ALICE E I SALTI DELLE MERAVIGLIE – L’IRRESISTIBILE ASCESA DI ALICE D’AMATO, LA GINNASTA ITALIANA CHE ALLE OLIMPIADI HA VINTO UNA MEDAGLIA D’ORO ALLA TRAVE: CONDIVIDE LA SUA VOCAZIONE CON LA GEMELLA ASIA E CON LEI HA ATTRAVERSATO UN PERCORSO TERREMOTATO DA INFORTUNI – SONO RIUSCITE SEMPRE A RIMETTERSI IN PIEDI FINO A QUANDO NON ARRIVO' LA NOTIZIA DELLA MALATTIA ONCOLOGICA DEL PAPÀ: HA FATTO APPENA IN TEMPO A VEDERE LE FIGLIE VINCERE GLI EUROPEI DI MONACO DI BAVIERA… VIDEO
-Estratto dell'articolo di Sandra Modeo per www.corriere.it
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Basta intercettare poche sequenze della figura in movimento di Alice D’Amato — il rigore nella postura e nell’assetto, con le gambe unite e le punte dei piedi in estensione; la silhouette d’inconfondibile finezza; il viso insieme affilato e dolce, allungato dall’impeccabile chignon biondo — per vedervi sintetizzata proprio quella genesi complessa: una danzatrice o una saltimbanca da quadro impressionista o pre-cubista, tra Degas e il primo Picasso, o la serie circense di Seurat. Di più: il velo malinconico dello sguardo di Alice […] richiama i versi di certi poeti, su tutti Baudelaire, che hanno colto nella dimensione del circo e della danza proprio il sottofondo lunatico-onirico, poi ripreso in certi capolavori di Fellini.
Del resto, se si è spesso parlato di Alice come della «metà introversa» della gemella Asia — le gemelle, altro archetipo circense — non sarà certo un caso, come ha riassunto il suo (loro) coach storico, Enrico Casella (alla Brixia di Brescia e in Nazionale): «Alice è troppo poco espansiva, tiene tutto dentro».
Il motivo della sorellanza, dell’inseparabilità gemellare, deve essere invece alleggerito da suggestioni filmico-letterarie (dalle gemelle antitetiche di un grande noir come Lo specchio scuro alle gemelline di Shining), perché quello che Arianna Ravelli ha descritto come un profondo «meccanismo simbiotico» è nutrito da un‘intesa naturale e a un tempo ben coltivata, col graduale superamento della conflittualità infantil-adolescenziale e la condivisione dei dolori e dei lutti.
Com’è noto, molte, se non tutte le étoile della ginnastica moderna hanno avuto parabole drammatiche. […]
Anche se drenata del piano sociopolitico, quella sofferenza- quella drammaticità - si estende alle atlete delle generazioni Y e Z, come si vede in un paio di competitor di Alice in questi giorni. Tutti conoscono il calvario dell’“aliena” Simone Biles, a cominciare dal trauma degli abusi subiti dall’osteopata della Nazionale Larry Nassar, il “medico-mostro” poi condannato a 176 anni per “almeno” 250 atlete abusate; altro doloroso, tragico “archetipo” del mondo della ginnastica, se un‘altra étoile come Olga Korbut, protagonista a Monaco ’72, denuncerà a decenni di distanza come lei e le compagne fossero per i loro trainer non solo “macchine sportive”, ma anche “schiave sessuali”.
[…] La parabola simmetrica di Asia e Alice D’Amato (nate il 7 febbraio 2003 a Genova, Sant’Eusebio in val Bisagno) comincia con la condivisione delle vocazioni: l’iniziale passione comune per la danza (di nuovo), il coup de foudre per l’artistica guardando i Mondiali in tv e l’avvio in palestra nella gloriosa Andrea Doria di via Aspromonte. Qui, la responsabile dell’artistica Laila Boldini- lo ha ricordato lei stessa in queste ore a Sebastiano Vernazza- inquadra subito le “nanette” sia quanto a talento innato, sia quanto a tratti caratteriali: «Affinché sorridessero un po’, facevo loro il solletico» (alla lunga, per la verità, Asia si rivelerà meno implosiva di Alice).
