"BERRETTINI GORILLONE MALIARDO, DONNARUMMA CALAMARO GIGANTE" – DOTTO: "MATTEO E GIGIO SONO DUE CREATURE MITOLOGICHE, PROTOTIPI VINCENTI DI UNA NUOVA SPECIE CHE MARCIA INESORABILE VERSO UNA SOLA DIREZIONE: IL POST-UMANESIMO. BERRETTINI HA TRASFORMATO WIMBLEDON IN UN POLIGONO DI TIRO. LA SCONFITTA CON DJOKOVIC NON FA TESTO" – E DONNARUMMA…
-Giancarlo Dotto per il "Corriere dello Sport"
Smaltita la consueta orgia di amor patrio usa e getta, format collaudato e sbandierato dalla notte di Italia-Germania, più di mezzo secolo fa (cambiano i soggetti festanti, per artrosi, demenza o morte sopraggiunta, non cambia il copione), di questa domenica benedetta domenica restano due creature mitologiche (che lo sport altro non è, fabbrica incessante di miti): il nostro Gorillone Maliardo e il nostro Calamaro Gigante. Matteo Berrettini e Gigio Donnarumma.
La racchetta impugnata come una mazza ferrata, i guantoni che diventano tentacoli. Ventose letali. Tutto il resto evapora in fretta. A eccezione dell’abbraccio di Mancini e Vialli a fine partita, un crudele fuori tempo massimo per il talento sepolto di De Amicis. Vittorie, sbornie, eroi, equivoci, abbracci. Tutto, in ogni caso, molto italiano.
Imprese a parte, Matteo e Gigio sono i prototipi vincenti di una nuova specie che marcia inesorabile verso una sola direzione: il post-umanesimo. L’umano non ne può e non ce la fa più a barcamenarsi nelle sue spoglie mortali. Scienza, medicina, tecnologia, intelligenza artificiale avanzano alleate verso la costruzione della nuova “creatura” bionica.
L’esemplare perfetto? Chi può dire? Sarà infinitamente più performante, camperà molto di più, probabilmente godrà molto di meno a giudicare dalla visibile e imperforabile apatia dei nostri adolescenti, sempre più incapaci di discernere il sé reale da quello virtuale. Ammazzeranno e si uccideranno di più, ma senza sapere perché, senza ispirare lettere d’addio alla Cesare Pavese o romanzi alla Dostoevskij.
Il nostro Matteo è ancora un delizioso ibrido nella transizione di specie. Gioca un tennis alla Frankenstein, ha trasformato Wimbledon in un poligono di tiro. Sarà il colpo di grazia alla generazione dei Roger Federer, farà penare e porterà alla follia l’ultimo dei mohicani, Denis Shapovalov, un “piccoletto” leggiadro di 1 metro e 85, ma ha un cuore tenero, oltre l’avvenenza clamorosa che ha sedotto milioni di donne, incluse le nostre. Un sorriso che, a quanto si dice, ha steso anche la consorte del Duca di Kent.
La sconfitta con Djokovic non fa testo. Nole è già un androide bello, fatto e assassino. In meno di cinque anni verrà al mondo il suo replicante più alto di 10 centimetri, senza allergie e muscolarmente più esplosivo. Perché Nole non emoziona? Ve lo siete chiesto? È un grande tennista, è affabile, sa stare al mondo ma, fateci caso, è come se fosse un software perfetto. Incluse le urla bestiali che molla sul court. Sembrano esplose anche quelle da una sorgente digitale, un applicativo studiato nei dettagli.
A proposito di creature mitologiche (non è un caso che il saluto a Palazzo Chigi di Super Mario Draghi al Calamaro Gigante sia stato particolarmente affettuoso). Gigio Donnarumma è innaturale. Aveva 16 anni e già spopolava. A 22 anni è il miglior portiere del mondo. La cosa non lo smuove più di tanto. È un supereroe, ma appartiene alla generazione dall’emotività circoncisa. Se il Gorillone Maliardo spazza via gli esteti del tennis, il Calamaro Gigante spazza via i folli e gli acrobati dei pali. I tre bebè che la frigida testa di Southgate manda al macello vanno al dischetto come si va al plotone d’esecuzione, terrorizzati da una visione che coincide con l’incubo: la porta ridotta a un francobollo, presidiata da una bestia enorme, che non definirei nemmeno ostile, ma inesorabile e, per fortuna, stava dalla nostra parte. Dovevi mandare lì degli assassini, magari ruvidi di piedi, altro che i bebè, se hai un minimo di sale nella zucca.
Fa strano, piuttosto, pensare che uno come Gigio Donnarumma stia nella stessa porta di Pierluigi Pizzaballa. È vero che le abilità a colpire crescono di pari passi a quelle del difendere, ma non è anacronistico uno sport che conferma misure e dimensioni spazio-temporali di un’epoca in cui gli atleti disponevano di un terzo della capacità atletica, muscolare, polmonare di oggi? Meno di un terzo della loro scaltrezza tattica.
Sempre in tema di androidi incombenti e per restare agli Europei appena finiti in gloria.