINTABONA CONFERMA: “HO INCONTRATO BERLUSCONI PER CONTO DI LAVITOLA”…
Fiorenza Sarzanini per il Corriere della sera
Silvio Berlusconi era stato convocato dai pubblici ministeri di Napoli per essere interrogato. Ma il 26 luglio ha comunicato che non si presenterà. È considerato parte lesa per il ricatto da cinque milioni di euro che avrebbe subito dal faccendiere Valter Lavitola, però ha fatto sapere tramite i suoi avvocati che non intende rispondere alle domande degli inquirenti perché indagato di reato connesso nell'inchiesta di Bari sulle pressioni che avrebbe esercitato nei confronti dell'imprenditore Gianpaolo Tarantini.
Una tesi non ritenuta fondata dai magistrati che nei prossimi giorni potrebbero decidere nuove iniziative. Anche perché Carmelo Pintabona, l'uomo che avrebbe fatto da tramite tra l'ex premier e Lavitola ed è stato arrestato due giorni fa per estorsione in concorso con lo stesso Lavitola, ha mostrato di voler collaborare. E ha già ammesso di aver avuto un incontro con Berlusconi su questa vicenda.
Accade tutto nei mesi scorsi, quando Lavitola è latitante tra Panama e l'Argentina. Inseguito da un ordine di cattura per aver costretto Tarantini a mentire in cambio i soldi. I pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio seguono le sue mosse. E scoprono che ha svariati incontri con Pintabona, candidato del Pdl per gli italiani all'estero.
È la sorella di Lavitola a raccontare che il faccendiere ha chiesto cinque milioni di euro a Berlusconi per tacere sui suoi affari e sui retroscena della sua vita privata inviandogli un messaggio minatorio. Vengono interrogati alcuni imprenditori che hanno avuto rapporti con Lavitola. E nel computer di uno di loro viene trovata la bozza della lettera indirizzata a Berlusconi per concordare la linea e chiedere sostegno.
I magistrati ritengono che sia stato proprio Pintabona a consegnare la missiva. Quando Lavitola viene arrestato e chiuso nel carcere di Poggioreale, si decide di registrare le sue conversazioni con la moglie. Scrive il giudice nella nuova ordinanza di cattura emessa nei suoi confronti: «Dal colloquio intercettato il 20 aprile 2012 si evince che Pintabona è il latore di una lettera. L'8 maggio Lavitola rassicura la moglie del «riuscito intervento di Carmelo». Il 22 giugno Pintabona parla con un collaboratore di una «partita a briscola» che sta giocando con il "nano maggiore"».
Ieri, durante il primo interrogatorio dopo l'ingresso in cella, Pintabona dichiara: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere perché non ho avuto il tempo di leggere tutte le accuse a mio carico e invece voglio essere preciso riguardo a ogni circostanza che mi viene contestata. Posso però anticipare che ho incontrato Berlusconi per conto di Lavitola». Il nuovo incontro con i magistrati è già stato fissato per martedì. E in quell'occasione Pintabona dovrà chiarire se si sia limitato a consegnare la lettera o se invece abbia anche trattato per la consegna dei soldi. Una circostanza che i difensori dell'ex premier smentiscono categoricamente.
«In relazione a un'ipotesi estorsiva commessa ai danni del presidente Berlusconi - scrivono in una nota gli avvocati Niccolò Ghedini e Pietro Longo - si deve precisare che mai alcuna somma è stata erogata al dottor Lavitola o a suoi incaricati. Del resto non vi era alcun motivo per farlo non essendovi il benché minimo argomento con il quale il dottor Lavitola potesse esercitare pressioni nei confronti del presidente Berlusconi».
Nell'inchiesta sono indagati l'avvocato Alessandro Sammarco componente del collegio di difesa di Berlusconi e la sua collega Eleonora Moiraghi che invece assisteva il faccendiere. Entrambi, come risulta nell'ordinanza di custodia, «hanno tentato di aver contatti con Lavitola e addirittura raggiungerlo quando era latitante a Buenos Aires con l'evidente scopo di farlo desistere dal suo proposito estorsivo». E per questo sono stati messi sotto inchiesta per l'induzione del testimone a rendere dichiarazioni mendaci. Ghedini e Longo attaccano: «Ha esercitato i poteri e i doveri di difensore». La battaglia tra le parti appare appena cominciata.