“LE LITI CON LA FIGC? INEVITABILI” – LORENZO CASINI, PRESIDENTE DELLA LEGA A (IN QUOTA LOTITO), PUNGE GRAVINA: “LA LEGA ASPIRA SOLO A ESSERE PIÙ FORTE E RAPPRESENTATIVA, ANCHE PER I BENEFICI CHE GARANTISCE A TUTTO IL SISTEMA. IL FLOP AGLI EUROPEI? UN DISASTRO CHE PARTE DA LONTANO. L’ITALIA MANCA DALLA FASE FINALE DEI MONDIALI DAL 2014 E DAI GIOCHI OLIMPICI DAL 2008 – LA RICANDIDATURA IN LEGA A? E’ PREMATURO" – E SULL’ALLARME (ANCHE DI DAGOSPIA) PER IL CAMPIONATO INIZIATO COL MERCATO ANCORA APERTO DICE...
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Daniele Dallera e Monica Colombo per il “Corriere della Sera” - Estratti
Via al campionato in una stagione di grande rinnovamento, soprattutto politico-sportivo-istituzionale: Lorenzo Casini, guida della Lega di serie A dal marzo 2022, analizza lo stato attuale del calcio italiano.
Presidente, si è già alzato il grido d’allarme degli allenatori, Gasperini in primis, per il torneo iniziato con la finestra di mercato ancora aperta. È davvero una questione irrisolvibile?
«Non è un tema nuovo. Si potrebbe anticipare l’avvio del mercato a metà giugno, con decorrenza dei nuovi contratti da luglio, e finire prima, ma servirebbe un accordo tra le leghe europee. Ricordiamoci poi che oggi i club della Saudi League possono comprare giocatori fino a ottobre».
Che campionato avremo? La sua principale aspettativa?
«Mi auguro che sia un torneo ricco di reti e in grado di far emergere giovani, anche italiani. Vorrei poi che le nostre squadre potessero arrivare in fondo alle coppe europee e che la competizione in campionato coinvolga più club fino all’ultima giornata.
Auspico anche un miglioramento culturale complessivo, specialmente sui temi della sostenibilità e della lotta contro il razzismo».
Quali sono i settori dove il calcio ha necessità di riformarsi?
«Serve una serie coordinata di azioni su tre ambiti: infrastrutture, con stadi, centri sportivi, impianti pubblici; risorse, riducendo i costi, anche per i procuratori, e aumentando gli introiti; cultura, su giovani e scuole, per recuperare un collegamento che sembra essersi spezzato. Sono tutte proposte dettagliate nel documento di indirizzo che abbiamo presentato nel dicembre 2022 e aggiornato lo scorso febbraio».
Sotto la sua guida è migliorata l’atmosfera tra le società di serie A, ma al contempo è aumentata la tensione e si sono sviluppati i contrasti con la Figc?
«Un grado di conflittualità nel mondo sportivo è inevitabile e appartiene alla sua dimensione “agonale”. Vi sono sempre stati contrasti tra leghe e Figc, anche prima del mio arrivo, e non mi pare siano aumentati, anzi. L’importante è ragionare sempre per istituzioni e non per individualità e restare nell’alveo delle rispettive competenze. La Lega aspira solo a essere più forte e rappresentativa, anche per i benefici che garantisce a tutto il sistema».
In tal senso un bell’assist ve lo ha fornito la politica con l’emendamento Mulé…
«Siamo grati al Parlamento e al governo, in particolare al ministro Abodi, per aver saputo ascoltare alcune delle nostre istanze, come quella relativa alla necessità di dare maggior autonomia alla serie A e di riequilibrare pesi e rappresentanze delle leghe professionistiche nel sistema federale».
C’è chi stigmatizza le invasioni di campo dell’esecutivo a detrimento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo.
«Dipende dai temi: quello della governance federale era già regolato dal legislatore.
Rivendicare l’autonomia dello sport non significa vedere l’ordinamento sportivo come un’isola scollegata da tutti gli altri ordinamenti giuridici, quello statale per primo, o dai principi generali del diritto. Basti pensare che dopo l’ultimo grado della giustizia sportiva vi è un tribunale amministrativo, cioè dello Stato. Non vi sono contraddizioni tra autonomia e richiesta di interventi dello Stato su determinati temi».
Su quali aspetti auspica un aiuto dalla politica?
«La serie A non chiede sussidi, ma un riconoscimento del proprio ruolo come comparto industriale che garantisce un indotto e un gettito fiscale rilevanti. Cito solo tre fasi: gli stadi debbono essere dichiarati opere di interesse nazionale, con procedure iper-accelerate e senza nodi burocratici; i vivai e gli impianti sportivi vanno agevolati con appositi tax credit; una parte importante degli introiti erariali da giochi e scommesse sul calcio deve tornare a chi li produce, quindi alla serie A e ai club».
A fine anno, prima delle elezioni per il presidente federale previste per inizio 2025, si procederà alla nomina del nuovo presidente di Lega. Si ricandiderà?
«È prematuro. Non ho ancora parlato di questo con le squadre. Ne parleremo in autunno. Ora la priorità è arrivare a un nuovo statuto della Figc che riconosca il giusto ruolo della serie A, come indicato da Parlamento e governo».
Ha voglia di restare ancora in sella?
«Spero si possa proseguire il percorso di riforme avviato, per realizzare finalmente i cambiamenti che servono al calcio italiano».
Lei pensa che Gabriele Gravina si ricandiderà per la presidenza federale?
«Dovreste chiederlo a lui…».
A bocce ferme, quale riflessione le suggerisce il flop azzurro agli Europei?
«È stato un disastro, che purtroppo parte da lontano. L’Italia manca dalla fase finale dei Mondiali dal 2014 e dai Giochi olimpici dal 2008. La vittoria di Euro 2020 ha illuso molti, purtroppo. Si è allentato troppo il legame tra settore giovanile, dilettantismo e professionismo, perché molti talenti si perdono o abbandonano o non arrivano in serie A. L’anno scorso abbiamo riformato il campionato Primavera, per esempio, con risultati positivi, e il numero delle seconde squadre di A è passato da uno a tre in due anni. Ma non basta».
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I toni esasperati nella dialettica fra il ministro dello Sport Andrea Abodi e il presidente del Coni, Giovanni Malagò, l’hanno sorpresa?
«È un tema che non riguarda la serie A, ma è comunque molto delicato, perché tocca l’equilibrio tra il principio dell’autonomia dello sport e i limiti della legislazione statale».
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