“ZANARDI MI AIUTÒ A SUPERARE IL PESO DI QUELL’INCIDENTE CON GLI SCHERZI SULLE PROTESI” – PARLA ALEX TAGLIANI, IL PILOTA CANADESE CHE NEL 2001 LO TRAVOLSE A 300 ALL’ORA SUL CIRCUITO DEL LAUSITZRING - "LA MOGLIE DI ALEX MI CONSOLAVA. DOPO QUELLO SCHIANTO VOLEVO SMETTERE DI CORRERE. ZANARDI LO RIVIDI POCO DOPO E SCHERZAVA: "SAI QUAL È IL VANTAGGIO DELLE MIE NUOVE GAMBE? SONO TRE CENTIMETRI PIÙ ALTO" - VIDEO
-
DANIELE SPARISCI per corriere.it
«Come sta Alex? Che dicono i medici? Provo a seguire tutto da qui, dal Canada, ma in Italia avrete sicuramente informazioni più aggiornate. Spero che ancora una volta riesca a tirarsi fuori dalle sofferenze. Per me è un uomo speciale, mi ha insegnato molto. Mi ha aiutato tantissimo a superare il peso di quell'incidente con il suo modo di pensare». Al telefono da Montreal risponde Alex Tagliani, il pilota che il 15 settembre 2001 sul circuito del Lausitzring si trovò davanti la monoposto, fuori controllo, di Zanardi, colpendola a oltre 300 all'ora.
Figlio di emigrati, parla benissimo la nostra lingua e ancora gareggia nel campionato Nascar locale: «Mio papà è di Brescia, mia madre del Garda. Nonno Calogero era innamorato dei motori, costruiva macchine da corsa e go-kart e correva, l'ultima cronoscalata l'ha fatta a 96 anni».
Parliamo di Alex, del primo incidente.
«Sì. All'inizio non sapevo che cosa fosse successo, avevano portato in ospedale anche me in Germania, erano i giorni subito dopo l'attacco alle Torri Gemelle. Mancavano 13 giri e c'era una battaglia fra quattro macchine, a quell'epoca le Indy avevano 1.000 cavalli. In una pista ovale ad altissime velocità non puoi incollarti a un'altra macchina per le troppe turbolenze aerodinamiche.
La segui un po' all'interno o all'esterno, inoltre l'inclinazione della pista ti fa piegare la testa. Non puoi muoverla, non è come in Formula 1. Ho visto con la coda dell'occhio sinistro la vettura di Alex rientrare nel tracciato molto piano, era finita sull'erba dopo aver slittato in uscita dai box. Ho provato a sterzare a sinistra, ma il colpo è stato talmente forte che ho perso conoscenza».
Poi si è svegliato.
«Avevo un po' di dolori alla schiena, ho chiesto che cosa fosse successo ad Alex ed è arrivata sua moglie Daniela a trovarmi in camera. Mi raccontò dei problemi del marito, fu molto gentile. Il brutto per me è arrivato quando sono uscito dall'ospedale».
Perché?
«Dovevo preparami per la gara successiva in Inghilterra, ma non pensavo ad altro che all'incidente. Mi guardavo allo specchio o vedevo un film, e ci pensavo. Davanti alla tv non sapevo più neanche quale canale avevo messo. Cenavo e quelle immagini non se ne andavano mai. Qualsiasi cosa facessi, dopo cinque minuti, il pensiero tornava. Una sensazione terribile. Volevo smettere di correre».
Addirittura?
«Sì, avevo la testa da un'altra parte ed è molto pericoloso per un pilota. Della corsa in Inghilterra non ricordavo assolutamente nulla, né la posizione finale né le varie fasi. Non mi era mai successo». Alla fine che cosa le ha fatto cambiare idea? «Aver rivisto Alex. Era a Toronto in pit-lane, nel giugno del 2002. È venuto a trovarmi e abbiamo parlato un po'.
Mi ha detto: "Sai qual è il vantaggio delle mie nuove gambe? Sono tre centimetri più alto". Era tranquillo, scherzava e raccontava barzellette. Diceva che si dava da fare per tornare a guidare, parlava di comandi al volante. Lì è cambiato tutto anche per me».
Che cosa ha provato in quel momento?
«Mi sono sentito più leggero. Mi ha fatto capire che per lui era un incidente di gara e che anche io avrei potuto prenderlo così. E dopo sono sempre rimasto in contatto con Daniela, le mandavo messaggi per dirle che è una donna speciale, un sostegno incredibile».
Con Alex vi siete rivisti poi?
«Non era facile, io correvo negli Usa e lui in Europa, ma ci scrivevamo mail e messaggi. E ogni tanto quando veniva in America a vedere i suoi amici, è capitato di trascorrere un po' di tempo insieme».
Da chi ha saputo dell'incidente in handbike?
«Da mia zia che vive in Italia: ha mandato un WhatsApp a mia mamma quando la notizia si è diffusa».
Che cosa direbbe adesso ad Alex Zanardi se potesse parlargli?
«Che è speciale con il suo modo di vedere le cose, che mi ha insegnato tanto. Mi ricorderò sempre di quel giorno a Toronto, in quei minuti ho capito che potevo voltare pagina. Con una sola frase Alex mi ha mostrato quanto fosse forte.
Per questo motivo non mi sono stupito quando l'ho visto vincere ori alle Olimpiadi, tornare a guidare macchine da corsa. Ha la capacità di far sembrare normali cose straordinarie, spero che riesca a uscirne di nuovo. Per lui e per la sua bellissima famiglia».