ROMA CAPUT MOUNDI – RONCONE: "L’AFFARONE DEI FRIEDKIN SI CHIAMA MOURINHO. SOLO LUI SA UNIRE SUCCESSO SPORTIVO E TRIONFO MEDIATICO. A ROMA STIAMO ASSISTENDO ALLA RIDEFINIZIONE DEL SIGNIFICATO DI AMORE PER UNA SQUADRA E, SOPRATTUTTO, PER IL SUO ALLENATORE. C'È UN INTERO POPOLO CHE SI È FIDATO DI UN MIRAGGIO. JOSÉ, NON SEI A MILANO, LONDRA, MADRID. QUI, SE PENSI DI ANDARTENE ALL'IMPROVVISO, COME HAI SEMPRE FATTO, TE LI RITROVI TUTTI DAVANTI AL PORTONE" – I VIDEO DELLA FESTA AL CIRCO MASSIMO

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Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”

 

mourinho FESTA ROMA CIRCO MASSIMO E COLOSSEO

I Friedkin, padre e figlio, sono uomini d'affari. E sapevano che chiamando a Trigoria José Mourinho avrebbero fatto un affare.

 

Viviamo dentro un calcio volubile, elettrico, irragionevole, senza più bussole. Mou è l'unico che conosce due strade certe: quella del successo sportivo e quella del trionfo mediatico.

Pensateci: questa sconosciuta Conference League vinta con una squadra modesta e in una società che perdeva le finali con tragica ostinazione, la vittoria fa il giro del pianeta, sponsor incuriositi, al Circo Massimo come per uno scudetto, campagna abbonamenti che schizza, bandiere alle finestre, girotondi ai semafori, una felicità collettiva, febbrile, irrefrenabile.

 

Mou, allenatore e guru del marketing: si sapeva, ma non aveva mai raggiunto picchi così. Al Porto, dove comincia, s' intravede qualcosa; al Chelsea è subito tutto più chiaro; segue l'ebbrezza milanese del triplete con l'Inter (molti interisti ancora pazzi di lui); vince anche in Spagna, guidando il Real; torna al Chelsea, poi il capolavoro di camuffare le stagioni mediocri a Manchester, con lo United, e l'arrivo a Londra, Tottenham, dove pensano che, con lui in panchina, sia opportuno girare una serie tv.

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Certo devi affidarti.

Accettare la sua dimensione.

Un concentrato di meravigliose allucinazioni, istinto sportivo rapace, brutali ironie, tenerezza inaudita.

 

I tifosi romanisti avevano bisogno di sprofondare in un incantesimo possibile, e non hanno esitato. Lui ha accettato un ingaggio da 7,5 milioni netti all'anno (Allegri ne prende 9) e si è presentato citando Marco Aurelio (a Milano esordì invece dicendo: «Non sono un pirla»). La faccenda, dopo nove mesi, capirete che non è più soltanto calcistica: e forse, stavolta, è un po' sfuggita di mano anche a lui. Qui stiamo assistendo alla ridefinizione del significato di amore per una squadra e, soprattutto, per il suo allenatore. C'è un intero popolo che si è fidato di un miraggio. Qui, José, non sei a Milano, Londra, Madrid. Qui, se pensi di andartene all'improvviso, come hai sempre fatto, te li ritrovi tutti davanti al portone.

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