“MI SONO LASCIATO IL PEGGIO ALLE SPALLE” – L’EX PORTIERE DELLA JUVE STEFANO TACCONI E LA SECONDA VITA DOPO L’ANEURISMA: “MI SENTIVO INVINCIBILE ORA CONOSCO I MIEI LIMITI. QUANDO MI SONO SVEGLIATO HO VISTO MIA MOGLIE E L'HO SUBITO RICONOSCIUTA, CREDO IN DIO CON LAURA DEVOTA DI PADRE PIO. A SAN GIOVANNI ROTONDO MI SONO ALLENATO PIÙ CHE ALLA JUVE!”- E POI PARLA DEL VAR, DEL GIOCO DAL BASSO – “C'È CHI SOSTIENE CHE IL CALCIO DI OGGI SIA PIÙ VELOCE, MA NON È VERO”
-Massimo Boccucci per “il Messaggero” - Estratti
Tiene stretta la vita nelle sue mani, come ha fatto con il pallone. Stefano Tacconi di vite ne ha già vissute due, sul campo e quando il 22 aprile 2022 è rimasto vittima di un'emorragia cerebrale per la rottura di un aneurisma.
Al suo fianco la moglie Laura Speranza con i figli Andrea, Alberto, Virginia e Vittoria Maria. «Credo in Dio con Laura devota di Padre Pio. A San Giovanni Rotondo mi sono allenato più che alla Juve!», ha detto ritirando a Monte San Savino, in provincia di Arezzo, il premio Harmony Award #StopViolence. L'ex portiere ha 67 anni e con la Juve dal 1983 al 92 ha vinto tutto.
Tacconi, come sta?
«Mi sono lasciato il peggio alle spalle, ho voglia di vivere e di fare le cose che mi piacciono. Il calcio resta il mio mondo. Non finirò mai di ringraziare la mia famiglia che mi ha sostenuto in ogni momento di questa battaglia. Quello che è successo mi ha cambiato, mi sentivo invincibile. Ora ho preso coscienza dei miei limiti, sono diventato più attento alle cose.
Con la malattia ho potuto misurare ancora di più l'amore di chi mi circonda e mi è stato sempre vicino. Anche quando ero in coma e non sentivo niente, loro erano lì accanto al letto a parlarmi e a tenermi la mano».
Cosa ricorda a distanza di due anni?
«Ho trovato Laura quando mi sono svegliato e l'ho riconosciuta subito. Non ricordavo cosa avessi fatto prima di perdere conoscenza. Nei giorni seguenti dimenticavo quello che mangiavo, ma piano piano è tornata la normalità. La riabilitazione l'ho affrontata come una lunga partita da giocare al meglio e da vincere».
Mai smesso di guardare partite?
«Assolutamente no, chi se le perde. Il calcio è una parte di me, mi piace anche se avrei molto da ridire».
Il gioco dal basso le piace?
«Per carità, penso che sia una iattura. Non si può vedere il portiere che gioca con i piedi, che sono peraltro il punto debole. C'è già tanto da fare in porta tra il farsi trovare pronto, le uscite e guidare il reparto difensivo. Giocare anche il pallone mi sembra troppo».
Il Var ha risolto i problemi?
«Secondo me si esagera con l'utilizzo, interviene su tutto e mi pare che si sbagli più di prima, con più polemiche di prima. Dovrebbe servire solo per risolvere alcune situazioni».
Il portiere che preferisce in Serie A?
«Non è semplice, anche perché ci sono troppi stranieri. Mi piace Meret, finalmente il Napoli gli ha dato fiducia. Lo considero un buon portiere che meritava la possibilità di emergere e farsi vedere».
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Momenti difficili alla Juve?
«Penso a Maifredi e quell'annata disastrosa. Una stagione da incubi: l'inizio fu subito negativo con la sconfitta per 5-1 a Napoli nella Supercoppa italiana, poi facemmo un buon girone di andata ma un bruttissimo calo ci lasciò fuori dall'Europa, che alla Juve non succedeva da 28 anni».
Com'è cambiato il calcio?
«C'è chi sostiene che il calcio di oggi sia più veloce, ma non è vero. Guardate quante partite noiose ci sono. In quegli anni nel nostro campionato c'erano tantissimi campioni e gli allenatori dovevano solo fare un po' di tattica perché la qualità faceva la differenza».