Valerio Piccioni per “la Gazzetta dello Sport”
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Debiti, tanti. Stadi nuovi, pochi. In questo telegramma c'è un bel po' della fotografia scattata dal centro studi della Figc con Arel e Pwc nel ReportCalcio. Il pallone professionistico spende anche ciò che non produce. Bastano pochi numeri per capirlo, i costi che aumentano e i ricavi che non crescono. La perdita aggregata che scavalca il miliardo e 200 milioni, l'indebitamento complessivo che arriva ai 5,4 miliardi.
Fino a una cifra shock: negli ultimi anni il calcio italiano ha perso un milione di euro al giorno. Gabriele Gravina, che ha presentato ieri lo studio a Sky,parla di numeri «onestamente impietosi». E spiega: «Dobbiamo controllare i costi - dice il presidente federale - Ci stiamo lavorando con proposte sulle quali c'è un confronto serrato. È mia intenzione portare al consiglio del 28 luglio una nuova formula delle licenze nazionali - i requisiti per le iscrizioni - impostato sul piano triennale».
Speranze e ritardi Il ReportCalcio insiste naturalmente sul costo economico della pandemia, i 23,1 milioni di spettatori potenziali perduti con più di mezzo miliardo al «botteghino» andato in fumo, il tutto con un più 18,4 per cento degli stipendi (non solo dei calciatori). Ma ci sono anche «rimbalzi» positivi che portano a un altro scenario. Dopo il meno 15,4 per cento del 2020, il business dello sport mondiale si è ripreso con un confortante più 13,5 nel 2021. E le proiezioni per il 2025 e il 2030 sono incoraggianti.
Ma come il calcio, in particolare quello italiano, può intercettare queste tendenze? Qui le cose si complicano. Il fattore nuovi stadi è considerato da tutti determinante. Ormai il nostro parco impianti è davvero vecchio (età media 62 anni in Serie A e B). La ricerca prende in considerazione la possibilità che i 12 progetti «in corsa» relativi a nuovi stadi possano andare in porto. I risultati sarebbero molto significativi: 1,9 miliardi di euro di ricavi e 10mila posti di lavoro. Inevitabile pensare che un grande evento, vedi Europeo 2032, possa darci la spinta per una svolta. Ma il tema è anche quello di combinare semplificazione di procedure e investimenti realistici (senza invasioni di cemento).
Ritorno al milione Scrivevamo di rimbalzi positivi. Ce n'è uno che forse è il più importante di tutti. I ragazzi sono tornati sul campo di calcio. In realtà il ReportCalcio in sé descrive una grande fuga con 220mila tesserati perduti nella prima stagione Covid. Le proiezioni sul 2021-2022 sono però incoraggianti: con 1.050.976 tesserati calciatori siamo a soli 12mila dai livelli prepandemia (oggi Coni e Istat presenteranno l'ultimo aggiornamento dei numeri della pratica sportiva).
Occhio, però. Perché c'è anche un fenomeno di disaffezione che va tenuto a bada. Gli italiani che si dichiarano interessati al calcio sono 55 su 100. Due anni fa erano 64. Certo il pallone più diffuso è nettamente davanti alle altre discipline. Dietro c'è un grande equilibrio: tennis a 28; nuoto, atletica e motori a 26; pallavolo a 25; ciclismo a 21.
Bergamo Nell'oceano delle cifre ce n'è una che colpisce. E riguarda la ripartizione geografica dei calciatori italiani schierati nella Serie A 2020-2021. Fra le province, Roma è in testa con 145 calciatori davanti ai 144 di Napoli. Ma è Bergamo, la provincia più tragicamente colpita dalla pandemia, ad avere il migliore rapporto giocatori di serie A/abitanti: sono 66. Un dato che sa di speranza.
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