GRAZIE CHIELLINI, CI HAI RISPARMIATO UN PATETICO TRAMONTO FUORI TEMPO MASSIMO - IL CAPITANO DELLA JUVE, A DIFFERENZA DI BUFFON E IBRAHIMOVIC CHE SOFFRONO DI HORROR VACUI POST RITIRO, DICE ADDIO CON "LA SERENITÀ DI SCEGLIERE IL MOMENTO GIUSTO PER SALUTARE" - ORA POTREBBE CHIUDERE LA CARRIERA NEGLI STATI UNITI, A LOS ANGELES. E POI TORNARE COME DIRIGENTE A TORINO - MANCA ANCORA L'ULTIMA PASSERELLA, QUELLA CON LA NAZIONALE... - VIDEO
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Antonio Barillà per “La Stampa”
Luci basse, zoom su sguardi commossi, Re Giorgio a metà campo con le figliolette Nina e Olivia, il semicerchio dei compagni e delle Women, Barzagli a ricomporre idealmente la BBC, la standing ovation dei quarantamila venuti a ringraziarlo.
Sui maxischermi scorrono le immagini di 17 stagioni in bianconero, gol ed esultanze, anticipi e tackle, il turbante indossato mille volte. Solo le lacrime di Paulo Dybala e i fischi per la dirigenza distraggono la gente dalla notte più triste.
È sempre così per i campioni, è la notte che mai vorrebbero vivere, quella dello strappo da un mondo di bambagia e dell'improvvisa insicurezza sulla vita da riscrivere. Tanti faticano ad accettare l'oblio al punto da trascinarsi fino a demolire il mito: la storia dello sport è piena di tramonti patetici e di fughe scriteriate dalle regole del tempo.
Chiellini è diverso. Campione fino in fondo. Alla gioia per quanto ha vissuto e alla gratitudine per ciò che ha ricevuto, aggiunge la «serenità di scegliere il momento giusto per salutare, di lasciare ancora ad alto livello».
Contro la Lazio rimane in campo 17 minuti, simbolici perché tanti sono gli anni a Torino, è una passerella tra applausi e lacrime, cori e sciarpe lanciate, ma solo pochi giorni fa all'Olimpico, nella finale di Coppa Italia che gli ha negato il 20° trofeo, è stato il migliore.
Non è bastato. Aveva deciso. Trentasette anni non sono pochi e gli acciacchi pesano. Il futuro non lo spaventa, ha una laurea e tanta voglia di apprendere per diventare manager autentico e non bandiera, per costruire il futuro e non sfruttare il passato. Prima però ci sono gli Usa: «Un'esperienza all'estero arricchisce, mi attrae da sempre» confessa.
Parla di gioia, Chiellini. Ed è la verità. Ha realizzato il sogno di bambino e scolpito pagine di storia: questa 560ª presenza lo colloca al terzo posto nella classifica di sempre dopo Del Piero e Buffon con cui ha percorso un lungo tratto di strada.
Il magone però l'assale appena scende dal pullman e parla con Dybala che saluta a sua volta, che non ha avuto il tempo di diventare simbolo ma è agitato da sentimenti identici, e aumenta quando entra in campo con le figliolette: lui capitano di mille battaglie, la fronte fasciata diventata marchio, nell'altra immagine di papà tenerissimo.
Si ferma anche per loro e per la moglie Carolina, lontanissima dal cliché delle wags: aveva riflettuto sull'addio già un anno fa, poi lo slancio della fiaba europea e le parole di Massimiliano Allegri lo avevano convinto. Stavolta non ci sono ripensamenti.
«La lunga storia che finisce qui mi rende felice e orgoglioso. Ora la Juventus ha bisogno di ripartire e anche i ragazzi dopo essere stati guidati e un po' coccolati hanno bisogno di prendersi le loro responsabilità e di maturare: in parte li ho aiutati e in parte ho tarpato le ali di qualcuno. Ora farò il tifo per loro e cercherò di stare vicino, da vicino o da lontano a seconda di quale sarà la mia decisione».
In tribuna, per lui, ci sono Buffon, Marchisio, Pepe, Pjanic. E tanti altri vecchi compagni lo festeggeranno oggi cercando, tra ricordi e aneddoti, di scacciare la malinconia. C'è la coreografia lunga una tribuna che recita "Chiello" con la "e" in giallo che richiama il suo 3 e la scritta celebrata "The great Chiello" sulle maglie.
La sua è ovunque nell'Allianz Stadium pieno: raccontano all'attiguo Store d'averne vendute un'infinità, e non importa che cali il sipario, restano la memoria, l'omaggio, la leggenda.
Chiellini esce al 17' e tutti l'abbracciano. Più forte Dybala a cui consegna la fascia. Doveva essere per sempre, è solo per una sera. Applaudono i laziali, lo stadio lo acclama e lui regala un primo giro. Lui ascolta, un tumulto dentro, la mente che sfoglia un album bellissimo: lui ragazzino in campo per la prima volta al posto di Nedved; lui che nel primo anno non può godersi lo scudetto sfilato da Calciopoli; lui che scende in B e si trasforma in centrale; lui che riporta la Juve in A ma attraversa gli anni bui della ricostruzione; lui che infila i 9 scudetti da Conte a Sarri, stasera avversario, 5 con Allegri che è tornato per riportare in alto la squadra.
Le cavalcate prodigiose e le finali amare di Champions, gli infortuni e le riprese. Torna a fine gara per l'applauso davvero e il giro d'onore. Appuntamento con un nuovo incarico e con un nuovo ruolo - nel gioco di carte degli Insuperabili, i suoi ragazzi speciali, sarà Bomber - aspettando un altro addio, azzurro, a Wembley: «Il Mondiale mancato ha accelerato la scelta, lascio a un gruppo giovane e forte».