ZELENSKY NON SA A CHE SANTO VOTARSI: L’ULTIMA SPERANZA PER NON SOCCOMBERE E’ TITILLARE L’EGO DI TRUMP - GLI UCRAINI PUNTANO AD ADULARE IL NEO-PRESIDENTE CERCANDO DI DIMOSTRARE CHE L’ESALTAZIONE DELL’“AMERICA FIRST” NON PUÒ COESISTERE CON LE ASPIRAZIONI PUTINIANE PER LA “GRANDE RUSSIA” - IL RAGIONAMENTO È ELEMENTARE: SE NON VUOLE APPARIRE COME UN PERDENTE, TRUMP NON PUÒ DARLA VINTA A PUTIN, CHE UNA VOLTA OTTENUTA L’UCRAINA ALLARGHERÀ I SUOI APPETITI A PAESI BALTICI, MOLDAVIA, BACINO DEL MAR NERO...
-ZELENSKY, LAVORIAMO AD UN PIANO DI RESILIENZA IN 10 PUNTI
(ANSA) - ROMA, 14 NOV - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato in serata che la prossima settimana verrà presentato il Piano di resilienza interna dell'Ucraina, composto da 10 punti. Nel suo discorso serale - riferisce Ukrinform - il leader ucraino ha precisato che sta lavorando al piano per fare in modo che "l'Ucraina rimanga forte. Oggi abbiamo trattato diversi punti, tra cui la sovranità culturale, che comprende il patrimonio culturale dell'Ucraina, la cultura contemporanea e la diplomazia culturale". Zelensky ha aggiunto che uno degli elementi chiave del piano interno per il rafforzamento dell'Ucraina è la sua componente economica.
L’IDEA DI ZELENSKY: L’EGO DEL TYCOON È L’ARMA ANTI-PUTIN
Estratto dell’articolo di Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
Un vento di cauto ottimismo soffia adesso a Kiev, dopo le paure esplose con la vittoria elettorale di Donald Trump. Il momento è delicato, ma si evitano catastrofismi: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e i suoi fedelissimi restano abbottonati, c’è tanto lavoro da fare dietro le quinte, però appare evidente che il neopresidente Usa non potrà mantenere tanto facilmente le sue promesse sull’Ucraina.
Non gli basteranno «24 ore» per imporre la pace tra Mosca e Kiev, come invece aveva dichiarato in campagna elettorale. Già la vicenda confusa della sua telefonata con Vladimir Putin appena dopo l’annuncio della sua vittoria, confermata dal Washington Post e smentita da Mosca, illustra bene quanto le cose siano più complicate del previsto. Trump al telefono avrebbe ricordato secco che ci sono soldati americani in Europa e subito lo zar di Mosca ha rilanciato sia l’offensiva bellica nel Donbass e verso Kursk, che i tiri di missili e droni su Kiev. Non è il muro contro muro, ma emergono difficoltà.
Tutto questo significa che gli ucraini hanno adesso il tempo per giocare di sponda con Trump, lavorare sul suo immenso ego, adularlo un poco, cercando di dimostrare che l’esaltazione trumpiana dell’«America first» non può coesistere con le aspirazioni putiniane per la «Grande Russia». Nella logica antica della politica di potenza, si è forti quando gli altri sono più deboli. E gli ucraini ritengono di avere qualche carta in mano per rafforzare il neoeletto.
Il ragionamento è dunque semplice: se non vuole apparire come un perdente, Trump non può darla vinta a Putin, che una volta ottenuta l’Ucraina inevitabilmente allargherà i suoi appetiti a Paesi Baltici, Moldavia, bacino del Mar Nero e anche oltre. Zelensky in particolare insiste su due dei dieci punti del suo «piano per la vittoria», che ritiene potrebbero essere nelle corde della nuova amministrazione Usa: sostituire con soldati ucraini parte dei contingenti militari americani inquadrati con la Nato in Europa ed esportare materie prime ucraine direttamente ai partner alleati. In questo modo Trump potrebbe ridurre le spese e la presenza militare in Europa […]