MA NON S'ERA DETTO CHE AL MONDIALE NON SI DOVEVA PARLARE DI POLITICA? - LE NAZIONALI CHE HANNO CRITICATO LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI E CIVILI IN QATAR, SONO STATE "SILENZIATE" - MA I TIFOSI DELLE SQUADRE ARABE, MAROCCHINI IN TESTA, ESPONGONO LA BANDIERA PALESTINESE IN CHIAVE ANTI-OCCIDENTE E I GIORNALISTI ISRAELIANI VENGONO OSTEGGIATI - MORALE DELLA FAVA? IN QATAR SI PUÒ PARLARE DI POLITICA SOLO QUANDO CONVIENE…
-Daniele Dell'Orco per “Libero quotidiano”
Col passare delle settimane e con l'uscita di scena di molte delle nazionali più esposte politicamente come Germania, Inghilterra, Stati Uniti e Iran, al mondiale in Qatar preso d'assedio dai tanti interrogativi sulla tutela dei diritti civili, delle libertà individuali e del divieto per giocatori e tifosi di esporre simboli a sostegno delle comunità LGBTQ o di contestare apertamente il regime iraniano (che ha ottimi rapporti col Qatar), una battaglia è finita per sovrastare tutte le altre: quella del sostegno ai palestinesi della Striscia di Gaza e della West Bank.
Le ragioni sono tre: 1) l'edizione di quest' anno della Coppa del Mondo è la prima che si tiene in un Paese arabo. Pertanto, è stata più accessibile, dal punto di vista geografico, logistico e culturale, per centinaia di migliaia di persone della regione rispetto a qualsiasi altra Coppa del Mondo precedente; 2) tenendosi appunto in un Paese della Lega, gli arabi che contestano lo Stato di Israele nonostante gli equilibri politici tra Tel Aviv e le loro rispettive realtà, hanno avuto modo, tempo e spazio per riunirsi in gran numero senza timore di repressioni.
GIORNALISTI ISRAELIANI
Al contrario, sebbene Qatar e Israele non abbiano normalizzato le relazioni diplomatiche, i giornalisti israeliani sono stati ammessi nel Paese ma sono stati regolarmente rimbalzati o ostracizzati da tifosi libanesi, sauditi, marocchini, egiziani, giordani, qatarioti, yemeniti, tunisini, ma anche giapponesi, brasiliani, iraniani e altri, con i loro video mentre si rifiutavano categoricamente di farsi intervistare che sono diventati virali (alcuni inviati si sono dovuti spacciare per giornalisti dell'est Europa per poter raccogliere materiale); 3) la nazionale che più di altre ha fatto sfoggio della bandiera della Palestina è il Marocco, che essendo arrivata in semifinale è diventata la selezione più amata dagli anti-israeliani.
Ma, per estensione, tra gli anti-occidentali. Da Marocco-Belgio del 27 novembre, i magrebini hanno sempre festeggiato con la bandiera palestinese (poi anche con Canada, Spagna e Portogallo), intonato cori a sostegno degli arabi e, magari indirettamente, stimolato gli odiatori.
La bandiera della Palestina dal punto di vista dei 22 Paesi arabi e del mezzo miliardo di persone che li abita è un simbolo di resistenza non solo contro Israele ma anche contro l'Occidente suo alleato e anche, paradossalmente, contro l'ordine neocoloniale di alcuni degli stessi regimi arabi repressivi e che a loro volta fanno affari con l'Occidente.
Questo richiama alla memoria i momenti intensi delle primavere arabe, quando un po' dappertutto tra u disordini veniva sventolata la bandiera palestinese e i manifestanti cantavano «Palestina libera» insieme ai cori com le loro richieste di libertà e dignità. In Qatar, le prestazioni entusiasmanti del Marocco hanno elevato di nuovo la bandiera palestinese a simbolo dell'identità araba prima ancora che nazionale.
Così, il Marocco è diventata la squadra della "rivincita" araba e della lotta anche violenta contro le potenze occidentali e contro le autorità locali fronteggiate dai migranti di varie generazioni che nelle notti di follia post-gara hanno messo a ferro e fuoco le città. E il Marocco, oltre agli estremisti, è stato capace di conquistare i cuori anche degli anti-occidentali di casa nostra, che tifano Marocco giustificando o addirittura fomentando chi eccede.