IL CORSPORT MENA SU MARESCA (E MAZZOLENI AL VAR) - BARBANO: "LA CREDIBILITÀ DEL CALCIO ITALIANO È SOTTO I TACCHI, ANZI SOTTO I TACCHETTI DEI DIRETTORI DI GARA. NON È QUESTIONE CHE LA FEDERAZIONE POSSA LASCIARE ALLA LORO AUTARCHIA. È ORA DI PROPORRE, SU SCALA INTERNAZIONALE, LA NON RINVIABILE SPERIMENTAZIONE DEL VAR A CHIAMATA" – IL DS GIALLOROSSO TIAGO PINTO ALL’ATTACCO: "ROMA DANNEGGIATA DAGLI ARBITRI, MERITIAMO RISPETTO”
-Alessandro Barbano per il Corriere dello Sport
Il punto non è più se l’arbitro Fabio Maresca abbia dato un rigore inesistente al Milan e ne abbia negato uno plausibile alla Roma. Il punto è se i vertici arbitrali e federali, nazionali e internazionali, si siano resi conto che hanno trasformato uno sport in un gioco per furbi. Con un’immane perdita di immagine e di credibilità per un fenomeno che muove interessi economici enormi e mobilita la passione di miliardi di persone.
Questo è il calcio nell’anno del Signore 2021, dove un incoerente uso della tecnologia, un regolamento lasco e ambiguo, e una categoria arbitrale impreparata e, forse, non sufficientemente indipendente voltano nell’irrazionalità la doverosa prevedibilità delle decisioni. Con l’effetto di fare dello sport più popolare del mondo una giungla dominata da cascatori e simulatori di ogni specie. Come il navigato centravanti e attore Zlatan Ibrahimovic, allo stesso agio sul palco di Sanremo e sul prato dell’Olimpico: la sua caduta a gambe larghe nel contrasto con Ibañez è un vero coup de théatre, tanto plateale e grossolano quanto rivelatore dell’abisso di confusione in cui si trovano gli arbitri italiani.
Doverosamente allertato dal Var, Maresca rivede più volte sul monitor la moviola del contrasto. Ma non si accorge che dopo il contatto tra la coscia del milanista e quella del suo marcatore giallorosso, Ibra ha il tempo di proteggere la palla con il piede sinistro, di subire da destra l’anticipo chirurgico di Ibañez e, infine, di colpire lui col piede destro in corsa il tacco del romanista e lanciarsi in una caduta innaturale, perché protesa in avanti con un mezzo saltello a gambe levate, e non sul fianco, come sarebbe stato logico se fosse stato colpito dall’avversario.
Intendiamoci, un errore ci starebbe, se non fosse espressione di un’ambiguità regolamentare e interpretativa che ogni settimana riserva sorprese. Cosicché i «rigorini» da contatto virtuale oggi sono ineccepibili, domani sono discutibili, dopodomani sono sbagliati, e poi ritornano in auge, con una circolarità che è pari all’arbitrio. Tanto nelle decisioni in campo, quanto nelle valutazioni a posteriori del designatore e nelle sanzioni comminate molto spesso con la logica del capro espiatorio. Per cui si punisce uno per salvarne un altro.
Ieri è toccato comprensibilmente di punire Maresca, che salterà non poche gare. E incomprensibilmente di assolvere Mazzoleni, il collega del Var che segnala invano il possibile errore su Ibra, ma si astiene dal rilevare il fallo successivo su Pellegrini, quando la Roma è sull’uno a due, e potrebbe con un rigore riacciuffare il risultato. Senonché, per un singolare caso del destino, l’intervento di Kjaer sul capitano romanista è la copia autentica di quello di Dumfries su Alex Sandro, che è costato sette giorni prima all’Inter un rigore contro e due punti in meno in classifica.
Alle proteste dei nerazzurri la dirigenza arbitrale ha risposto confermando l’operato del responsabile del Var, Guida, che aveva segnalato il contatto in area, e del direttore di gara, Mariani, che, riviste le immagini, aveva assegnato il tiro dagli undici metri agli juventini. Delle due l’una: o ha sbagliato Guida a intervenire, e andava censurato sette giorni prima, o ha sbagliato Mazzoleni a non farlo, e andava censurato ieri.
