Massimiliano Gallo per www.ilnapolista.it
“Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Non piacerà ai napoletani ma questa sera la massima di Giampiero Boniperti viene buona. Ed è meglio abbracciare lo slogan degli odiati juventini e abbandonare almeno per un bel po’ l’incombenza di dover dare spettacolo. È il caso che il Napoli faccia i conti con la realtà. La verità – inconfessabile ma evidente – è che il Napoli dello scorso anno non tornerà più. Proprio come i morettiani pomeriggi di maggio di Palombella Rossa.
È un’altra squadra. È un’altra stagione, anche se la stragrande maggioranza dei calciatori sono gli stessi. Occorrerebbe un’operazione di sincerità, altrimenti ogni partita si tramuterà in un vano inseguimento. E anche le vittorie porteranno con sé un velo di malinconia. Ed è francamente assurdo. Di corto muso è bello.
Il Napoli batte il Cagliari 2-1 e lo fa sfoderando forza di volontà. Caratteristica che è essenziale per le grandi squadre. Il Real Madrid di partite così ne ha vinte a centinaia. Sono vittorie che andrebbero rivendicate a testa alta. Questo è il calcio. Questo è lo sport.
Il Napoli riesce a superare il Cagliari di Claudio Ranieri. Squadra invero non irresistibile e che arriva al Maradona con la terza peggior difesa del campionato. E con una linea difensiva piuttosto ballerina, tant’è vero che raramente riesce a mettere in fuorigioco gli azzurri.
Napoli-Cagliari è, nel linguaggio calcistico contemporaneo, quella che viene definita la partita che puoi sbloccare grazie a un episodio. Il Napoli in qualche modo ci prova. Sin prisa pero sin pausa, direbbe Benitez. Non è né un arrembaggio né un controllo organizzato della partita. La squadra di Mazzarri tiene il pallone, ha anche le sue chance, ma arriva quasi sempre molle sul pallone decisivo. Il solo Osimhen, nel primo tempo, fallisce due occasioni non impossibili. Anche Kvara è timido al momento del dunque. Paradossalmente, ma non troppo, è il Cagliari ad avere le occasioni migliori. Soprattutto una, con Nandez che in contropiede si presenta da solo davanti a Meret che esce in maniera perfetta, gli chiude lo specchio della porta e respinge.
Il primo tempo finisce 0-0. Dopo un’ora di gioco, Mazzarri decide che può bastare con Cajuste e Natan in campo. Segnaliamo che l’effetto Francini è rapidamente svanito nel brasiliano.
Mario Rui viene accolto come il salvatore della patria. E pensare che a lungo è stato considerato il signor Malaussene del Napoli (quello che oggi è Meret). Il suo ingresso in effetti cambia la partita. E con lui si ridesta anche Osimhen. Il primo gol è un grande classico: cross del portoghese e imperioso stacco del nigeriano: colpo di testa, Scuffet smanaccia ma non troppo. Uno a zero. Dura poco. Perché il Napoli è sempre convalescente (e lo resterà per tutta la stagione). Becca gol dopo quattro minuti con Pavoletti che si beve Juan Jesus in area piccola. Per fortuna la determinazione della squadra campione d’Italia non è diminuita. Osimhen in area esegue un numero alla Osimhen, controllo al volo con numerosi tocchi, mette al centro e Kvara segna con una mazzata sul primo palo.
Una vittoria che ai tempi di Maradona avrebbe reso felici tutti i tifosi. Napoli farebbe bene a tornare a quei tempi. A riscoprire l’essenza dello sport. Come ha detto Spalletti a Sportweek:
«Quelli che più mi incuriosiscono, quelli che a vederli mi piacciono davvero sono gli animali che possono volare, in particolare i rapaci. Hanno l’istinto naturale alla sopravvivenza anche se porta al male di qualcun altro. In generale è il mondo che è così. Poi dove ci sono poche posizioni, magari molto ambite, bisogna farsi valere…».
Non ha parlato di estetica. Il Napoli lo ascolti.