Nobile e antica polisportiva, la Doria va però presto stretta alle “nanette”, che a 12 anni si trasferiscono alla Brixia di Brescia, sotto il training “totale” di Marco Campodonico, della straordinaria Monica Bergamelli (ex “fata” a sua volta) e del co-fondatore Enrico Casella, ex rugbista e ingegnere nucleare, che a suo tempo rifiuta un incarico al CERN ginevrino per seguire la vocazione parallela del coaching. Da “nanette” le D’Amato diventano, Casella stesso dixit, le “gemelle tremende” (qui una venatura Stephen King ci sta): dopo una fase di pendolarismo (tre giorni alla Doria, tre alla Brixia, prima nella foresteria, poi in un appartamento), si stabiliscono a Brescia, rientrando alla “Superba” solo per il week end, col lentissimo pullman del sabato mattina (ora, nemmeno quello).
Tutte e due le gemelle- altro pattern costitutivo della loro disciplina- avranno il percorso terremotato da infortuni […]
Il secondo passaggio-chiave (stavolta, più che una sliding door, un oscuramento) è la notizia della malattia oncologica del padre Massimo, che irrompe nell’estate 2021, mentre le gemelle preparano sia la maturità da privatiste- liceo di scienze umane- che le Olimpiadi di Tokyo, in diffrazione di un anno causa COVID.
Figura di riferimento determinante (è un vigile del fuoco che Alice ama e ammira anche per la professione: «Ha salvato tanta gente»), farà appena in tempo a vedere le figlie vincere agli Europei di Monaco di Baviera dell’anno successivo, spegnendosi il 24 settembre e lasciando la famiglia in un cono d’ombra, le gemelle strette alla madre Elena Campanella. Non sorprende certo che Alice abbia dedicato il suo oro storico (il primo di un’italiana nella ginnastica: ripetiamocelo più e più volte) proprio a lui, come a una presenza- una guida- permanente e insostituibile.
Sul versante strettamente sportivo, la parabola di Alice è un crescendo costante […] Il sunto perfetto del crescendo di Alice è il trend ascendente nelle parallele asimmetriche (da subito la “sua” specialità, a differenza della trave, che continua a considerare gregaria) agli Europei degli ultimi anni: bronzo a Stettino 2019 (dove già impressiona, anche per lo stile), argento a Monaco 2022, oro ad Antalya 2023 e Rimini 2024.
A Parigi ’24- dove ha gareggiato «anche per Asia», ferma per il terzo infortunio in nemmeno due anni, un crociato già operato- Alice esercita un “leap” che ricorda per certi aspetti quello di Jannik Sinner tra fine 2023 e inizio 2024. Protagonista nell’argento a squadre (con la 17enne Manila Esposito, poi bronzo alla trave, Elisa Iorio, Angela Andreoli e Giorgia Villa), è poi una delle sole tre atlete (con Rebeca Andrade e l’eterna Biles) ad accedere a quattro finali individuali su cinque: oltre all’oro nella trave, è quarta, quinta e sesta rispettivamente nell’ all-around (a Tokyo era 20a, altro parametro-chiave del “leap”), nelle parallele e nel corpo libero.
L’esito della sua evoluzione, va da sé, è un affinamento insieme tecnico e stilistico, in tratti che vediamo bene armonizzati nelle sue performances alle amate asimmetriche, quella della gara a squadre forse paradossalmente superiore a quella individuale; l’una e l’altra, comunque, caratterizzate da un’inconfondibile levitas per il mix di compostezza e fluidità.
Il che porta a un'inevitabile, sostanziale digressione. Tra i tanti endorsement ricevuti da Alice, spicca quello della stessa Nadia Comaneci, che prima dei Giochi la cita tra le sue preferite proprio quanto a stile e si lancia in una predizione («Penso abbia un grande futuro»). Predilezione non casuale, perché Nadia sente in Alice una sorta di prossimità-continuità.
[…] Non c’è sempre un nesso, una continuità, tra la grazia e l’eleganza tecnica di un’atleta (di un atleta) e i suoi atteggiamenti, Ma c’è nel caso di Alice. Non meno del suo esercizio, sono da ricordare i modi con cui accoglie l’esito della prova: ancora una volta, un’euforia- percorsa da un’incredulità tradita dal tremore- quasi implosiva, le mani lungamente sul viso a coprire un pianto contenuto, quasi più interiore che esplicito.
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