DOVE SONO FINITI I NUOVI TOTTI, VIERI E CANNAVARO? L’ITALIA, CHE AGLI EUROPEI SARA’ IN QUARTA FASCIA DOPO 2 MANCATE QUALIFICAZIONI MONDIALI, HA PER ANNI IGNORATO LA POLITICA SUI VIVAI – LA FRANCIA HA UN SISTEMA CHE FA CAPO ALL’ACCADEMIA NAZIONALE DI CLAIREFONTAINE, LA GERMANIA PUNTA SU 366 CENTRI FEDERALI DI BASE DISTRIBUITI SUL TERRITORIO. IN SPAGNA, IL CRITERIO È QUELLO DI POTENZIARE LE SECONDE SQUADRE DI CIASCUN CLUB – E IN ITALIA? VALE, COME SEMPRE, L’ARTE DI ARRANGIARSI…
-Gabriele Gambini per "la Verità" - Estratti
All’indomani del pareggio striminzito con l’Ucraina, propiziato da una svista arbitrale nel finale che ci ha graziato dal subire un rigore potenzialmente fatale, emergono un paio di certezze. La prima: l’Italia è qualificata ai prossimi campionati europei e questo ci fa tirare un sospiro di sollievo così intenso da ricordare lo spot televisivo di una caramella balsamica.
La seconda: siamo qualificati come compagine di quarta fascia, dunque tra le squadre considerate meno attrezzate, o se preferiamo tra le più scarse. Vuol dire incappare in un futuro girone con avversarie quali Germania, Inghilterra, Portogallo, Francia, Spagna. Pure Turchia, Romania, Danimarca, nomi che una volta ci avrebbero strappato un sorriso, e oggi sono da prendere seriamente, considerato il materiale a disposizione di mister Luciano Spalletti.
Gli azzurri vantano un potenziale costruttivo interessante, ma quando si tratta di concretizzare le azioni, alla voce punta, i nomi sono spuntati. Le ere dei Toni, dei Totti, di Vieri, Baggio, Inzaghi appartengono al mito che fu. C’è Raspadori, uomo di fiducia di Spalletti, volenteroso, reduce da una stagione prolifica al Napoli. Ma contro gli ucraini non ha colto il guizzo da uomo area. Ci sarebbe Scamacca, alternativa poderosa per nerbo, incline a complicarsi la vita in area, in difficoltà nel scegliere il movimento più semplice, da numero 9 puro.
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Prendiamo la Germania: ha vissuto un interludio sofferto tra il 1998 e il 2004. Ma ha elaborato strategie per correre ai ripari, costringendo i club professionistici a investire sui settori giovanili, obbligandoli di fatto a rispondere a determinati criteri, strutturali, gestionali, formativi. In dieci anni, le società hanno investito quasi 1 miliardo di euro, 105 milioni solo nel 2013/14. La Dfb (Deutscher Fussball Bund) ha speso circa 300 milioni di euro per lo stesso progetto. Risultato: 366 centri federali di base distribuiti sul territorio, nei quali vengono riuniti circa 22.000 ragazzi tra gli 11 ed i 14 anni, provenienti da non più di 40 chilometri di distanza per evitare i traumi da lontanza da casa. Vengono visionati ogni anno 600.000 ragazzini, esistono 54 centri di eccellenza, che fanno capo ai club di Bundesliga e Bundesliga 2, senza trascurare l’istruzione con le Elite Schulen, 40 scuole con piani di studio calibrati.
In Francia il modello è diverso e fa capo all’Accademia Nazionale di Clairefontaine, aperta nel 1988. Da lì è uscito un certo Mbappé, ma anche l’ex juventino Matuidi. Il progetto è coltivato fin dagli anni sessanta, quando a Vichy si costituisce un’Accademia per giovani promesse allenate secondo criteri d’avanguardia.
Nel giro di pochi anni, Clairefontaine si è trasformata in un modello. La Federazione finanzia la creazione di altri 13 centri di pre-formation (i cosiddetti Pôles Espoirs) sparsi su tutto il territorio nazionale e, contemporaneamente, molti club della Ligue 1 strutturano i loro settori giovanili su principi analoghi. Le selezioni iniziano ogni maggio: i candidati devono risiedere nell’Île de France, avere 13 anni, essere in regola con gli studi. Per due anni, l’istituto garantisce loro vitto e alloggio.
In Spagna, il criterio è quello di potenziare le seconde squadre di ciascun club, soprattutto dei grandi blasoni. La realtà è lampante: formare campioni scegliendo una strategia per farlo è redditizio per l’intero Paese. L’Italia si è mossa dal 2015, attivando la rete dei Centri Tecnici Federali, un format per monitorare i giovani calciatori nel medio-lungo termine, sviluppare un percorso di formazione tecnico-sportiva coordinato, dislocando i centri sul territorio, rivolgendosi a ragazzi tra i 5 e i 15 anni, oltre che a tecnici e allenatori.
Sulla carta, una via di mezzo tra il modello francese e quello tedesco, con l’intento, come dichiarano dai vertici federali. Ma il ritardo nei confronti delle altre nazioni è di decenni, il movimento nazionale intero annaspa nei risultati e i vivai, al momento, non appaiono in grado di garantire quelle promesse che fanno la fortuna di Francia, Belgio, Germania e Spagna.