Con un’assurda e incoerente sequenza di decisioni, Rocchi assolve entrambi. Sulla ragione di questa scelta si possono fare molte congetture. La peggiore è che Mazzoleni si sia astenuto dal segnalare il fallo di Kjaer su Pellegrini in polemica con l’arbitro Maresca, che poco prima aveva smentito l’allerta del Var, confermando l’inesistente rigore su Ibra. Se così fosse, saremmo alla frutta: perché vorrebbe dire che le valutazioni degli arbitri in gara, e perfino i giudizi successivi del designatore, risentono delle rivalità personali interne alla corporazione. Non vogliamo neanche pensarlo. Resta il fatto che errori marchiani e inaccettabili riguardano partite come Inter-Juve, Roma-Milan, e prima ancora Roma-Napoli, a voler segnalare solo gli ultimi. Cioè il cuore della lotta al vertice. Che questo possa accadere senza minare l’immagine dell’intero sistema è una pietosa bugia.
La credibilità del calcio italiano è sotto i tacchi, anzi sotto i tacchetti dei direttori di gara. Non è questione che la Federazione possa lasciare alla loro autarchia. Poiché gli arbitri sono una funzione, non i «capi» del calcio. È ora di mettere in discussione, su scala nazionale, le norme interpretative del regolamento, la formazione dei direttori di gara, le procedure di valutazione e di motivazione delle decisioni del designatore.
Ed è ora di proporre, su scala internazionale, la non rinviabile sperimentazione del Var a chiamata, quale rimedio di trasparenza e democrazia sportiva, in grado di sottrarre l’impiego della tecnologia all’insondabile rapporto tra due arbitri. Ne va della salute del più popolare sport-spettacolo del mondo. Nessuno che abbia voce in capitolo può astenersi dal correre ai ripari.
FURIA TIAGO PINTO
La Roma non ci sta e protesta per le direzioni arbitrali nei big match contro Juventus, Lazio e Milan. Il general manager Tiago Pinto è intervenuto ai microfoni di Sky per recriminare sugli arbitraggi contro il club giallorosso.
Innanzitutto voglio dire che non mi piace parlare dopo le partite, perché sono sempre molto nervoso e molto teso, soprattutto quando le partite sono in equilibrio come quella di ieri. Credo che sia un tema che richiede serenità, oggi siamo tutti più concentrati sull’analisi. Voglio anche dire che il Milan ha fatto una grande partita e che magari ha meritato la vittoria: tutto ciò che voglio dire sugli arbitraggi non serve a nascondere quelle che possono essere le debolezze della Roma.
Noi siamo professionisti e vogliamo migliorare, facciamo questa riflessione interna ogni giorno, ma non possiamo nascondere quello che è successo ieri e quello che è successo in queste undici partite, perché i criteri arbitrali sono stati così diversi, così opposti, che non riesco a capire quello che dobbiamo dire all’allenatore e ai giocatori. Situazioni uguali hanno avuto criteri di giudizio totalmente opposti.
Lei sta citando episodi controversi e situazioni interpretate in modo opposto: a quali si riferisce?
Io non voglio fare un elenco che sarebbe troppo fastidioso, nel calcio ci sono molte cose soggettive, ma ci sono quattro o cinque esempi che sono molto chiari e che ci devono preoccupare. Noi abbiamo visto Lorenzo Pellegrini, il capitano della Roma, saltare il derby per un doppio giallo contro l’Udinese, in una situazione che io ho visto tante volte in Serie A e per la quale non ho mai visto applicare lo stesso metro di giudizio. Nel derby abbiamo visto un rigore su Zaniolo da cui arriva anche il 2-0: in quella circostanza ci hanno spiegato che il Var non può richiamare l’arbitro e che può farlo solo se c’è la certezza che sia stato commesso un errore. Ieri contro il Milan è chiaro che il rigore su Ibrahimovic non c’è.
Non c’è fallo, Ibanez tocca la palla e il Var ha chiamato l’arbitro a vedere questa situazione, perché c’è un errore chiaro e purtroppo - un’altra volta contro la Roma - l’arbitro ha fatto la stessa scelta. Anche sui rigori, negli ultimi minuti della partita c’è un rigore su Pellegrini per un contatto con Kjaer e magari, dal momento che l’arbitro ha ignorato la chiamata precedente su Ibrahimovic, forse per questo il Var non è più intervenuto.
