COVID NEL PALLONE – A BARCELLONA E’ BOOM DI CONTAGI, IL RITORNO DI CHAMPIONS CON IL NAPOLI SI GIOCHERA' AL CAMP NOU? – IL NUMERO 2 DELL’UEFA MICHELE UVA ASSICURA CHE ESISTE UN PIANO B - NEGLI USA BASKET, FOOTBALL E HOCKEY SOTTO CONTAGIO, MOLTI CAMPIONI POSITIVI...
-Marco Bonarrigo per il Corriere della Sera
In una Barcellona dov' è tornato l' incubo del Covid, quello di ospitare o meno una partita di calcio è l' ultimo dei problemi.
In città la curva dei contagi si è di nuovo impennata e quella dei decessi non scende: ieri il governo catalano ha annunciato 894 nuovi casi e uno stato di emergenza in vigore almeno fino al 2 agosto, sei giorni prima del match di ritorno degli ottavi di Champions League in cui il Napoli dovrebbe sfidare il Barça.
Su questa partita aleggiano molti punti interrogativi: ieri il vicepresidente dell' Uefa, Michele Uva, ha confermato l' appuntamento «a meno che questo non verrà vietato dalle autorità». Il Napoli (che ha interessato il console italiano a Barcellona) sarebbe pronto a lanciare la proposta di un ritorno (risultato dell' andata: 1-1) nella città partenopea, visto che il match sarà comunque a porte chiuse. Improbabile che Uefa e Barça siano d' accordo. Per ora sotto controllo ma non priva di preoccupazioni la situazione a Lisbona, dove dal 12 al 23 agosto è in programma la final eight della Champions.
Insomma, lo sport cerca di fuggire dal virus, ma il virus gli sta sempre col fiato sul collo. Il fronte più preoccupante è quello americano. Perché se le «bolle» innalzate per proteggere gli atleti di alto livello paiono tenere bene in Europa, stanno esplodendo in maniera preoccupante negli Usa.
Sette giocatori su 100 positivi al Covid nella ricchissima (e in teoria blindatissima) Nba col coinvolgimento di stelle del calibro di Russel Westbrook e un viavai di malati e guariti dall' enclave di Disney World (dove il basket dovrebbe concludere la sua stagione in modalità protetta) che fa impressione. Una scelta, quella della Florida, forse non felicissima visto che lo Stato è tra i più colpiti degli Usa. Dieci contagiati su 100 nell' hockey, sei nel football americano, intere squadre (come Dallas, 10 positivi su 30 atleti) costrette a rinunciare al campionato di calcio. Tra gli sport di squadra si salva il baseball dove c' è solo un positivo su 100.
Gli atleti dovrebbero essere attentissimi e protettissimi ma il tasso di positivi risulta molto superiore a quello della popolazione normale. William Schaffner, che insegna Epidemiologia alla Vanderbilt University di Nashville, ha una sua teoria: «Gli sportivi americani di alto livello tendono a muoversi in branco e ad avere un' intensa attività sociale.
Cambiare del tutto abitudini e diventare semi eremiti per loro è difficilissimo».
Un modo elegante per dire che molti giocatori di basket o di football invece di starsene a casa hanno continuato ad uscire, infischiandosene del distanziamento sociale. Le donne hanno un senso di responsabilità diverso: nessuna atleta positiva nel campus-bolla della National Soccer League.
Zachary Binney, sociologo delle epidemie all' Emory College di Oxford, parla «di comportamenti figli di un senso di invincibilità tipico degli atleti ma con numeri che vanno oltre ogni previsione». E la tesi è confermata dal fatto che, all' interno delle stesse bolle, tecnici, accompagnatori e personale di supporto (molto meno «sociali», evidentemente) hanno un tasso di positività sette volte inferiore agli atleti di cui si occupano.
Nel continente europeo, dove i numeri e i contagiati nello sport di vertice sono enormemente inferiori, succede esattamente l' opposto: i positivi sono quasi sempre medici (come nel recente caso del Parma Calcio), tecnici o accompagnatori che contraggono il virus nell' ambiente lavorativo e lo portano nelle «bolle».
Ma anche nel Vecchio continente le preoccupazioni rimangono, specie di fronte ad alcuni allentamenti sul fronte della sicurezza. Venerdì scorso, a Parigi, il Psg ha giocato in amichevole con i belgi del Waasland-Beveren aprendo lo stadio del Parco dei Principi a 5.000 spettatori, il massimo autorizzato dal governo francese. Ma almeno mille supporter della squadra parigina erano senza mascherina e non mantenevano le distanze di sicurezza senza che nessuno si preoccupasse di far rispettare la norma.