“MA VUOI METTERE IL CALCIO DI FRONTE AL TEATRO?” - GIAMPIERO MUGHINI RICORDA LE PAROLE DI CARMELO BENE E SPEGNE LE AMBIZIONI DELLA JUVE: "TROVO RIDICOLO PARLARE DI SCUDETTO. NON VEDO UNA GRANDE SQUADRA. VLAHOVIC RICEVE POCHI PALLONI. MANCA UN GIOCATORE COME MODRIC" – "LA GUERRA IN UCRAINA? NON SONO FELICE DELL'ESTENSIONE DELLE SANZIONI ANCHE A SETTORI PARTICOLARI COME LO SPORT. AMMIRO IL TENNISTA RUSSO CHE HA DETTO NO ALLA GUERRA" – "LA CENSURA ALLA CULTURA RUSSA? UN COLPO DI GENIO DI POCHI IMBECILLI" - IL CREPUSCOLO DI MESSI, L’ERRORE DI DONNARUMMA, ANCELOTTI, IL "CORTO MUSO" DI ALLEGRI…
-Stefano Boldrini per “il Messaggero”
Intervistare Giampiero Mughini non è solo parlare/confrontarsi con un giornalista/scrittore che ha attraversato gli ultimi 60 anni della nostra storia nel 1963 fondò nella sua Catania la rivista Giovane Critica -, ma è anche un bel viaggio sull'uso elegante della lingua italiana, negli ultimi decenni presa spesso a pedate, non solo sui social. Mughini ha fatto molte cose nel suo percorso, ma non tradisce le origini: è profondamente giornalista. Legge, guarda, studia, s' informa ed espone con estrema chiarezza.
Come sta vivendo questi tempi oscuri, due anni di Covid e ora la guerra?
«Veniamo da un conflitto spaventoso e ora stiamo assistendo a un altro di cui provo profonda vergogna. Mi trovo sul divano a vedere, come se fosse un film, immagini di morte, distruzione, violenza. Non riesco a farmi una ragione di questa tragedia».
L'immagine più dolorosa?
«Quella della famiglia in fuga, sterminata da un colpo di mortaio: i corpi sull'asfalto, le due bambini, le valigie. Le bombe non sono mai intelligenti. Le bombe uccidono».
Anche sulla guerra si stanno ripetendo gli schemi di contrapposizione del Covid.
«Diciamo che esiste in ogni area della discussione un territorio facile che viene occupato. E' legittimo porsi delle domande di fronte a questo scenario e chiedersi se anche l'Occidente possa aver sbagliato qualcosa. Alessandro Orsini non racconta banalità. Si è scherzato con il fuoco. Quando hai a che fare con il gigante russo, con le sue ossessioni e le sue fobie, bisogna porre estrema attenzione. Ho la sensazione che l'Ovest abbia sottovalutato la questione-Ucraina».
Altro tema: la disinformazione e il ruolo dei social.
«Io ai social non attribuisco importanza perché non li uso. Sono consapevole che negarsi ai social significa, nei tempi moderni, non far parte dell'umanità. I giornali cercano di sopravvivere in un mondo che ha scelto altre forme di comunicazione: oggi la comunicazione di massa è quella delle piattaforme».
Il calcio mondiale in particolare, e lo sport in generale, sono stati travolti dalla guerra: Fonseca e De Zerbi con il suo staff dello Shakhtar Donetsk costretti a fuggire dall'Ucraina, la squalifica della Russia dalle Paralimpiadi, il Chelsea campione del mondo e d'Europa in vendita dopo le sanzioni britanniche sul patrimonio di Roman Abramovich.
«Questa tragedia coinvolge tutti. Io non sono felice dell'estensione delle misure anche a settori particolari come lo sport. Ammiro il tennista russo che ha detto no alla guerra».
Siamo arrivati al paradosso di adombrare la censura della cultura russa.
«Penso, per fortuna, che si tratti solo di qualche colpo di genio di pochi imbecilli. Sospendere il corso di Paolo Nori su Dostoevskij era stata una decisione quasi surreale. Per fortuna c'è stato un ripensamento».
