LO SCUDETTO SOSPESO – PAOLO CONDO’ SUL PAREGGIO TRA NAPOLI E SALERNITANA: “IL ROCAMBOLESCO 1-1 DEL MARADONA CI RACCONTA DI UNA CITTÀ DESTINATA A PAGARE SENZA SCONTI CIÒ CHE PLATEALMENTE MERITA DA MESI, E QUESTA È L’ETERNA STORIA DELLA BRAVA GENTE: GIUSTO SENTIRSENE ORGOGLIOSI, PRIMA CHE BEFFATI. LO SGUARDO TECNICO SI POSA SU UNA SQUADRA ORMAI STANCA, NELLA TESTA PRIMA CHE NELLE GAMBE, CUI IL TRAGUARDO VICINO HA SOTTRATTO UN PO’ DI LUCIDITÀ” – VIDEO
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— Marco Azzi (@marcoazzi66) April 30, 2023
Estratto dell’articolo di Paolo Condò per “la Repubblica”
Il diagonale di Boulaye Dia causa un ritardo innocuo nella validazione dello scudetto da parte del Napoli, ma ci ricorda che il calcio ha più fantasia (e ironia) di chi vorrebbe piegarlo ai propri comodi: sballottata da un giorno all’altro come un pacco postale, la Salernitana si è sentita un dettaglio del grande affresco e ha reagito con umanissima tigna.
Il rocambolesco 1-1 del Maradona ci racconta anche di una città destinata a pagare senza sconti ciò che platealmente merita da mesi, e questa è l’eterna storia della brava gente: giusto sentirsene orgogliosi, prima che beffati. Infine, lo sguardo tecnico si posa su una squadra ormai stanca, nella testa prima che nelle gambe, cui il traguardo vicino ha sottratto un po’ di lucidità.
Kvaratskhelia ha sbagliato due volte il definitivo 2-0, Osimhen non ha ancora ritrovato il veleno smarrito un mese fa, con l’infortunio in nazionale, e per quanto il Napoli sia la somma di tante qualità, a fine aprile la sottrazione dei suoi leader può intralciargli il cammino.
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A procurare al Napoli il match point poi smarrito era stata una delle partite più belle e gustose di un campionato avaro in tal senso. Sarri la stava portando a casa grazie alle giocate iper tecniche di Luis Alberto e Felipe Anderson unite alla grande organizzazione difensiva, poi i cambi l’hanno spostata dalla parte dell’Inter come se il campo avesse invertito l’inclinazione, ponendosi in discesa verso Provedel. Proprio i cambi discutibili nel derby di ritorno della scorsa stagione sono costati a Simone Inzaghi un calo di reputazione tra i suoi stessi tifosi.
Giusto dire, quindi, che in questo finale di stagione sia in atto un felice contrappasso visto che la gestione dei cambi risulta vincente (nuovi innesti in gol col Benfica sia all’andata che al ritorno).
In generale il tema delle panchine lunghe, cruciale dopo l’ampliamento delle sostituzioni da tre a cinque, acquista ulteriore peso (e visibilità) man mano che ci si avvicina al traguardo, perché separa le rose adeguate alla lotta su più fronti da quelle in cui mancano gli uomini per puntare a tutto. Inter-Lazio in questo è stata esemplare, con Lautaro, Gosens e Çalhanoglu aggiunti al piatto da Inzaghi come un rilancio al poker, mentre Sarri non aveva le forze per andare a vedere.
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La Roma paga la quantità di infortuni, come Mourinho ci ricorda ogni momento; per ovvi motivi Pioli non può invece ricordarci lo zero ottenuto dal mercato, ma se perfino un mini spezzone di De Ketelaere risulta dannoso (ha perso lui il pallone dell’1-0 di Abraham) c’è poco da aggiungere. Roma e Milan hanno un calendario migliore dell’Inter — che le ha raggiunte — ma devono dividere tra campionato e coppe le energie di meno uomini.
La Lazio in due partite ha dilapidato buona parte del suo vantaggio, ma passate Sassuolo e Milan il suo calendario diventa una discesa libera. La Juve ha bloccato a Bologna l’emorragia: ha rischiato il quarto k.o. di fila, ma il migliore in campo è stato Skorupski. Bene i ragazzi — Iling ha una marcia in più — male i campioni: Chiesa mastica rabbia, Vlahovic gioca 7’ più recupero, Pogba resta in panca, Di Maria pare tornato in modalità premondiale. Urge in estate una bella shakerata.