LO RICONOSCETE A BRACCETTO CON GALLIANI? SI E’ FATTO 16 ORE IN MACCHINA PER PRESENZIARE AL FUNERALE DI BERLUSCONI - "IL PRESIDENTE ERA VERAMENTE UN SECONDO PADRE. MI VOLEVA BENE. ALL’INIZIO STAVO DIVENTANDO MATTO, VOLEVO TORNARE A CASA. DOPO SEI MESI HO CHIESTO DI ANDAR VIA… UNA VOLTA, HO RIFIUTATO DI ANDARE IN PANCHINA. È VENUTO FUORI UN CASINO. E BERLUSCONI…"

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Estratto da gazzetta.it

galliani savicevic

 

"Ho parlato con Daniele Massaro e gli ho detto che potevo prendere un aereo alle 11. E lui mi ha consigliato di aspettare, perché è un funerale di Stato, ci sono regole e restrizioni per la sicurezza. Va bene, capisco. Poi mi hanno richiamato e a quel punto sono partito in macchina, da Podgorica per Milano.

 

Cos’è stato Berlusconi per Dejan Savicevic?

"L’ho detto, un secondo padre. Sembra una parola grossa, esagerata. Ma è così. Sentivo che mi voleva bene, che mi stimava, mi difendeva. Anche troppo…".

 

In che senso?

"Ho fatto delle cazz... e ho sbagliato, ma lui sistemava tutto e mi diceva di stare tranquillo, di portare pazienza. Una volta, contro l’Anderlecht, ho rifiutato di andare in panchina. È venuto fuori un casino, Capello si è arrabbiato. Berlusconi ha dato ragione a Fabio, ma ha detto anche che Dejan va capito. È un fuoriclasse e soffre perché non gioca”".

 

Però rifiutare la panchina non è bello, non è da professionista. E non era una novità…

"Sai, io volevo giocare. È vero, a 17 anni ho rifiutato la panchina e detto all’allenatore del Buducnost: “O gioco o vado in tribuna”. A 21 anni ho detto a Osim, tecnico della nazionale: “Se mi convochi mi fai giocare, altrimenti resto a casa”".

 

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dejan savicevic

Problemi invece nel Milan di Fabio Capello. Inserimento difficile, faticato molto?

"Sì. È stata durissima, non ce la facevo. Stavo diventando matto, volevo tornare a casa. Dopo sei mesi ho chiesto di andar via…".

 

Lo hai detto a Berlusconi?

"Sì. Ma lui mi diceva di stare sereno. Capello mi faceva giocare pochissimo, anche perché davanti c’erano Gullit, Van Basten e Rijkaard. E allora mi mandava in campo per venti minuti. E io gli dicevo: “Ma fammi fare 5-6 partite complete di fila, e poi capirai se sono da Milan. Se non lo sono, me ne vado”. C’erano richieste, non ero l’ultimo arrivato".

 

E quando Savicevic è diventato il Genio rossonero?

"Dopo un po’ di tempo e tanti problemi dovuti alla lingua, il rapporto con la città, il cibo, i compagni, il campionato diverso. Mi hanno aiutato molto il presidente e Boban. Zvone mi diceva: “Dejan, non fare lo scemo, sei più forte di tutti, non andar via. Vedrai, giochi e poi spacchi tutto”"

 

Spacchi tutto nella finale di Atene 1994. Il Genio campione d’Europa e Berlusconi Capo del Governo. Rivediamo quei momenti?

"Ancora? Sono passati quasi trent’anni. Ma è vero, certe cose, certe emozioni non si possono più dimenticare. Giocavamo contro il Barcellona, eravamo sfavoriti, spacciati. E invece abbiamo vinto quattro a zero…".

 

Cosa ti disse Berlusconi?

dejan savicevic

"Lui non c’era. Lo avevano appena eletto presidente del Consiglio. Mi telefonò il giorno prima della partita: “Caro Dejan, dicono che sei un Genio. Bene, dimostramelo contro il Barcellona”".

 

Detto, fatto…

"Sì, dai, è andata bene. È stata forse la più bella finale. E quando penso a quel gol mi viene sempre in mente il mio Milan, Berlusconi, quell’ambiente meraviglioso. Siamo diventati così perché c’era lui, il nostro grandissimo presidente".