"A SCUOLA MI CHIAMAVANO 'STUPIDA' E MI PRENDEVANO IN GIRO PER LA DISLESSIA. LA PALLAVOLO MI HA SALVATO" - LA STORIA DELLA PALLAVOLISTA MARTINA MORANDI, AFFETTA DA DISTURBI DELL'APPRENDIMENTO CHE HA ESORDITO IN SERIE A CON BUSTO ARSIZIO: "IN CAMPO NON SENTO LA DIFFERENZA CON LE ALTRE. LO SPORT MI HA AIUTATO A PENSARE CHE LA DISLESSIA NON È UNA MALATTIA, FAI SOLO PIÙ FATICA A COMPRENDERE" - "ADESSO GLI ALLENATORI SONO PIÙ EVOLUTI, HANNO INIZIATO A CAPIRE CHE…"

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https://www.repubblica.it/sport/vari/2024/10/08/news/martina_morandi_intervista-423541953/

 

martina morandi

Estratto dell'articolo di Mattia Chiusano per “la Repubblica”

 

[…] Nella Serie A1 di pallavolo femminile, il torneo dove giocano le campionesse olimpiche di Parigi, ci sarà un debutto molto speciale. Non ha vinto ori, Martina Morandi, ma una battaglia molto più complessa, destabilizzante: prima di scoprire il volley, di diventare un libero, di essere ingaggiata a 22 anni dalla Eurotek Uyba Busto Arsizio (la squadra che ha riportato Julio Velasco nel volley femminile), è stata una bambina che ha sofferto i Dsa, i disturbi specifici dell’apprendimento che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare. […]

 

martina morandi

Nelle classi coi suoi compagni?

«È stato difficile con la dislessia, mi rinchiudevo in me stessa, non avevo tanti amici. Mi dicevano “non ci arrivi alle cose”, “se hai bisogno delle mappe concettuali allora sei, tra virgolette, stupida”.

Vedevano che mi guardavo intorno, non fissavo il mio interlocutore e questo veniva considerato una mancanza di attenzione. Io invece ascoltavo, ma volevo avere tutto sotto controllo».

 

Nessuno aveva comprensione alle elementari?

«È stato il periodo più difficile, quando ho scoperto che facevo fatica a parlare, a leggere ad alta voce, i compagni mi prendevano in giro, “non riesci neanche a pronunciare una frase”, “perché leggi così sfalsato?”. Le prese in giro sono state pesanti. Coi miei genitori abbiamo scoperto che si trattava di dislessia, ero pure disgrafica, invertivo le parole, non seguivo la riga. La maestra mi diceva: “Marti, hai dimenticato la riga sotto”, e io invece pensavo di averla letta».

 

Come entra la pallavolo nella sua vita?

martina morandi

«La neuropsichiatra disse ai miei genitori, quando avevo dieci anni: “Sarebbe meglio se la ragazza facesse uno sport di squadra, la aiuterebbe a superare le sue insicurezze”. Era vero. In campo non sentivo la differenza con le altre come a scuola, era come se tutto si annullasse, le etichette sparivano. Ero finalmente tranquilla, avrei voluto stare tutti i giorni in campo. Ho scoperto di essere super competitiva, se in classe prima stavo in un angolino, a un certo punto hanno cominciato a dirmi “giochi a volley? Che bello”. Lo sport mi ha aiutato a fare amicizia, a pensare che la dislessia non è una malattia, rispetto ad altri fai solo più fatica a comprendere, anche nello studio».

martina morandi

 

[…] Cosa deve capire un tecnico che allena una nuova Martina Morandi?

«Faccio un esempio: può aiutare tantissimo, come è capitato a me con allenatori inconsapevoli, trovare sul campo cerchi o strisce colorate. Quando gioco ho bisogno di punti di riferimento, la linea dei tre metri, dei nove, i cartelloni, per avere una concezione dello spazio. Poi la comunicazione, che è vitale con atleti con queste caratteristiche».

 

Gli allenatori sono finalmente all’altezza?

«Diciamo che sono più evoluti, addolciti, hanno cominciato a capire che non siamo tutti uguali, quindi ognuno è unico. Ma almeno in un caso come il mio, serve anche un po’ di severità: per essere richiamati a mettere ancora più attenzione».

martina morandi
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