“LA REAZIONE DELLA SERIE A ALLA FINE DEL DECRETO CRESCITA È COMPRENSIBILE. MA È GROTTESCO SOSTENERE CHE DANNEGGERA' I VIVAI” – PAOLO CONDO’: “IL DOPING FISCALE DEL QUALE I NOSTRI CLUB GODEVANO DAL 2020 ERA PENSATO PER ATTIRARE IN ITALIA CERVELLI DA SCIENZIATI E PIEDI DA CAMPIONI, MA E’ STATO TRASFORMATO IN UN LIBERI TUTTI CHE HA INGRASSATO AGENTI E FACCENDIERI FRUSTRANDO INVECE IL LAVORO DEI TECNICI GIOVANILI" - “QUELLO CHE IL CALCIO PUÒ E DEVE PRETENDERE DALLA POLITICA È LA POSSIBILITÀ DI…”
-Estratto dell’articolo di Paolo Condò per “la Repubblica”
La reazione dei club di Serie A all’abolizione del decreto crescita è stata molto piccata. Beppe Marotta […] si è scagliato con parole durissime contro la decisione del governo di cancellare i benefici fiscali concessi ai giocatori acquistati dall’estero. Un intervento a difesa del proprio business, e dunque comprensibile […]
Ma in alcuni punti Marotta ha oltrepassato la realtà: è grottesco sostenere che ne verranno danneggiati i vivai perché meno finanziati, quando proprio dai vivai dovranno arrivare i giocatori che non sarà più conveniente ingaggiare all’estero. Non è un caso che nel malcontento generale l’eccezione più significativa sia stata il silenzio della Juve, molto meno toccata dal provvedimento grazie ai frutti che sta dando la sua politica di vivaio (come ha detto Allegri).
[…] per coerenza non abbiamo nulla da eccepire sulla fine del doping fiscale del quale i nostri club godevano dal 2020. Anche perché un’agevolazione pensata per attirare in Italia cervelli da scienziati e piedi da campioni in modo da aumentare il valore di istituzioni nostre […] è stata trasformata in un liberi tutti che ha ingrassato agenti e faccendieri frustrando invece il lavoro dei tecnici giovanili.
Secondo i dati pubblicati da Slalom , nel torneo in corso ci sono 78 stranieri che hanno giocato una media inferiore ai 5 minuti a partita, più altri 28 che non hanno raggiunto i 20’[…] la loro presenza si spiega soltanto con l’agevolazione fiscale che li ha resi più convenienti di un giocatore italiano pescato in una Primavera, o in Serie B. Naturalmente il discorso non ha alcuna implicazione xenofoba, ci mancherebbe. […] Il 65 per cento delle presenze in Serie A riguarda giocatori stranieri, dunque non selezionabili per l’Italia di Spalletti, […]
E se questa volta è stato decisivo l’intervento di Matteo Salvini, che ha chiuso la porta in faccia alla proposta di una deroga che comprendesse la finestra di mercato appena aperta, va ricordato che l’emendamento che due anni fa mise un primo limite all’invasione di mezze figure — 20 anni e un milione di ingaggio lordo, prima era puro Far West — si deve al senatore del Pd Tommaso Nannicini. A dimostrazione che la politica è sostanzialmente unanime sul tema.
[…] Come ha già scritto Ivan Zazzaroni, la Lega di A avrebbe meglio difeso l’agevolazione sottolineandone il carattere eccezionale, l’aumento di valore garantito da pochi campioni riconosciuti: e dunque oltre un livello di ingaggio molto più elevato, o magari un elemento a squadra per non creare sperequazioni. […]
Il lamento più comune di questi giorni riguarda il presunto pregiudizio che il governo — ma anche qui si può estendere il discorso alla politica tutta — avrebbe nei confronti del mondo dei “ricchi scemi” del calcio. Se fosse vero, sarebbe grave: con tutti i limiti del caso, le tasse pagate dai club di Serie A restano la base dello sport italiano, e il valore dell’industria calcio è fra i più rilevanti del Paese. Di qui, la necessità di una rapida svolta nelle procedure per la costruzione di nuovi stadi e la privatizzazione di quelli esistenti, perché è questo il terreno sul quale siamo indietro rispetto ad altri campionati.
L’aumento dei ricavi connesso all’ammodernamento degli impianti è l’esatto contrario del doping fiscale, ed è la strada maestra perché la mano pubblica aiuti i club a risolvere i loro problemi. Secondo i dati di Calcio e Finanza, il 93 per cento degli stadi italiani è di proprietà pubblica: in Germania siamo al 40, in Inghilterra al 20. Il modello di sviluppo non è negoziabile, lo Stato deve pensare allo sport di base, a quello scolastico, a quello ricreativo, e lasciare ai club ogni aspetto del professionismo, a partire dagli impianti.
[…] I progetti di Inter, Milan e Roma devono sottostare a interminabili forche caudine, la Fiorentina sta litigando col Comune, il Napoli oltre allo stadio non ha nemmeno un centro sportivo adeguato, e potremmo proseguire. L’idea di un commissario agli stadi può essere un primo passo, ma si avverte soprattutto la necessità di una legge semplificativa. È questo che il calcio può e deve pretendere dalla politica: la possibilità di fare debito “buono” per impianti di proprietà al posto di quello “cattivo” per ingaggi esagerati e commissioni corrispondenti.