ZITTI A MOSCA! – A UN MESE DALLE PRESIDENZIALI LA MORTE DI ALEKSEI NAVALNY RAPPRESENTA UN GRATTACAPO PER PUTIN CHE AVEVA APPARECCHIATO IL SOLITO VOTO PLEBISCITARIO - “MAD VLAD” HA TAGLIATO LE GAMBE (PER MODO DI DIRE) ANCHE A BORIS NADEZHDIN, CANDIDATO ANTIGUERRA CHE LO AVEVA PROVATO, PRUDENTEMENTE, A SFIDARE - LE NUOVE LEGGI CONTRO I DISSIDENTI IN RUSSIA
-Estratto dell’articolo di Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
«Al Cremlino c’è gente che vorrebbe mettermi dentro e buttare via la chiave o peggio.
Ma Putin è più razionale. E sa che non ha bisogno di prigionieri politici famosi. Almeno per ora», mi disse Aleksei Navalny nel 2016, quando andai a intervistarlo nel suo ufficio di Mosca. Dove la vera, agghiacciante profezia stava in quel «almeno per ora».
Ieri Vladimir Putin si è liberato per sempre dell’uomo che incarnava la sua nemesi.
Ha ordinato esplicitamente il suo assassinio? O ha lasciato che Navalny si spegnesse lentamente, ucciso dalle spaventose condizioni della sua prigionia sopra il Circolo Polare Artico: freddo, isolamento totale, cibo poco nutriente e schifoso, cure mediche approssimative o inesistenti? […]
Ed è un segnale inquietante di cosa passa in questo momento nella testa dello zar, a un mese dalle elezioni presidenziali, che già si annunciano come un plebiscito e che lo confermeranno al vertice del Cremlino per altri sei anni. Putin sa che vincerà, tutto è stato predisposto in tal senso.
Anche l’ultimo, insignificante ostacolo di un candidato antiguerra come Boris Nadezhdin è stato bocciato dalla solerte Commissione elettorale centrale, con la scusa che non aveva raggiunto un quorum sufficiente di firme valide. Ed è indicativo che, per la prima volta, il Cremlino non consenta neppure la presenza di una foglia di fico, un candidato in (prudente) contrasto con il presidente. Così in lizza, oltre a Putin, ufficialmente senza partito ma sostenuto da Russia Unita, sua diretta emanazione, rimangono solo tre candidati degli altri tre partiti «tollerati» alla Duma.
In realtà restava solo Aleksei Navalny a fare ombra al trionfo annunciato di Putin. Che lo zar in qualche modo ne soffrisse l’indomabile attivismo, era apparso chiaro in dicembre, quando lo avevano trasferito nella remota colonia penale IK-3, nella penisola siberiana di Yamal, per impedirgli una volta per tutte di comunicare con parenti e amici, dentro e fuori la Russia, mandando segretamente messaggi e continuando la sua battaglia contro la guerra e la corruzione che è l’essenza stessa del regime. All’evidenza non bastava.
Nonostante l’impatto di Navalny sull’opinione pubblica, intossicata dalla propaganda dei media di Stato, fosse notevolmente diminuito. E nonostante la base dei suoi sostenitori si sia negli ultimi anni fortemente ristretta. Anche in conseguenza della repressione sempre più micidiale di ogni protesta o distinguo. Ulteriore prova di questa deriva sempre più totalitaria è la firma messa da Putin pochi giorni fa a una nuova legge, che prevede la confisca di beni e proprietà alle persone già condannate per aver criticato la guerra in Ucraina. Non ci saranno manifestazioni di strada né a Mosca né altrove, per protestare per la morte del dissidente.
La verità è che Putin in cuor suo temeva Navalny, la cui eliminazione manda un segnale di paura e nervosismo. Dietro la serenità e l’arroganza delle sue ultime apparizioni pubbliche, in questa fase lo zar non può tollerare alcun dissenso interno, tantomeno quello carismatico e irridente di Aleksei Navalny. Fin quando rimaneva in vita, egli dimostrava che il coraggio, la verità e un’altra Russia sono possibili. Non più. […]