"L’ITALIA VA AVANTI, IL CALCIO NON E’ SEMPRE UNA QUESTIONE DI MERITI" – RONCONE: “SOFFRIAMO MA PASSIAMO. GLI AZZURRI SONO IMPRECISI E PREOCCUPATI. JORGINHO È (QUASI) UN EX CALCIATORE. DOVREBBE DETTARE I TEMPI DELLE NOSTRE RIPARTENZE, E INVECE LA PASSA INDIETRO, OPPURE DI LATO. BARELLA SI RITROVA SOLO. RASPADORI GIRA A VUOTO. DONNARUMMA DIMOSTRA D’ESSERE L’UNICO CAMPIONE IN CAMPO. COSA PUO’ INVENTARSI SPALLETTI?” – NEL CENTROCAMPO DELLA NAZIONALE SI AGGIRANO DUE FANTASMI: PELLEGRINI, CHE SEMBRA IL NONNO DI MODRIC, E FRATTESI (CHE HA CAUSATO PURE IL RIGORE DEI CROATI…)
Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera - Estratti
Pazzesco, calmi, è andata. L’Italia soffre tremendamente e arriva sull’orlo del pozzo, guardiamo giù nel buio, stiamo per scivolare.
Poi però spunta Zaccagni e la butta dentro. Si può spiegare solo così: la butta dentro.
Restiamo nell’avventura di questo Europeo pareggiando con la Croazia ed è abbastanza emozionante, adesso, vedere i nostri tifosi mentre sulle tribune si abbracciano increduli, cantando l’Inno di Mameli. Da qualche parte nel cuore tutti avevamo uno spazio speciale per una storia come questa. Ce la meritiamo?
Il calcio non è sempre una questione di meriti.
Certo ci sono tante cose da pensare e da scrivere (lo sguardo scorre sulla panchina azzurra e lì c’è Luciano, con quella sua brace di nuovo negli occhi, e ci sono molti azzurri che stramazzano, esausti, sull’erba). Siamo stretti in un’allegria piena di stupore.
(...) dopo venti minuti la Croazia ci sta facendo ballare. Palleggiano al loro ritmo, il solito valzer lento, pieno di sussiego e grazia, sanno come si sta in campo, sono mestieranti di altissimo livello e noi, invece, cincischiamo, siamo contratti, imprecisi, preoccupati.
(...) A minare nel profondo la nostra autostima sono stati gli spagnoli, prendendoci a pallate. Spalletti ha perciò avuto un lampo di vecchia saggezza contadina, di volgare pragmatismo: e ha deciso di rinunciare a progetti tattici di gloria — niente calcio relazionale, insomma — schierando i nostri con una difesa a tre, che di fatto diventa a cinque, perché Di Marco e Di Lorenzo, sulle fasce, si abbassano spesso. Quando però prendono coraggio e provano a salire, la Croazia sembra andare in affanno. Un paio di fiammate azzurre poco prima della mezz’ora. Poi, con calma, la loro calma, i croati riprendono il controllo della serata.
Spalletti, che facciamo?
(...) Jorginho, a questi livelli, è (quasi) un ex calciatore. Dovrebbe dettare i tempi delle nostre ripartenze, e invece la passa indietro, oppure — se va bene — di lato.
Non osa una verticalizzazione, non trova corridoi. Ogni tanto prova a buttarsi dentro Barella, ma si ritrova solo. Raspadori gira a vuoto.
Appare netta la difficoltà degli azzurri a cercarsi, a trovarsi all’interno di schemi semplici, però inediti, raramente provati in allenamento. Pellegrini sarebbe quello con il compito di darci un po’ di imprevedibilità. In realtà si abbassa, risale, galleggia sulla trequarti: e, ogni tanto, va pure a prendersi Modric, il vecchio Modric.
Che trotterella, bascula a centrocampo, per poi finire sotto la tribuna e tutti noi italiani lì a tremare, ad aspettarci un numero, una genialata. Con un po’ di onestà intellettuale, bisogna ammettere che è abbastanza imbarazzante provare simili sensazioni davanti a un calciatore che viaggia verso i 39 anni.
Non che sia meno spiacevole, frustrante, tenersi informati sul risultato di Spagna-Albania (sono avanti gli spagnoli per 1-0). Del resto è da giorni che facciamo calcoli, immaginando i vari incastri, le combinazioni che l’Italia ha per riuscire a passare questo turno. Intanto è passato il primo tempo e, scrivendo, ci si ritrova dentro il secondo. C’è uno che avverte: «È entrato Frattesi al posto di Pellegrini!». Frattesi? Alzi la testa, e Frattesi fa fallo di mano. Rigore.
E adesso? Modric contro Donnarumma. Che però dimostra d’essere l’unico nostro vero campione in campo. Perché Gigio glielo para, il tiro.
Un po’ baldanzosi, si prende un appunto mentale: restiamo in partita.
Neanche a portarsi sfiga da soli. Perché nemmeno un minuto dopo (Carlo Passerini, che è seduto qui accanto, dice: «Un minuto esatto»), la Croazia segna. Con una zampata di Modric, nell’area piccola (facevamo bene a preoccuparci di questo magnifico piccoletto: Bobo Vieri e Ventola forse devono aspettare ancora un po’, prima di invitarlo a Formentera, ai loro tornei di padel).
Siamo sotto. Il nostro cittì incassa le spalle, china la testa, infila le mani in tasca. Il linguaggio del corpo, Luciano. Lo sappiamo cosa stai pensando. Ed è un po’ quello che stiamo pensando tutti. Cosa puoi inventarti? Andiamo avanti con una cronaca battente piena di azioni confuse. L’Italia è stordita, disorientata, e arranca.
Guardi l’orologio. Stai per scrivere che è tutto finito, che dovremo sperare d’essere ripescati e invece senti un boato: allora c’è che alzi gli occhi e vedi Zaccagni che corre, e la panchina che balza in piedi e gli va incontro, e allora è chiaro che devi anche cambiare l’attacco del pezzo.