MA IN FERRARI SI STANNO MANGIANDO LE MANI PER IL NO A TODT DI UN ANNO FA? IL CAVALLINO HA BUTTATO ALLE ORTICHE UN MONDIALE TRA MOTORI FRAGILI E STRATEGIE SBALLATE AI BOX – IL PASTICCIONE BINOTTO DIFENDE IL SUO CERCHIO MAGICO MA NON ESCLUDE L’ARRIVO DEI RINFORZI AL MURETTO (MA ORMAI IL MONDIALE E’ ANDATO) - SULLA GRATICOLA DEI SOCIAL È FINITO SOPRATTUTTO IL CAPO DELLE STRATEGIE (E DIRETTORE SPORTIVO), LO SPAGNOLO IÑAKI RUEDA…

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Daniele Sparisci per il “Corriere della Sera”

 

todt binotto

I conti con la realtà dopo un Mondiale iniziato all'insegna dei sogni: due vittorie e un secondo posto nelle prime tre gare per Charles Leclerc, alla stagione della più grande rivoluzione dei regolamenti della F1 degli ultimi 40 anni la Ferrari era la più preparata al via. Poi le certezze hanno cominciato a scricchiolare sotto i colpi dell'affidabilità, che ha tolto almeno 50 punti al monegasco (e molti altri a Sainz). Degli errori dei piloti, delle strategie sballate.

 

Il piano per il titolo è imploso in Ungheria, dove anche la macchina per la prima volta ha subìto un'involuzione misteriosa. Se i motori fragili sono il risultato di una filosofia progettuale comprensibile - cercare la prestazione prima e poi la solidità -, se anche gli sbagli di Charles e Carlos hanno pesato sul bilancio - resta pur sempre una coppia «giovane»: sei vittorie in due -, le scelte autolesioniste del muretto hanno aggravato la situazione e tolto serenità al pilota di punta, per tre volte penalizzato dalla tattica:

inaki rueda

 

a Montecarlo, a Silverstone e all'Hungaroring dove non avrebbe vinto (per la forza della Red Bull e la debolezza inattesa della Rossa), ma senza il pasticcio delle gomme dure sarebbe salito sul podio. Crescere, non cambiare. Aggiungere. Così Mattia Binotto ha difeso il muretto, lasciando trapelare l'idea di qualche rinforzo da aggiungere al suo «cerchio magico».

 

Un gruppo di uomini costantemente sotto esame, all'interno del quale ogni mossa è accompagnata dalla paura di sbagliare. Sulla graticola dei social è finito soprattutto il capo delle strategie (e direttore sportivo), lo spagnolo Iñaki Rueda arrivato dalla Lotus nel 2015. È sempre rimasto al suo posto fra le tante rivoluzioni interne a Maranello. È assistito dal giovane inglese Ravin Jain, 28 anni, nato a Londra, origini indiane, entrato in azienda attraverso una Academy che seleziona i migliori ingegneri neolaureati.

 

Ma una «chiamata» non è (quasi mai) il risultato della decisione di una singola persona, avviene dopo un processo di scambio di idee e di dati, in base a scenari elaborati nei briefing prima della gara. I dati da interpretare arrivano dal garage remoto di Maranello, dove lavorano 30-40 persone. E dalla pista, dove a «leggerli» dalle due macchine è Matteo Togninalli, valtellinese a capo degli ingegneri in pista.

 

BINOTTO LECLERC

Altra presenza fissa al muretto (oltre agli ingegneri di Leclerc e Sainz, Xavier Marcos e Riccardo Adami) è Laurent Mekies. Il francese ex tecnico della Fia - fra gli inventori dell'Halo - è uno dei più fidati collaboratori di Binotto, promosso al ruolo di «Racing director», in pratica fa il vice del team principal. Infine c'è Claudio Albertini, figura di riferimento per i meccanici dei pit-stop e per altre attività di gara.

 

Ma spesso sono anche i piloti a dare assist preziosi, Verstappen e Perez per esempio dopo i giri di riscaldamento in Ungheria hanno avvertito di non usare le gomme dure perché non avrebbero funzionato. Sensibilità e dettagli, in F1 non basta avere l'auto più veloce. Se la Red Bull domina è anche perché non ha paura di sbagliare.

binotto
leclerc binotto
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