IL POMO DI ADANI – GIANCARLO DOTTO E IL GIALLO A "SKY CALCIO": "PERCHE’ LELE E’ SPARITO DAI COMMENTI IN STUDIO? UNO COME ADANI CHE NON SA FARE LA PECORA ASTEMIA (VEDI SCONTRO CON ALLEGRI) E' PROBABILE, PER NON DIRE CERTO, CHE SIA POCO SOPPORTABILE DA UN TEAM CHE HA SCELTO LA NINNA NANNA COME COLONNA SONORA E IL CONDOM COME DIVISA" - SARÀ MICA ANCHE L’“INELEGANTE” SUCCESSONE POP CON VIERI CHE HA INFASTIDITO QUALCUNO NELLA STANZA DEI BOTTONI?" - QUANDO ADANI ATTACCO' CAPELLO E IL "CLUB" DI CARESSA - VIDEO
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Giancarlo Dotto per Dagospia
Grosso guaio a Skytown, sezione calcio. Se non è un guaio, certo è un giallo. Se non è un giallo, di sicuro è un mistero. Che fine ha fatto Daniele Adani, per gli amici Lele? Ok, la sua seconda voce, mai stata seconda, è ancora udibile qua e là nelle telecronache della serie A. Ma, intanto, sarà davvero lui o qualcuno che lo imita maldestramente? L’equivalente dei sagomati che fanno il verso ai tifosi negli spalti. No, io non mi faccio fregare. Non ditemi che quello è Lele Adani. Il pallone televisivo è ripartito, ma i conti e i Lele non tornano. Che fine ha fatto la traboccante esuberanza dell’uomo che divora calcio e tracanna lattine di coca zero? Mai stato così misurato, mai stato così spassionato.
La competenza non basta a definirlo. Il vero Lele Adani è incandescenza pura, brucia a orecchio, si accende come uno zolfanello a ogni schizzo artistoide del pallone. Parte e deraglia, non lo fermano nemmeno dodici gorilla armati di catene. È anche lui preda dell’horror vacui da stadi deserti e suoni spettrali? Gli mettono il bromuro nella coca zero? Qualcosa lo infelicita e non sappiamo cosa?
E poi, altro mistero, perché non fa più coppia fissa con Riccardo Trevisani, gemello di deliri calcistici? Coppia amata o detestata, di sicuro la più riconoscibile delle telecronache calcistiche, insieme alla storica Caressa-Bergomi che gioca ormai a fare la citazione di se stessa. Scelta stravagante. I due si sono venuti a noia, hanno litigato per una donna o c’è dell’altro che accade e non sappiamo a Skytown?
Ma dove il mistero diventa fitto e indecifrabile è nella sparizione radicale di Lele Adani dai commenti in studio del sabato e della domenica. Ora, potete pensarla come volete, che il ragazzo a volte esagera, a volte inquietante quando ti pianta addosso quei suoi due fari morbosi, di sicuro nessuno può negare che sia una splendida e riconoscibile anomalia nel mucchio anonimo della chiacchiera televisiva da pallone. Più che mai a Skytown calcio, dove la linea guida è quella dell’induzione alla pace dei sensi, a botte di melassa curiale.
L’Adani, per dirne una, che va allo scontro frontale con il conte Max Allegri è una medaglia al valore per qualunque televisione che voglia sbattere in faccia ai detrattori la sua indipendenza. Per dirne un’altra, l’evidente rispetto con cui tutti quelli che fanno calcio, Allegri escluso, lo ascoltano. Dunque? Mistero. Perché fai fuori il tuo Monaco Febbrile, se è quello che più di ogni altro scalda cuori e umori? Quello che ti aiuta a rendere più sopportabile la pappa melensa che lo segue o lo precede. Perché a Skytown si mette al centro della scena la voce querula da finto dandy addestratore di uccelli a tempo perso e coliche immanenti di Alex Del Piero e non si avverte la necessità, da spartito orchestrale, di accoppiarla a quella testosteronica di Lele Adani?
Perché mi confezioni uno spot da collasso glicemico dove ci metti dentro tutti, ma proprio tutti, i leggiadri rutti dell’abecedario demagogico, i morti da Covid e i medici eroi, bestie e santi, George Floyd soffocato a Minneapolis, Mohamed Ben Ali carbonizzato a Foggia, Sarah Hijazi suicida non so dove, una minestra oscena del “famoli tutti piagne’ questi babbuini all’ascolto”, che le lacrime sì “sono finite”, è vero, ma perché cadute nel piatto del vomito dove sgocciolano gli inascoltabili suoni del dandy, fessi come una moneta falsa, e poi mi covi al tuo interno il sacrificio dell’alterità?
Probabile, per non dire certo, che uno come Lele Adani sia poco sopportabile per un team che ha scelto la ninna nanna come colonna sonora e il condom come divisa, salvo darsi poi a intervalli regolari la redenzione dell’anima con le scosse adrenaliniche di Buffa, l’altro mondo a parte di Skytown.
Detto di Buffa, va capita la beffa. Il Lele è tutt’altro che un solista spocchioso. Adora stare in gruppo, scodinzola, gli piacciono i confronti, meglio se aspri, sa anche zittirsi e ascoltare se è il caso, ma non sa fare la pecora astemia. Il suo guaio è ontologico, lo accompagnerà in ogni fase della sua vita (da calciatore non era diverso), uno che potrebbe essere uscito da una tela mistica del Prado, da una notte bianca di Fiodor Dostoevskij ma anche da una discoteca di Rimini o da una maratona web con Bobone Vieri (sarà mica anche questo “inelegante” successone pop che ha infastidito qualcuno nella stanza dei bottoni?).
A dirla tutta, lo scandalo Lele è facile da leggere, impossibile da correggere. Come si permette questo ragazzone arcaico, tutto sangue, nervi e passione, d’imbrattare la plastica inodore dei pavidi custodi della propria pagnotta? Skytown non riesce a collocarlo così com’è nel suo mondo. Troppo ingombrante. Il rigetto appare evidente e i vertici dell’azienda sono troppo impegnati nelle alte strategie di riconversione e diversificazione per occuparsi di cosa bolle nella pentola del sottosuolo. Non si scappa. Esclusa una rivolta solidale dei suoi colleghi, il Lele Furioso e Reietto dovrà trovarsi un cantuccio, inventarsi una divisa su misura o cercarsi altri mondi meno inospitali.