“LUNA ROSSA SCONFITTA? SONO DEVASTATO, NON DORMO PIÙ, MI CHIEDO SE SONO IL CAPO GIUSTO” - LO SKIPPER DI LUNA ROSSA, MAX SIRENA, NON SI DÀ PACE: “AVREMMO POTUTO BATTERE INEOS, ABBIAMO FATTO DEGLI ERRORI. C’È UNA DOMANDA CHE MI FACCIO IN CONTINUAZIONE: SONO ANCORA LA PERSONA GIUSTA PER QUESTO LAVORO? AVEVO PROMESSO A BERTELLI CHE GLI AVREI PORTATO LA COPPA. NON HO MANTENUTO LA PAROLA" 

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Gaia Piccardi Per Corriere.it - Estratti

 

max sirena

Nello sport esistono le missioni impossibili, certo. Ma quella di Luna Rossa a Barcellona non lo era: barca veloce, equipaggio rodato, esperienza da vendere. La sesta campagna di Coppa America, invece, è finita con un buco nell’acqua: kappaò con Ineos nella finale della Vuitton Cup, la selezione degli sfidanti, già sbranata in passato due volte (Auckland 2000 e 2021). Venti giorni dopo il punto del 7-4 che ha mandato gli inglesi in America’s Cup e la Luna a casa, Max Sirena non si dà pace. «Sono devastato, ancora oggi. È la sconfitta peggiore della mia carriera. Non ci dormo: devo capire. Ma, magari, non mi passerà mai più...».

 

Due America’s Cup vinte, con Oracle e New Zealand, però a Max non basta. È con Luna Rossa che vuole conquistare il trofeo più antico dello sport: la missione a cui ha dedicato gli ultimi cinque lustri, l’unico modo per sdebitarsi con l’uomo che per primo ha creduto in lui, Patrizio Bertelli, l’armatore. Se la merita, Sirena, la vecchia brocca. Eppure più la insegue, più lei gli sfugge. Ripartiamo da qui.

 

 

I kiwi si sono tenuti il trofeo: cos’hanno più degli altri?

max sirena

«Sono più bravi, tanto per cominciare. E poi hanno saputo approfittare di tutti i vantaggi che ha in mano il defender: fa parte del gioco. Vanno studiati, sono un benchmark».

 

Perché Luna Rossa è ancora lontana?

«Siamo stati più vicini ai kiwi, rispetto a tre anni fa. Il team ha fatto passi avanti culturali, ha lavorato bene: abbiamo fatto tante cose buone, non va dimenticato. All’inizio della Vuitton, quando li abbiamo battuti, il punto di riferimento eravamo noi».

 

Perché Luna Rossa ha perso la Louis Vuitton Cup con una barca veloce e le migliori vele

«Avremmo potuto battere Ineos, abbiamo fatto degli errori»

Poi cosa è successo?

«Forse nell’ultima fase ci saremmo dovuti concentrare di più sulla preparazione pura della regata».

 

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Se foste arrivati in Coppa America, avreste fatto una figura migliore di Ineos?

«Impossibile rispondere: chi lo sa? Però posso dire che gli inglesi avremmo potuto batterli. In quegli otto giorni, è successo di tutto. Abbiamo rotto la randa e le stecche: errore umano del team. Abbiamo sbagliato la scelta della vela di prua: errore umano del team.

 

Non voglio puntare il dito contro nessuno, si vince e perde tutti insieme. La responsabilità, in primis, è mia. Abbiamo perso la Vuitton perché in quella settimana specifica non abbiamo lavorato al nostro meglio. Eppure eravamo carichissimi, non ci siamo mai distratti. Poi c’è anche l’avversario: Ineos in undici regate non ha commesso un errore, non ci ha regalato niente».

 

Cosa dobbiamo aspettarci dalla Luna, ora?

«Cambieranno delle cose. Gli Ac75 volanti richiederanno persone sempre più abituate a interfacciarsi con la tecnologia: quindi i giovani. Tra under 25 e ragazze, il nostro bacino è di elevatissima caratura: a Barcellona abbiamo dominato due Coppe».

 

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Ruggero Tita e Marco Gradoni timonieri, quindi?

«Ruggero e Marco sono due pilastri, ci puntiamo. Ma non ci sono solo loro: Ugolini, Falcone, Molineris... Abbiamo un ampio vivaio a cui attingere. Oltre ai giovani che hanno lavorato bene nell’area tecnica e negli altri settori».

 

Attenzione perché è subito partito il vela-mercato.

«Infatti i giovani della Luna vanno difesi dalle sirene degli altri team. I designer sono i primi a subire tentativi di scippo. In questi giorni, a Barcellona, sto parlando con tutti, uno a uno: devo mettere in sicurezza la squadra, confermando le professionalità che ci serviranno».

 

Tornando a Tita, oro a Parigi: un’altra campagna olimpica sarebbe compatibile con una Coppa da timoniere?

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«Eh, dipende. Se la Coppa sarà nel 2027, a Los Angeles 2028 potrà andare: in un anno il gap con gli altri azzurri del Nacra lo recuperi. Se la Coppa sarà nel 2028, la vedo dura».

 

 

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Ridurre i ciclisti, ormai, sembra necessario.

«Con la tecnologia ci siamo spinti molto oltre, è vero. Se per ottenere più azioni sulla barca significa metterci più velisti e meno ciclisti, togliendo una parte di produzione di energia, mi sta bene».

 

La spinosa apertura alle donne a bordo. Bertelli si è già detto contrario.

«La vedo in maniera diversa da Patrizio: in determinati ruoli, e se diminuirà la richiesta di fisicità sugli Ac75, non ho nulla in contrario».

 

Lo scenario dell’Arabia.

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«Non piace a nessuno. La Coppa deve rimanere in Europa, dove ha tutto: facilità di accesso, fuso, visibilità».

 

La rivedremo al comando della Luna, Max?

«Voglio dedicare tempo a me stesso per capire cosa e dove ho sbagliato. C’è una domanda che mi faccio in continuazione: sono ancora la persona giusta per questo lavoro? Perdere lo metto in conto, figuriamoci. Ma c’è una delusione cocente con la quale non riesco a venire a patti».

 

Quale?

«Avevo promesso a Bertelli che gli avrei portato la Coppa. Non ho mantenuto la parola».

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