IL PADRE DELLA PUGILE ALGERINA IMANE KHALIF MOSTRA I DOCUMENTI CHE DIMOSTREREBBERO CHE LA FIGLIA È NATA DONNA: “È UNA RAGAZZA, ERA SOLO PIÙ FORTE DI ANGELA CARINI” – L’ANALISI DEL GENETISTA BRUNO DALLAPICCOLA: “DA QUELLO CHE HO VISTO, POTREBBE TRATTARSI DI UNA PERSONA CON SINDROME DI MORRIS, CIOÈ UNA FEMMINILIZZAZIONE TESTICOLARE. È UNA FEMMINA, MA CON CROMOSOMI XY, CON UN TESTICOLO CHE PRODUCE TESTOSTERONE…” - IMANE HA VINTO ANCHE IL MATCH CONTRO L'UNGHERESE ANNA LUCA HAMORI, E VA DRITTA VERSO LA MEDAGLIA, COME LE HA AUGURATO ANGELA CARINI - VIDEO
The Olympics allowed a biological man, Imane Khelif, to fight as a woman despite his XY chromosomes. The end result?
“I have never been hit so hard in my life.”
Italian Olympian Angela Carini lasted 46 seconds before quitting due to how painful it was. It’s just shameful that… pic.twitter.com/OWhKggM7qe
— Robby Starbuck (@robbystarbuck) August 1, 2024
Olimpiadi Parigi, il padre di Imane Khelif: «Mia figlia più forte della pugile italiana»
Omar Khelif, padre della pugile algerina Imane Khelif, difende la figlia dopo la controversia sulle regole di idoneità di genere alle Olimpiadi. «Mia figlia è una ragazza, l'ho cresciuta per essere laboriosa e coraggiosa» afferma, sperando che Imane vinca l'oro e alzi la bandiera nazionale a Parigi. Imane Khelif, Angela Carini risponde alle polemiche: «Mi auguro arrivi in finale e vinca le Olimpiadi»
IL GENETISTA DALLAPICCOLA SULLA PUGILE IMANE KHELIF:«POTREBBE AVERE LA SINDROME DI MORRIS. È DONNA MA ALCUNI ASPETTI VANNO CHIARITI»
Claudio Arrigoni per www.corriere.it
Professor Bruno Dallapiccola, lei che è un luminare internazionale degli studi sulla genetica, che idea si è fatto sulla pugile algerina Khelif?
«Una considerazione: è una questione etica. Molto complicata. La scienza può aiutare, ma questo è da tenere presente. Possiamo spiegare casi clinici, ma le regole toccano a chi dirige lo sport».
Torniamo a Khelif.
«Posso avere un’idea relativa, non avendo visto le cartelle cliniche. Da quello che ho visto, potrebbe trattarsi di una persona con sindrome di Morris, cioè una femminilizzazione testicolare. Colpisce una su 30 mila circa».
Che cosa comporta?
«Se, come appunto pare, ha la sindrome di Morris, è una femmina, ma con cromosomi XY, con un testicolo che produce testosterone, di solito rimosso prima della pubertà per evitare complicazioni anche gravi. In questa condizione, ci sono coloro che hanno insensibilità al testosterone, altre solo parziale. Sarebbe da valutare quello».
In che senso?
«Se fosse solo parziale inciderebbe sulla massa muscolare, allora sarebbe da capire se è corretto che nel pugilato possa combattere con le donne. Probabilmente no».
Come pensa la abbia Khelif?
«Valutando solo dall’aspetto fisico, direi parziale».
Khelif però non è imbattibile, ai Giochi di Tokyo, per esempio, è stata eliminata ai quarti di finale.
«Il testosterone è un fattore, ma ci vuole anche altro: talento, tecnica, allenamenti».
[…] Insomma, per lei è giusto che Khelif competa nella categoria femminile?
