“DIVENTARE NUMERO UNO IN ITALIA RISCHIA DI ESSERE DIROMPENTE” – LA GUFATA DI JOHN McENROE SU JANNIK SINNER: “UNA POSIZIONE NON FACILE DA REGGERE. GLI OCCHI SEMPRE ADDOSSO, LA PRESSIONE. LO SA JANNIK CHE DOVRÀ ANDARE IN GIRO SCORTATO? ANDRÀ A SBATTERE CONTRO L’ENTUSIASMO ITALIANO. GLI AUGURO DI DIVERTIRSI NEL RUOLO DI LEADER, SENNÒ IL NUMERO UNO RISCHIA DI SCHIACCIARLO" - CHI VINCE PARIGI? "ALCARAZ O SINNER"
-Gaia Piccardi per il "Corriere della Sera" - Estratti
Quarant’anni fa la terra promessa di Jannik Sinner si trasformò nel purgatorio di John McEnroe, battuto in cinque set da Ivan Lendl dopo essere stato in vantaggio di due set, e poi 4-2 nel quarto. Stessa spiaggia (la definizione non dispiacerebbe a Djokovic, molto critico con lo stato del campo centrale), stessa rive droite. The genius non avrebbe mai più vinto il Roland Garros.
«Preferirei non parlarne — ride l’impunito incanutito, qui come opinionista storico di Eurosport , che trasmette il torneo in esclusiva per l’Italia —, alla sconfitta di Parigi cerco di non pensare: è il mio unico rimpianto. Voglio credere che sia stata una lezione di umiltà che ha fatto di me un uomo migliore. Di certo non un tennista migliore.Comunque, che ci creda o no, con Lendl ogni tanto gioco a golf».
John, da lunedì Jannik Sinner sarà il 29º numero uno della storia del tennis: essere italiano gli dà un vantaggio?
«L’Italia è un Paese che conosco bene: ci ho giocato, ho fatto concerti, il mio storico manager, Sergio Palmieri, è romano. Gli italiani sono passionali ed emotivi come me, mentre Jannik è serio e compassato. Diventare n.1 da voi è un ruolo potenzialmente dirompente, ne avete avuto un assaggio con Berrettini finalista a Wimbledon. Con quale generosità Sinner avrà voglia di donarsi a un Paese affamato? Lui ripete che è concentrato solo sui miglioramenti. Sono curioso di scoprirlo».
Tra il n.2 e la vetta c’è un abisso, e lei ne sa qualcosa. Essere la faccia del tennis mondiale non è più solo materia di sport.
«Una posizione non facile da reggere, in effetti. Gli occhi sempre addosso, la pressione, tutti che ti tirano per la giacchetta. Dove si riposa in Italia, di solito, Sinner? Lo sa che dovrà andare in giro scortato? È un tipo silenzioso e riservato, a cui piace viaggiare sotto i radar: andrà a sbattere contro l’entusiasmo italiano. Io gli auguro di divertirsi nel ruolo di leader, di concedersi qualche spazio di manovra sennò il numero uno rischia di schiacciarlo».
C’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui si vociferava di Mac mentore di Sinner. È un piccolo rimpianto non esserlo diventato?
«Chiariamo: il coach del ragazzo era Riccardo Piatti, che conosco da una vita, ma non c’è mai stata una proposta ufficiale. A me l’idea piaceva, sarei stato disponibile a viaggiare 10-12 settimane l’anno, non full time. Non se n’è fatto nulla e va bene così: Cahill sta facendo un lavoro fantastico, merita la Hall of Fame come coach. Dopo Agassi, Hewitt e Halep, Jannik è il quarto tennista che porta in vetta. I numeri parlano da soli: Sinner ha scelto il meglio».
Sinner-Alcaraz, domani in semifinale, è la sfida che tutti aspettavamo.
«La rivalità di cui avevamo bisogno, il nuovo Federer-Nadal. Jannik ha rotto il ghiaccio con lo Slam in Australia, Carlos è il mio preferito da vedere: l’elettricità che porta in campo mi dà gioia. Contrasto di caratteri e di stili: pronostico difficilissimo».
L’equilibrio ruoterà sullo stato di forma: entrambi arrivano da un infortunio.
«Il tennis ormai si gioca a velocità siderali, con violenza inaudita. Sono ragazzi giovani ma fragili, non supereroi indistruttibili. Di certo Jannik è destinato a essere un plurivincitore Slam, Carlos lo è già.
(...)
Chi vince a Parigi, John?
«All’inizio avrei detto Zverev. Oggi penso che il rebus passi dalla semifinale tra i ragazzi terribili, Jannik e Carlos, 43 anni in due. Ce li hanno mandati gli dei del tennis».