Ma se pensiamo che due settimane fa in Inter-Juve il Var ha chiamato un contatto molto più leggero e assegnato un rigore contro l’Inter che ha cambiato il risultato, stiamo parlando un’altra volta di criteri opposti, dove la Roma si sente danneggiata. Per finire, ieri in tutte le partite della Serie A gli arbitri hanno lasciato sempre giocare, hanno lasciato il tempo al Var di maturare un giudizio corretto. Di nuovo, purtroppo l’unica volta in cui un arbitro non ha concesso il tempo giusto per valutare la situazione è stata a Torino, dove è stato tolto un gol ad Abraham. Io non voglio parlare di troppe situazioni, ma credo che queste quattro siano chiare. E il criterio è stato sempre diverso, sempre opposto e la Roma è stata danneggiata.
Secondo lei la Roma ha dimostrato ieri sera di essere al livello del Milan e di meritare di più del verdetto del campo?
Come ho detto, io credo che il Milan abbia fatto una grande partita, ma credo anche che in tutti questi confronti la Roma è stata bene in campo, è stata al livello della Juve, del Napoli e magari anche del Milan.
Un’altra volta: io non voglio nascondere le debolezze della Roma o il lavoro che dobbiamo fare. Io credo che le persone sappiano che nella cultura di questa società non c’è spazio per nascondere quello che dobbiamo fare. E tutti i tifosi della Roma possono avere la sicurezza che noi ogni giorno lavoriamo per migliorare. Penso che noi miglioreremo, perché Mourinho è arrivato da tre-quattro mesi ed è un processo che richiede tempo, sono sicuro che miglioreremo.
Ma siamo tutti professionisti e non possiamo nascondere due cose molto importanti: questa è una riflessione che anche voi potete fare, ho visto tante trasmissioni di Sky dove persone con più credibilità di me, come Fabio Capello e tanti altri, hanno parlato di questi criteri arbitrali a confronto con altri campionati e con la Champions League. Qui in Italia abbiamo calciatori di qualità, allenatori di qualità, la squadra nazionale che è campione d’Europa, ma dopo nessuno capisce i criteri arbitrali. Io non posso nascondere che in queste undici partite ci sono situazioni in cui la Roma è stata chiaramente danneggiata.
Così come siamo tutti professionisti, così come dobbiamo migliorare e assumerci la responsabilità di quello che facciamo, è anche il momento di dire basta. La Roma e tutti i suoi professionisti e tutti i suoi tifosi meritano rispetto. Ma voglio ripeterlo: non vogliamo nascondere i nostri difetti e quello che dobbiamo migliorare. Però è il momento che tutti insieme, non essendo solo un problema della Roma, possiamo riflettere in modo professionale su questi criteri arbitrali, perché altrimenti perdiamo la credibilità.
Secondo lei la Roma ha dimostrato ieri sera di essere al livello del Milan e di meritare di più del verdetto del campo?
Come ho detto, io credo che il Milan abbia fatto una grande partita, ma credo anche che in tutti questi confronti la Roma è stata bene in campo, è stata al livello della Juve, del Napoli e magari anche del Milan. Un’altra volta: io non voglio nascondere le debolezze della Roma o il lavoro che dobbiamo fare. Io credo che le persone sappiano che nella cultura di questa società non c’è spazio per nascondere quello che dobbiamo fare. E tutti i tifosi della Roma possono avere la sicurezza che noi ogni giorno lavoriamo per migliorare.
Penso che noi miglioreremo, perché Mourinho è arrivato da tre-quattro mesi ed è un processo che richiede tempo, sono sicuro che miglioreremo. Ma siamo tutti professionisti e non possiamo nascondere due cose molto importanti: questa è una riflessione che anche voi potete fare, ho visto tante trasmissioni di Sky dove persone con più credibilità di me, come Fabio Capello e tanti altri, hanno parlato di questi criteri arbitrali a confronto con altri campionati e con la Champions League. Qui in Italia abbiamo calciatori di qualità, allenatori di qualità, la squadra nazionale che è campione d’Europa, ma dopo nessuno capisce i criteri arbitrali.
Io non posso nascondere che in queste undici partite ci sono situazioni in cui la Roma è stata chiaramente danneggiata. Così come siamo tutti professionisti, così come dobbiamo migliorare e assumerci la responsabilità di quello che facciamo, è anche il momento di dire basta. La Roma e tutti i suoi professionisti e tutti i suoi tifosi meritano rispetto. Ma voglio ripeterlo: non vogliamo nascondere i nostri difetti e quello che dobbiamo migliorare. Però è il momento che tutti insieme, non essendo solo un problema della Roma, possiamo riflettere in modo professionale su questi criteri arbitrali, perché altrimenti perdiamo la credibilità.