PRUZZO SENZA FONDO! - “LO SCUDETTO DELL’83 FU LA MIA RIVINCITA PER IL MANCATO MONDIALE. FUI IGNORATO BENCHÉ RE DEI BOMBER. BEARZOT NON MI VEDEVA” – L’EX BOMBER DELLA ROMA ROBERTO PRUZZO: “LA COPPA CAMPIONI PERSA ALL’OLIMPICO CONTRO IL LIVERPOOL? FA MALE. ERA RARO CHE MI INFORTUNASSI E CAPITÒ PROPRIO QUELLA NOTTE” - “NON È VERO CHE HO SMESSO DI FUMARE PER CONQUISTARE ERIKSSON. PERÒ A UN CERTO PUNTO, DAVANTI A BISBIGLII CHE MI DIPINGEVANO VECCHIO, MI GIRARONO I COGLIONI E QUINDI…”
-Estratto dell’articolo di Antonio Barillà per “la Stampa”
Gli amici lo chiamavano Livio. «Come Berruti perché era velocissimo» ricordano a Crocefieschi, dove tutto è cominciato. Roberto Pruzzo, […] Da quel paesino nell'entroterra genovese, è arrivato ai vertici del calcio, vincendo tre volte la classifica dei cannonieri di Serie A e conquistando, come Berruti, l'Olimpico: non bruciando i 200 piani, ma conquistando uno scudetto storico.
Pruzzo, le sue biografie web narrano d'uno zio che conosceva Fossati, presidente del Genoa....
«Balle. O come si dice oggi fake news. Nessuno zio ristoratore dove il presidente mangiava né benzinaio dove si riforniva. Fu il mio amico Remo Poggi a cambiarmi vita portandomi a Pegli. Avevo quindici anni e nessuna esperienza in un settore giovanile: mi divertivo più nei tornei dei bar con i più grandi. Mi pagavano pure, cinquanta o cento lire ogni volta».
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Lo zenit nel 1982-1983.
«Uno scudetto fantastico: la certezza matematica arrivò a Marassi contro il Genoa, e fu decisiva una mia rete: ero a casa mia, ma per la gioia feci mezzo giro di campo e nessuno me l'ha mai rinfacciato: la sincerità viene sempre apprezzata, certe esultanze trattenute non le capisco».
Il tricolore fu un piccolo risarcimento per il Mondiale '82 sfumato: era stato capocannoniere, ma rimase a casa.
«Di Mondiali ne ho persi tre, non uno: già nel '78 la convocazione poteva starci e nell'86, come quattro anni prima, fui ignorato benché re dei bomber. La verità è che Bearzot non mi vedeva: all'Europeo dell'80 mi portò, ma credo d'essere rimasto fisso in tribuna. Però ho sempre tifato Italia e non sono mai stato arrabbiato o triste, mi confortava sapere di aver dato tutto e comunque all'epoca c'erano grandissimi attaccanti. La delusione della mia carriera è un'altra».
Facile: Roma-Liverpool, finale di Coppa dei Campioni persa all'Olimpico.
«Avevo pareggiato il gol di Neal, ma dopo un'ora ho dovuto abbandonare: era raro che mi infortunassi e capitò proprio quella notte. Perdere la Coppa ai rigori fa male, non poter dare una mano di più».
[…] Arrivò Eriksson.... […] Le biografie web narrano che per conquistare lo svedese smise perfino di fumare...
«Altra balla. O fake. Le sigarette sono rimaste. Però è vero che a un certo punto, davanti a bisbiglii che mi dipingevano vecchio e voci su nuovi attaccanti, mi girarono i coglioni: "Fermi un attimo, ora vi faccio vedere chi sono". E a 31 anni, per la terza volta, diventai capocannoniere».
Lasciò Roma nell'88, con il record di 138 gol.
«L'ha battuto soltanto Totti e non poteva essere altrimenti: grande campione e carriera tutta giallorossa. Giocai ancora una stagione a Firenze, dietro Baggio e Borgonovo. Segnai un solo gol, all'ultima partita, nello spareggio di Perugia per l'ingresso in Coppa Uefa. Sapete a chi? Alla mia Roma. Esultai anche quella volta e i tifosi capirono».
Il record di 5 gol in 90 minuti resiste...
«Li feci all'Avellino, Klose l'ha eguagliato. Il quinto arrivò su un rigore che volevo lasciare a Boniek mentre lo stadio spingeva perché tirassi io in modo da entrare nella storia: ce lo giocammo a pari e dispari e toccò a me, era la mia giornata».
[…] Oggi Pruzzo fa il ristoratore?
«Balla. O fake. È mia figlia Roberta che ha aperto un'enoteca a Lido di Camaiore: l'ha chiamata Il 9, il numero della mia vita. Solo in nazionale non l'ho avuto, le maglie che ho conservato vanno dal 13 in su. E anche questo aiuta a capire quanto poco Bearzot mi vedesse...»
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