Viriamo sul calcio: questa settimana di Champions ha regalato la remontada del Real Madrid, la caduta del Psg e l'eclisse di Messi.
«Ho visto solo alcune immagini. Leggendo le cronache, i francesi hanno dominato per 75 minuti, ma alla fine ha trionfato il Real, con quello splendido attaccante che si chiama Karim Benzema e con la praticità delle grandi squadre, abili a sfruttare gli episodi, vero fattore decisivo nel calcio. I soldi non danno necessariamente la felicità. Il Psg spende il doppio della Juventus che, pure, non lesina sulle spese.
Mi pare naturale che Messi sia al tramonto della sua straordinaria carriera. Messi e Ronaldo sono stati i dominatori degli ultimi due decenni di calcio, ma il tempo passa per tutti, anche se ieri il portoghese ha segnato tre gol ed è diventato il miglior marcatore della storia in gare ufficiali.
Sono contento per un ottimo allenatore e un signore del football come Carlo Ancelotti. Lo dico con amarezza, perché alla Juventus non ebbe fortuna. E poi nel Real c'è quel campione meraviglioso: Modric».
L'errore di Donnarumma?
«E' una situazione al limite, in cui c'è una componente di irregolarità perché Benzema gli dà una bottarella. Non è facile quindi decifrare i confini tra leggerezza e fallo. C'è da dire che il portiere oggi deve interpretare il ruolo in modo più completo, compresa la gestione del pallone con i piedi. Le mani non bastano più».
Che aria tira per gli spareggi dell'Italia?
«Non mi considero un tuttologo, non sono bene informato sulla situazione generale e quindi non posso rispondere. Lo sport è questo: vieni da una splendida vittoria come il trionfo all'europeo e ora devi sudare per andare al mondiale. La nazionale di Roberto Mancini mi ha entusiasmato. Ho visto una squadra che, nel suo essere squadra, è stata spaventosa. Insigne non ha mai giocato ai livelli di nove mesi fa e Spinazzola è stato straordinario. Anche qui c'è un velo di rimpianto, pensando che stava alla Juve e s' infortunò».
Tra i quattro grandi successi del nostro calcio nel dopoguerra, i mondiali 1982 e 2006, gli europei 1968 e 2021, quale sceglie?
«Il mondiale del 1982. Trionfammo battendo l'Argentina di Maradona, Brasile, Polonia e la solita Germania. Non fu solo una magnifica impresa sportiva, ma rappresentò anche l'uscita definitiva dagli anni di piombo. L'Italia aveva voglia di voltare pagina. Quel successo diede una spinta formidabile all'intera nazione. Il blocco juventino fu decisivo. E guardando alla nostra storia, bisogna riconoscere che il contributo della Juventus alle nostre fortune è stato determinante».
Si fa largo un neologismo: corto muso.
«Il calcio ha contribuito ad arricchire la nostra lingua. Penso a quel magnifico scrittore che fu Gianni Brera. La parola Abatino è diventata qualcosa di ben più ampio».
Dove nasce la sua juventinità?
«Vivevo nella casa di una borghesia impoverita e giocavo con le figurine, una delle poche cose a buon mercato che mi potevo permettere. All'età di 10, o forse 12 anni, fui attratto da quelle di Boniperti e Muccinelli. Così diventai juventino. La scelta più felice della mia vita».
La Juve di oggi?
«Non me ne voglia la Juve, ma trovo ridicolo parlare di scudetto. Anche ora, rinforzati dal mercato, non vedo una grande squadra. Vlahovic riceve pochi palloni. Manca un giocatore come Modric».
Il 16 marzo saranno 20 anni dalla morte di Carmelo Bene: considerava il calcio persino superiore al teatro. Lo definiva fenomeno estetico.
«Carmelo Bene è stato un personaggio della nostra cultura che va preso nella sua interezza. Il suo genio abbracciava anche l'amore per lo sport. Una volta mi disse: Mughini, ma vuoi mettere il calcio di fronte al teatro?».