«Essendoci la divisione fra maschi e femmine, può competere fra le donne. Ma […] Occorrerebbe mettere una soglia armonizzante a livello internazionale. Il Cio e le Federazioni dovrebbero fare valutazioni insieme a esperti, ognuno con le sue competenze, e fare delle scelte su un livello fisso e non variabile». […[
IMANE, IL COUS COUS, LE SFIDE SUL RING A 15 ANNI E LO STOP SOSPETTO
Estratto dell’articolo di Marco Bonarrigo per il “Corriere della Sera”
«Sono nata nelle campagne di Tiaret, un villaggio dell’Atlante. Ho cominciato a boxare lì, poi i primi combattimenti in altre città algerine e poi all’estero. Vengo da una regione conservatrice e da una famiglia tradizionalista: il pugilato è roba da uomini, che una donna voglia praticarlo è quasi blasfemo. All’inizio ho faticato tanto, dovevo andare e tornare a piedi da casa alla palestra lontana 10 chilometri e tutti mi guardavano male».
Al centro di una clamorosa bufera mediatica, a Imane Khelif, la pugile algerina che giovedì ha battuto per abbandono la nostra Angela Carini, è stato offerto pochissimo spazio per presentarsi. Le parole che riportiamo sono estratte da una delle rare interviste di questa 25enne del Civil safety boxing club che parla arabo e francese e che da bambina per guadagnare qualche dinaro raccoglieva e rivendeva oggetti di metallo e aiutava la madre a cucinare e vendere cous cous in un mercato rionale.
Imane indossa i guantoni a 15 anni e si affaccia all’alto livello nel 2018 ma senza stupire: è 17ª ai Campionati del mondo in India mentre nel 2019 a Mosca non va oltre il 33° posto. Quinta alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021 (dove rischia di finire al tappeto con l’irlandese Harrington che la strapazza per 5 a 0), è argento al Mondiale di Istanbul 2023 dove un’altra irlandese, Amy Broadhurst, non le concede nemmeno una ripresa. Imane vince parecchio (mai per Ko) ma perde ben 13 volte su 50 incontri. Insomma, non pare un fenomeno.
La vicenda della sua squalifica (e di quella dell’atleta di Taipei Lin Yu Ting, anche lei Dsd, con «differenze dello sviluppo sessuale») ai Mondiali 2023 di Nuova Delhi merita un approfondimento perché alla prova dei fatti la tesi che circola in questi giorni, promossa anche dalla politica italiana […] presenta molti punti deboli.
Iscritta in India al torneo dei Welter […] Imane arriva in semifinale con un percorso netto […] Ma il 25 marzo, alla vigilia del match per l’oro, Khelif riceve nella sua stanza d’albergo un controllo medico a sorpresa con prelievo del sangue. Poche ore dopo viene espulsa dal torneo per mancato rispetto delle «regole di partecipazione».
Che test ha subito Kelif e perché è stata espulsa? La Iba (cacciata mesi fa dal Cio per malversazioni e sollevata dal ruolo di organizzatrice del torneo olimpico) rifiuta di spiegarlo, adducendo motivi di privacy e ammettendo solo che «non ci si è basati sui valori di testosterone». Approvata all’unanimità e senza discussioni dal Council della Iba, la proposta di squalifica è arrivata a sorpresa poche ore prima della finale dal segretario generale e dal presidente Umar Kremlev, pupillo di Putin.
Khelif viene spedita a casa, la thailandese Suwannapheng, che lei aveva battuto, promossa in finale. Il presidente del Council che approva la decisione si chiama Pichai Chunhavajira, è thailandese come l’atleta e vicinissimo a Kremlev. Discorso speculare per la categoria 60 chili, dove l’atleta di Taipei Lin Yu Ting viene cacciata dopo aver perso la semifinale con la kazaka Ibragimova. […] Chi cerca pezze d’appoggio regolamentari per spiegare i provvedimenti […]non le troverà: la federazione internazionale di boxe ha promulgato uno schematico regolamento sulla partecipazione degli atleti intersex soltanto sei mesi dopo quei Mondiali. Difficile giustificare la retroattività dell’espulsione che appare sempre di più come frutto di un’azione politica mirata.