LA GUERRA DEL PALLONE! CON L’EMENDAMENTO MULÈ PASSATO IN VERSIONE LIGHT I PRESIDENTI DELLA SERIE A (GUIDATI DA LOTITO) VANNO ALL'ATTACCO DEL SISTEMA GRAVINA - IL TESTO RIFORMULATO CONFERISCE GENERICAMENTE PIÙ PESO ALLA SERIE A (CHE ORA VALE SOLO IL 12% DEI VOTI) ANCHE SE A FISSARNE I TERMINI SARÀ PROPRIO QUELLA FIGC CHE DOVEVA NEUTRALIZZARE. GRAVINA FARÀ DI TUTTO PER FAR SLITTARE L’ATTUAZIONE DELL’EMENDAMENTO A DOPO IL VOTO PER LA FEDERCALCIO PREVISTO A NOVEMBRE. LE ELEZIONI RISCHIANO PERSINO DI FINIRE IN TRIBUNALE, CON LO SPAURACCHIO DEL COMMISSARIAMENTO…
-Lorenzo Vendemiale per “il Fatto quotidiano” - Estratti
Una Serie A più potente. Già, ma quanto? Il cosiddetto “emendamento Mulè”, la riforma sulla guida del calcio italiano che il Fatto aveva anticipato, traccia una strada però non dice come percorrerla. Rompe i vecchi equilibri, senza crearne di nuovi. Apre una serie di interrogativi, con un’unica certezza: il pallone dovrà cambiare. Per la prima volta viene messo in discussione il sistema di potere del numero uno della Figc, Gabriele Gravina.
Dopo la figuraccia agli Europei, Gravina è uscito indenne dalla seconda apocalisse nazionale della sua gestione (era già riuscito a non qualificarsi ai Mondiali) solo perché controlla il movimento: nel mondo del calcio nessuno si è alzato per chiederne la testa, sono tutti suoi alleati. È lo stesso motivo per cui ha anticipato al 4 novembre le elezioni: per mettere a tacere le richieste di dimissioni, ma anche perché andando al voto con la situazione cristallizzata potrà continuare a dare le carte, scegliendo lui se ricandidarsi o, nella peggiore delle ipotesi, passare la mano a un suo uomo, garantendo il sistema attuale che ha fallito.
Ha bruciato sul tempo gli avversari, e forse anche il governo, che lavorava a un disegno di legge di riforma organica (pesi elettorali, arbitri, giustizia, diritti tv e Legge Melandri, ecc.), che però non sarà pronto prima del 2025.
L’emendamento firmato da Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Camera, approvato giovedì dal Parlamento in Commissione, è il contropiede dei patron di Serie A.
(...) Ma dopo le proteste della Figc, alla fine dal testo originale sono cadute le norme più aggressive, dal diritto di veto all’autonomia. È sopravvissuta la parte sulla rappresentanza: stabilisce che le leghe professionistiche abbiano una “equa rappresentanza, tenendo conto anche del contributo economico apportato”, visto che il pallone è un sistema di mutualità generale, ovvero si basa sul 10% dei ricavi dei diritti tv che ogni anno la Serie A gira alla base del movimento.
Dunque la Lega Calcio, che ora vale solo il 12% dei voti e appena 3 consiglieri su 20, di fatto non conta nulla, in futuro dovrà peserà di più.
L’emendamento ha il merito di scardinare l’ordine costituito. Non dice però come, non indica cioè le cifre esatte dei nuovi pesi elettorali. Non avrebbe potuto essere diversamente, proprio per non sconfinare nell’invasione già lamentata dalla Figc. I contenuti della riforma vengono rimessi al mondo del pallone. Ma i patron non si accontenteranno di un piccolo ritocco.
Nella loro testa, il settore professionistico deve sfiorare il 50%, con un ruolo preponderante per la Serie A, che vorrà almeno raddoppiare la quota attuale. Voti che andranno tolti per forza ai Dilettanti (e forse agli arbitri), visto che un’altra legge assegna il 20% ai calciatori. Senza più il 34% di partenza, la Serie D del vecchio Giancarlo Abete, il conservatorismo fatto persona, non sarà più decisiva come in passato. Nuovi numeri potrebbero stimolare nuove alleanze, mai ipotizzate. Mettendo in discussione l’egemonia di Gravina, fino a ieri scontata.
Perciò non conta solo il quanto, ma anche il quando, su cui pure l’emendamento non pone scadenze. Ammesso si trovi subito un accordo (difficile?), per modificare lo statuto serve un’assemblea straordinaria e poi la ratifica del Coni. Mesi, come minimo.
Tutto lascia immaginare che Gravina farà di tutto per far slittare l’attuazione dell’emendamento a dopo le urne, che sono già state convocate, per gestire lui la transizione. Ma la Serie A (che comunque non è unita, ha varie anime al suo interno) accetterà di andare a votare con le vecchie regole, ora che una legge dello Stato ne impone di nuove, a lei favorevoli? Le elezioni rischiano persino di finire in tribunale, con lo spauracchio del commissariamento.
La vera partita per il controllo del pallone comincia ora. E in tutto ciò già a settembre la Nazionale di Luciano Spalletti sarà chiamata alle prime partite di Nations League contro Francia e Israele. È vero: è una competizione che vale quasi nulla. Ma retrocedere in Serie B sarebbe la certificazione del fallimento