L’IMPORTANTE NON È VINCERE MA POLEMIZZARE – MOLTI ATLETI AZZURRI HANNO COLTO L’OCCASIONE DELLE OLIMPIADI PER TOGLIERSI QUALCHE SASSOLINO DALLE SCARPE – DOPO IL BRONZO NEL TIRO CON L’ARCO, LUCILLA BOARI PRIMA PUNZECCHIA IL QUOTIDIANO SPORTIVO “QS” CHE A RIO L’AVEVA CHIAMATA “CICCIOTTELLA”, POI FA COMING OUT IN DIRETTA STREAMING – LA SCHERMITICE ELISA DI FRANCESCA HA ACCUSATO IL CT ANDREA CIPRESSA DOPO IL BRONZO A SQUADRE DEL FIORETTO FEMMINILE – PER NON PARLARE DELL’ALLENATORE DEL CICLISMO DAVIDE CASSANI, RISPEDITO IN ITALIA DIRETTAMENTE DA TOKYO…
-Giorgio Gandola per “la Verità”
«Mi aspetto di leggere un bel titolo sui giornali», annuncia ai cronisti Lucilla Boari da Mantova (24 anni) dopo aver infilzato il bronzo nel tiro con l'Arco individuale a Tokyo, perfetta nella sfida finale con la texana McKenzie Brown. Caratteristiche decisive: nervi d'acciaio e memoria di ferro, visto che le sue prime parole con la medaglia al collo riguardano un episodio di cinque anni fa ai Giochi di Rio, quando il quotidiano sportivo QS titolò «Le cicciottelle dell'arco» e scoppiò l'inferno.
Atlete azzurre indignate, haters dei social scatenati e il direttore del giornale (che era in ferie) licenziato dall'editore per responsabilità oggettiva. Il cortocircuito fu generale, l'arciera medagliata che ascolta Fedez prima di tirare non lo ha ancora metabolizzato: «Ci spiegarono che non voleva essere dispregiativo ma non fu gradevole e passò il concetto opposto». Tutto questo suona lunare nel 2021, quando ciascuno di noi può vantare un vocabolario di insulti dai troll di Facebook e Twitter anche sulla ricetta della torta di mele.
Ma Lucilla è sul podio, vive la giornata della vita e per prudenza va oltre: il titolo preferirebbe farlo lei. «Scrivete che ho fatto la storia, a scuola quella materia non mi è mai piaciuta anche se la insegnavano mamma e papà». Poi fa coming out dichiarando che la collega olandese Sanne de Laat «è la mia ragazza». Il suo bronzo entra nel medagliere italiano, corposo nei numeri (20 medaglie) ma paurosamente limitato nella qualità dei metalli (due soli ori). Il Coni di Giovanni Malagò si aggrappa all'arco, al pugilato femminile, al taekwondo, a nonno Aldo Montano perché il resto latita.
E in attesa dell'impresa da eccitazione collettiva arriva il giorno dei rosiconi in cui nulla è Zen come dovrebbe essere. «Ne uccide più la lingua della spada»; il versetto della Bibbia è la metafora della scherma italiana, fin qui a livello solletico, in quella che rischia di diventare la spedizione più deludente degli ultimi 50 anni. Era da Monaco 1972 che i meravigliosi atleti in bianco non ci coprivano d'oro: nell'individuale la depressione è ufficiale e solo il fioretto a squadre domani, nell'ultimo giorno, può salvare la tradizione.
Gli Stati Uniti sono fortissimi, Russia e Francia i soliti clienti velenosi ma Andrea Cassarà, Alessio Foconi, Daniele Garozzo (già argento nel singolo) e Giorgio Avola possono spazzare via le smorfie. Più difficile l'exploit per le sciabolatrici nel torneo di oggi, dove le russe sembrano inavvicinabili. Per ora il duello più feroce non è in pedana ma in tv, quando la pluricampionessa olimpica Elisa Di Francisca affonda il colpo contro il fioretto femminile da sempre forziere supremo (oltre a lei, Dorina Vaccaroni, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali): «Il ct Andrea Cipressa non è all'altezza, lo dicono i risultati, serve una personalità più forte. A Londra con Stefano Cerioni prendemmo tre ori e cinque medaglie: sarebbe il più indicato a ricoprire quel ruolo».
Seconda stoccata ad Arianna Errigo: «È fortissima sia fisicamente che tecnicamente, ma soffre le gare importanti. Doveva essere la punta di diamante, è mancata al momento decisivo». Due mazzate con altrettante appendici: Cerioni ebbe una liaison con lei ed Errigo è stata sua acerrima rivale. Negli studi Rai c'è anche Julio Velasco, ex guru del volley che dagli occhi di tigre è passato all'occhio di bue del politicamente corretto ad ogni costo. Replica indignato: «Queste parole sono disgustose per il momento e per i tempi, non si può parlare così di un allenatore e di una collega gratuitamente».
Julio e le storie tese. Nel giorno dei rosiconi non si distingue solo la scherma. Nel ciclismo su strada accade anche di peggio: il commissario tecnico Davide Cassani paga in diretta lo zero delle gare su strada (in linea e a cronometro) e viene rispedito in Italia. La motivazione ufficiale è l'assenza del pass per continuare a vedere le prove su pista, in realtà si parla di ribaltone. È lo stesso presidente federale Cordiano Dagnoni a evocare la parola magica: «Discontinuità».
La delusione di Vincenzo Nibali e il quinto posto a cronometro del fenomeno Filippo Ganna hanno fatto vacillare il sellino di Cassani, che non assisterà alle gare su pista dove proprio Ganna, la locomotiva di Verbania, potrebbe mietere trionfi. Per non parlare del tennis. Erano decenni che il movimento italiano non presentava giocatori così vincenti, ma Matteo Berrettini e Jannik Sinner hanno dato forfait e gli altri stanno facendo le valigie.
In buona compagnia perché ha salutato anche Nole Djokovic (eliminato da Alexander Zverev), ma questo non consola. Camilla Giorgi a casa, come Fabio Fognini. Spedizione fallimentare, anche qui la tribù dei Musi lunghi imperversa. Come fra i giornalisti americani, che hanno protestato perché alcuni atleti no-vax si rifiutano di mettersi le mascherine in conferenza stampa. Sono un centinaio su 613, il più noto è il nuotatore Michael Andrew, top nella velocità. Punta a tre medaglie e spiega: «Non voglio immettere nel mio corpo sostanze che potrebbero provocare reazioni negative». Se vince si prevedono imbarazzi.