"ORA DOVRÒ PAGARE DA BERE A TUTTI. PRIMA VOGLIO DORMIRE. NEGLI ULTIMI DUE GIORNI NON HO CHIUSO OCCHIO" - ANGE CAPUOZZO RACCONTA IL SUO SEI NAZIONI DA SOGNO, CON LE DUE METE ALL'ESORDIO CONTRO LA SCOZIA E LA CORSA CHE HA REGALATO LA PRIMA VITTORIA DELL'ITALIA IN SETTE ANNI - "È STATA UNA VITTORIA FONDAMENTALE PER LA CREDIBILITÀ E IL RISPETTO A LIVELLO INTERNAZIONALE. DA TEMPO LA NOSTRA IMMAGINE ERA DEBOLE." - "SE HO LA MEDAGLIA DI UOMO DEL MATCH DI JOSH ADAMS? NO, CE L'HA LUI. IL SUO GESTO È STATO DAVVERO DI CLASSE, GIÀ IL FATTO CHE ME L'ABBIA OFFERTA È STATO IMPORTANTE…"
-Simone Battaggia per “la Gazzetta dello Sport”
Il ragazzo che ha scosso il rugby europeo è tornato a casa, a Grenoble. Ha il telefono stracolmo di messaggi e una discreta lista di interviste da fare. Tutti vogliono Ange Capuozzo, l'estremo che sabato, allo scadere di Galles-Italia, si è inventato una meta - poi realizzata da Padovani - che ha dato agli azzurri una vittoria che nel Sei Nazioni mancava da 36 incontri e che ha dimostrato a tutti che il rugby è intelligenza, genio, coraggio e non soltanto forza.
Per un mondo abituato da più di vent' anni a fisici mostruosi, agli autoscontri, vedere un ragazzino di 22 anni e di 71 kg che spacca in due la difesa del Galles è stata una boccata d'aria fresca, oltre a un godimento estetico. L'elezione a giocatore del 5° turno del Torneo è solo l'ultima conferma.
Ange, Come sta?
«Bene. Sono state 40 ore di festa, abbiamo celebrato un momento speciale e bello. Sono tornato a Grenoble domenica sera con la famiglia. Ora dovrò pagare da bere a tutti. Prima voglio dormire. Negli ultimi due giorni praticamente non ho chiuso occhio, ero troppo agitato».
Domanda di storia. Cosa avvenne nella sua città il 22 marzo 1997, esattamente 25 anni fa?
«Lo so, l'Italia batté per la prima volta la Francia, 32-40, e dimostrò di meritare il Sei Nazioni. Papà c'era, si ricorda bene».
Si è reso conto che la vittoria di sabato a Cardiff ha un valore simile per il rugby italiano?
«È stata una vittoria fondamentale per la credibilità e il rispetto a livello internazionale. Da tempo la nostra immagine era debole. Serviva una grande partita, una prestazione bella, una di quelle gare che meriti di vincere dall'inizio alla fine. È importante anche esserci riusciti alla fine del Torneo. Contro la Francia avevamo giocato bene nel primo tempo, contro la Scozia abbiamo mostrato delle cose belle nel secondo. Vincere però fa una differenza enorme».
In quell'ultima azione, mentre correva con la palla in mano, ha avuto per un attimo la tentazione di piegare verso l'interno, di andare lei a prendersi la gloria in mezzo ai pali?
«No. Passare il pallone a Edoardo è stata la cosa normale. Non ero sicuro di arrivare in fondo da solo, c'era un ultimo difensore da battere, avrebbe potuto placcarmi. Per rispettare il gioco era importante fare quel passaggio, anche perché la corsa di Edoardo Padovani in sostegno era perfetta».
E quindi ha puntato la bandierina per attrarre l'uomo e per liberare Padovani.
«Esattamente. Non si poteva fare in altro modo, soprattutto con sei punti da recuperare».
C'era anche la sua fidanzata Emma, a Cardiff?
«Sì, lei con i miei genitori, mia sorella, zii, cugini e amici. C'era tutta la famiglia».
Dopo le due mete in mezz' ora contro la Scozia aveva detto che la sua partita non era stata perfetta. Come valuta gli 80 minuti col Galles?
«Questa volta mi sono sentito molto più calmo, concentrato, sono entrato in partita prima. La performance collettiva della squadra è stata buona, anche in questo caso non perfetta ma comunque buona. Così individualmente è stato più facile».
Ha già vinto una partita al Sei Nazioni. Quali altri sogni ha, in maglia azzurra?
«Giocare di nuovo, solo questo. E poter cantare ancora l'inno».
Ma la medaglia di uomo del match che Josh Adams le ha offerto alla fine della partita, alla fine è rimasta a lei?
«No, ce l'ha lui. Il suo gesto è stato davvero di classe, già il fatto che me l'abbia offerta è stato importante. L'uomo del match è lui ed è giusto che la tenga lui».
Quali erano i suoi idoli rugbistici, quando era bambino?
«Ne avevo due. Sireli Bobo, l'ala figiana di Biarritz, e poi Christophe Dominici. Due ali».
Domanda del diavolo. Un ragazzo formato in Italia sarebbe riuscito a "leggere" la difesa e a trovare lo spazio per quell'attacco come ha fatto lei?
«Assolutamente sì. Quando ho guardato le immagini del rugby italiano, ho sempre visto che c'erano tanti atleti che possono fare la differenza. E poi è vero che sono nato in Francia, ma sono italiano. Quell'azione da meta è nata da un giocatore italiano».
È vero che suo padre ha scommesso con gli amici che lei diventerà il miglior marcatore di sempre dell'Italia?
«No. Però mio zio prima della partita ha mandato un messaggio sul gruppo whatsapp di famiglia: "Al 78' sarà 20-20 e poi Ange segnerà la meta della vittoria". Io ho risposto "Ok, lo spero"».