“DURANTE LA PARTITA CON LA SVIZZERA MI SEMBRAVA DI ESSERE IN UNA PUNTATA DI ‘SCHERZI A PARTE’” – MALAGO’ METTE SPALLE AL MURO GRAVINA: “LA RESPONSABILITÀ DELLA DISFATTA NON È SOLO DI CHI VA IN CAMPO MA ANCHE DEI DIRIGENTI. IL PRESIDENTE FIGC SI È SENTITO TRADITO. A LUI MI SONO PERMESSO DI DIRE CHE NON AVREBBE POTUTO DILATARE NEL TEMPO QUESTA SITUAZIONE: L’ARIA SI È FATTA IRRESPIRABILE. HA CONVOCATO LE ELEZIONI FEDERALI A NOVEMBRE, ALLA PRIMA DATA UTILE” – LA BORDATA AI CALCIATORI: “HANNO SUCCESSO, SOLDI, POPOLARITÀ, MA NON ASSUMONO I GIUSTI ATTEGGIAMENTI. ANZI NEANCHE SENTONO LA NECESSITÀ DI ESIBIRLI”
-Daniele Dallera,Monica Colombo per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Davanti alla disfatta con la Svizzera ho pensato di essere in una puntata di “Scherzi a parte”». Giovanni Malagò, presidente del Coni, fa ricorso all’ironia, utile a stemperare la drammaticità (mai dimenticare che si tratta di sport…) dovuta alla profonda crisi del nostro calcio.
È la prima volta che parla dopo il flop europeo: «Tra Olimpiadi e sessioni Cio mi fermerò un mese a Parigi, avevo da tempo promesso a mia mamma che le avrei dedicato un weekend. Così nel recente fine settimana al mare avevo spento il telefono: quando l’ho riacceso si è scatenato l’uragano».
Come ha vissuto l’eliminazione dall’Europeo?
«Mi è capitato di assistere a sconfitte, ovvio. In sport individuali può succedere che il tennista o il nuotatore di turno proprio nel giorno della gara, a causa di un problema fisico o mentale, abbia una pessima prestazione. Ma in uno sport di squadra, con la possibilità di effettuare cinque sostituzioni su undici, la scena mi è sembrata inverosimile: i giocatori in campo hanno trasmesso la sensazione di frustrazione e umiliazione.
Sembrava che neanche se ne accorgessero, perché in genere se sei in difficoltà magari ti fai prendere dalla foga agonistica, invece erano proprio amorfi. Non hanno mai dato l’impressione di metterci anima e cuore».
Non è responsabilità di Spalletti trasmettere la mentalità giusta?
«Certo, del resto è stato onesto nell’ammettere di aver sbagliato e che il mestiere del selezionatore è diverso da quello dell’allenatore. Che peccato: dopo il gol di Zaccagni alla Croazia al 98’ e quell’autostrada nella parte buona del tabellone pareva che fossimo nella migliore situazione possibile».
Il calcio nelle sue istituzioni può essere così auto-assolutorio?
«Partiamo dal c.t.: deve saper gestire un gruppo in base alle proprie idee tattiche. Il suo curriculum parla da solo ma è evidente che ha responsabilità».
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Ha sentito Gravina?
«Certo, mi sono permesso di dirgli che non avrebbe potuto dilatare nel tempo questa situazione: l’aria si è fatta irrespirabile. Prima di questa tragedia nazionale, le elezioni federali si sarebbero dovute tenere fra febbraio e marzo del prossimo anno. Le ha convocate invece a novembre, alla prima data utile.
Chi chiede le dimissioni deve sapere che, quando un presidente lascia, decade il consiglio che, in attesa di nuove elezioni entro novanta giorni, esercita le funzioni di ordinaria amministrazione. Chi arriverà si prenderà le sue responsabilità e deciderà se accordare fiducia a Spalletti oppure fare altre valutazioni».
In che stato d’animo ha trovato il presidente della Figc?
«Diciamo che l’aria già non era bella per i problemi che esistevano prima di questo tracollo. Ho avvertito delusione. Ho percepito che si è sentito tradito da chi è andato in campo. Il problema piuttosto nel calcio è un altro».
Ovvero?
«Solo in questo sport esiste una legge non scritta, che poi è il prezzo da pagare quando una disciplina è così popolare. In caso di disfatta la responsabilità non è solo di chi va in campo ma anche dei dirigenti».
Gravina è stanco?
«Quando hai troppi fronti aperti, c’è il rischio di lasciare risorse mentali per strada.
Non viviamo nel mondo di Quark: se arrivi in una posizione di potere tante persone ti appoggiano ma altrettante si augurano di essere al tuo posto. Ho apprezzato le parole di Antonio Tajani che, richiesto di un parere sull’argomento, ha replicato che non toccava a lui affrontare certe questioni. Ma non si può far finta di vivere fuori dal mondo».
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Nell’estate delle 24 medaglie dell’atletica agli Europei, i calciatori fanno la figura dei ricchi e viziati?
«Non aiuta il fatto di veder trionfare ragazzi che guadagnano poche migliaia di euro mentre atleti che hanno successo, soldi, popolarità, non assumono i giusti atteggiamenti. Anzi neanche sentono la necessità di esibirli».
Lei si è interfacciato con il mondo del calcio nel 2018, quando è stato nominato commissario della Lega di A. Accetterebbe di tornare a far parte di quel mondo?
«Il calcio non è nel mio futuro, per natura abbraccio progetti attuabili. Se devo correre una maratona magari in cinque ore la completo ma non gareggio alle Olimpiadi. Da qui al 2026 il mio impegno è verso il mio Paese e i Giochi, diversamente tradirei lo spirito olimpico».
Un emendamento al decreto Sport che deve ancora essere dibattuto in aula prevede che le sia riconosciuta la facoltà di un quarto mandato. Raccoglie l’assist?
«La scadenza a pochi mesi da un’Olimpiade invernale, per come è nata ed è stata voluta, impone riflessioni ma non per questo chiederò di poter beneficiare di un nuovo mandato».