“OSIMHEN HA VOLUTO UNA MASCHERA CHE NON LO LIMITASSE NEI COLPI DI TESTA” - GIANPAOLO TARTARO, IL CHIRURGO MAXILLO-FACCIALE CHE HA REALIZZATO L’OGGETTO STRACULT DIVENTATO UN SEGNO DISTINTIVO DELL’ATTACCANTE DEL NAPOLI – “LA MASCHERINA PESA QUASI ZERO GRAMMI. L’HA VOLUTA SEMPLICE E LEGGERA. INDOSSANDOLA OSIMHEN APPARE PIU’ SICURO IN CAMPO - RESTA UTILE ANCHE ORA? CERTO. FINCHÉ VINCE IL NAPOLI, TUTTO È UTILE. UN PO' DI SCARAMANZIA È D'OBBLIGO…” – LA MASCHERA GIGANTE SOSPESA TRA DUE PALAZZI A NAPOLI: FOTO
-Estratto dell’articolo di Maria Pirro per “il Messaggero”
Oggetto cult. Dolce sulle torte, di stoffa indossata più di quella di Zorro a Carnevale, cucita nelle mercerie, venduta a due euro sulle bancarelle nella città tinta d'azzurro. Iconica, anti-sfiga, salva-campionato: tant'è che, quando l'ha smarrita, Victor Osimhen si è infortunato ancora e solo con una nuova, quasi identica all'originale perduta, ma in carbonio e kevlar, si è detto pronto a tornare in partita: dopo un anno e mezzo, il bomber del Napoli, che avanza verso il terzo scudetto, non si toglie più la maschera che gli fa vincere di tutto. A idearla un chirurgo maxillo-facciale, Gianpaolo Tartaro, assieme a due colleghi.
Professore, a cosa si deve la maschera di Osimhen?
«In principio, all'esigenza di far tornare il calciatore in campo il prima possibile, ma proteggendolo da eventuali altri traumi facciali dopo il terribile incidente di gioco avvenuto durante la sfida contro l'Inter, nel 2021».
Allora l'attaccante azzurro fu trasferito d'urgenza in clinica per ricomporre cinque fratture scomposte pluriframmentate allo zigomo sinistro, che coinvolgevano anche l'orbita.
«Lo operai, e mi resi subito conto che era l'unica soluzione per consentirgli una ripresa veloce. Riduce il rischio di recidiva del 98 per cento: ho appena scritto un lavoro scientifico sul risultato raggiunto».
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Si è tenuto anche conto delle indicazioni di Osimhen?
«Certamente, lui ha contribuito alle modifiche. Ricordo che Victor con Raffaele ha discusso a lungo sul "colpo di testa", perché la maschera non lo limitasse nelle azioni, e devo dire che, vedendolo in partita, non gli crea alcun problema: anzi, ha segnato di testa subito, al rientro, dopo la riabilitazione».
Il colore, da che dipende?
«Semplice: il nero è il colore del carbonio, il materiale utilizzato per realizzare la maschera».
Senza loghi, senza niente nella prima versione.
«Osimhen l'ha voluta così: quanto più naturale possibile, piccola e leggera. Pesa quasi zero grammi: le molle che la sostengono sono più pesanti della maschera in sé».
Resta utile anche adesso?
«Certo. Finché vince il Napoli, tutto è utile e, soprattutto, da napoletano, tifoso, ex sportivo, oltre che da chirurgo, credo che un po' di scaramanzia sia d'obbligo in questa circostanza».
Gliela prescrive, dunque.
«Osimhen deve usare la maschera, in campo appare anche più sicuro».
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La maschera ha dei limiti?
«Può proteggere il volto parzialmente, solo fino al labbro superiore: nella zona inferiore è impossibile creare un presidio adatto senza che diventi una sorta di casco integrale».
Ma con un casco non si può giocare a pallone...
«Difatti, Miguel Ángel Britos dovette restare fermo per più di 100 giorni dopo il match Napoli-Juve, nel 2013, quando riportò una frattura ugualmente grave, ma all'angolo della mandibola. Ora il portiere Alex Meret, che si è fratturato il naso, è invece potuto rientrare con un'altra maschera personalizzata...».