ITALIA-BRASILE 3-2, LA PARTITA PERFETTA – IN UN LIBRO FOTOGRAFICO DI PIERO TRELLINI LE ISTANTANEE DEL MATCH DECISIVO NELLA CAVALCATA MUNDIAL DEL 1982 - "FU UNA STORIA DI PADRI E FIGLI": BEARZOT E PAOLO ROSSI, BRERA E SCONCERTI, L’ARBITRO KLEIN E IL SUO RAGAZZO IN GUERRA – GENTILE CHE AFFRONTA A MUSO DURO LINO CASCIOLI DEL "MESSAGGERO", MARIO SOLDATI CON ZOFF, VARGAS LLOSA (A CUI RUBARONO IL MANOSCRITTO DEL SUO LIBRO, 'HISTORIA DE MAYTA') IN TRIBUNA E IL GIOCO ELETTRONICO PORTATILE DI BRUNO CONTI… - FOTO+VIDEO
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Concetto Vecchio per “la Repubblica”
Tutto è cominciato con delle foto che non si trovavano. «Andai più volte a casa di Giuseppe Calzuola, nel quartiere Portuense, per chiedergli di recuperare le immagini che aveva scattato il giorno di Italia- Brasile nel 1982.
"Non so più dove le ho messe", rispondeva invariabilmente. Mettemmo la casa sottosopra, senza esito. Il fotoreporter Calzuola era stato in Spagna come free lance, si era pagato la trasferta di tasca sua, e ogni giorno vendeva i momenti immortalati con una Nikon F3 MD-4 ai giornali romani, tra cui Repubblica . Era amico di Falcao, che a Roma viveva in un albergo vicino alla sua abitazione, e che lui, seppur di fede laziale, accompagnava al mare. Non so quante volte sono andato a casa di Calzuola. Poi un giorno, miracolo!, sono spuntati fuori i negativi. Li aveva stipati in una scatola di scarpe, stavano lì da allora».
Seduto in un ristorante di Prati, Piero Trellini, l'autore de La partita. Le immagini di Italia-Brasile (Mondadori), dispiega sul tavolo una mappa che ha disegnato sui padroni del calcio italiano dal dopoguerra al 1982.
È un libro fotografico per modo di dire. È piuttosto un pezzo di biografia della nazione raccontata con enorme talento e altrettanto gusto per i dettagli. Trellini è andato a caccia di ogni cimelio possibile, trovando foto mai viste, tipo Claudio Gentile che affronta a muso duro Lino Cascioli del Messaggero; possiede il fischietto e il cartellino dell'arbitro Klein, il report della sfida, la felpa originale degli Azzurri, i guanti di Zoff, il programma ufficiale, le bottiglie di Coca cola con il logo della manifestazione, i tappi, i cuscini usati quel giorno allo stadio, il biglietto, il disco inciso da Junior («Voa, canarinho, voa»), il modellino del pullman, le figurine Panini, i ritagli dei giornali. Nel libro figura riprodotto anche Octopus, il gioco elettronico portatile, con cui era solito rilassarsi Bruno Conti.
Trellini ha 52 anni. Ne aveva dodici il 5 luglio 1982, quarant' anni fa. Vide la partita a casa sua, ai Parioli. Le cinque e un quarto del pomeriggio, l'ora delle corride. «Al fischio finale uscimmo per strada, mio padre disse "andiamo a prendere i passaporti in commissariato", adesso che ci ripenso mi pare una richiesta assurda, che stride con l'emozione violenta che provavamo. E mentre c'incamminavamo la gente attorno noi sventolava tricolori, si abbracciava, suonava il clacson, urlava la sua incredulità. Era la prima volta che vedevo festeggiare attorno a me.
È stato il primo evento collettivo felice della nostra generazione. Venivamo da una sequela di lutti e tragedie: il sequestro Moro, Ustica e la strage di Bologna, Vermicino. E adesso invece ci buttavamo nelle fontane dalla felicità». Italia-Brasile 3-2 pone fine agli anni di piombo. Forse è per cristallizzare quel frammento irripetibile di beatitudine che Trellini ha iniziato sin da subito a riempire di appunti e foto i quadernoni scolastici. Suo padre all'indomani gli portò i quotidiani freschi di stampa.
«Mi piacque il titolo "Il Brasile siamo noi". Ho capito dopo un po' che ogni fatto, anche il più insignificante, andava visto da più punti di vista. Poi un giorno su eBay ho scoperto che l'arbitro israeliano Abraham Klein metteva all'asta il cartellino e il fischietto.
Siamo entrati in contatto. Mi ha rivelato che in quel Mundial la sua preoccupazione era per il figlio Amit, dato inizialmente per disperso nella guerra in Libano » . Tre anni fa Trellini ha pubblicato La partita , un altro libro-mondo, che ha vinto il premio Bancarella. «Questo è il dietro le quinte di quel mio lavoro». Sulle tribune del Sarria, lo stadio scalcinato alla periferia di Barcellona, quel giorno c'erano i maestri della letteratura, Vargas Llosa (a cui rubarono il manoscritto del suo ultimo libro, Historia de Mayta ), Mario Soldati, Giovanni Arpino, Oreste del Buono, Manlio Cancogni.
E c'era soprattutto Gianni Brera, che nella sua agenda annota: «Assisto a una conferenza stampa e ne provo pietà». Trellini ha recuperato le agende di Brera alla Fondazione Mondadori. Quattro mesi prima era passato a Repubblica dal Giornale , convinto da Mario Sconcerti. Rappresentò il più grande colpo di calciomercato giornalistico dell'epoca, che, notò Brera con soddisfazione, fece lievitare le vendite di Repubblica del 15 per cento. Brera vi segnava se vinceva o perdeva a carte, quanti soldi aveva in tasca, a che ora si addormentava. Tutti sappiamo dov' eravamo quel pomeriggio.
Coltiviamo una nostalgia lancinante per quell'istante estivo. Il cameriere ha portato le fettuccine e Trellini ripiega nello zaino la sua mappa: «Ogni suo elemento ha avuto un senso drammaturgico, la sequenza degli atti, i conflitti degli attori, la trepidanza del coro. Italia-Brasile 3-2 ha una struttura perfetta, una scrittura hollywoodiana». Cosa ha capito, gli chiediamo. «È una storia di padri e figli, Bearzot e Paolo Rossi, Brera e Sconcerti, Klein e il suo ragazzo in guerra; in questi quarant' anni io sono cambiato naturalmente, anche le mie motivazioni hanno subito delle stratificazioni. Prevale in me, su tutto, però sempre l'elemento favolistico: è una favola moderna». Dopo l'uscita de La Partita lo chiamò dapprima Marco Tardelli, («ti ringrazio per tutto questo»), e subito dopo Dino Zoff. Gli chiese: «Ma come hai fatto?».