Chiara Meattelli per “la Stampa”
Strade desolate che convergono verso punti infiniti, insegne di motel e di teatri, ferrovie, negozi, vecchie montagne russe, scorci rurali e ponti metropolitani: è l' America tutt' altro che glamour di Bob Dylan, immortalata nell' inedita serie di dipinti The Beaten Path («Il sentiero battuto»). Aperta fino all' 11 dicembre presso la Halcyon Gallery di Londra, nel cuore elegante di Mayfair, la mostra espone più di 200 opere inedite tra acrilici, acquerelli e disegni, tutti realizzati negli ultimi due anni.
«Per noi si tratta di un grande onore», commenta il presidente della galleria Paul Green, testimone di quanto la pittura sia una passione imprescindibile nella vita del musicista Premio Nobel. Era dai tempi dell' autobiografia Chronicles, Vol. 1 (2004), che Dylan non si lanciava con uno scritto come quello in cui spiega ogni dettaglio di The Beaten Path (pubblicato negli usa da Vanity Fair). Molte delle dichiarazioni sono utilizzate a corredo dei quadri esposti.
«Questi dipinti descrivono un momento di realismo: arcaici e del tutto statici ma tremanti nella loro apparenza. Contraddicono il mondo moderno. O almeno, così li ho intesi», è la frase che accompagna un vibrante tramonto rosso fuoco su Manhattan. Con i suoi dipinti, Dylan dice di prendere coscientemente le distanze dalla «cultura consumistica e popolare, inclusi i mass media, l' arte commerciale, le celebrità».
Sperimentando con forme, prospettive e colori, preferisce mostrare scorci desueti, come un uomo che esce con le buste della spesa da un negozio di Chinatown in San Francisco o un bucato steso sul retro di una casa a Gainesville, Georgia. Oppure dipinge un angolo di Nathans, il botteghino di hot-dog a Coney Island, salvo ignorare l' intricata matassa di grattacieli che si levano appena dietro l' orizzonte. «Quegli edifici freddi e giganti non hanno alcun significato per me, nel mondo che osservo o che decido di osservare» spiega l' artista.
Se di notte canta, di giorno girovaga per le città toccate dal suo Never Ending Tour, la tournée senza fine cominciata nel 1988, e con la sua Nikon digitale, scatta le prospettive più complesse da riprodurre su tela. Il comune denominatore delle immagini, spiega, sta nel «tenersi lontano dal mainstream e viaggiare per le retrovie, con lo stile di chi è nato libero».
La prima volta che Dylan si cimentò con le arti visive, fu agli inizi degli Anni 60, quando disegnò la copertina dell' album capolavoro Music From Big Pink , realizzato con The Band. Alla Halcyon di Londra ha già presentato due mostre di dipinti e una di scultura in cui ha esposto cancelli in ferro, alcuni dei quali tuttora presenti in galleria.
Perfino Bill Clinton, con un recente tweet, si beava di avere uno degli intricati cancelli firmati Dylan nel suo giardino.
«Il suo interesse per l' arte, nasce da quando era appena trasferito a New York e girava per musei insieme alla fidanzata Suze Rotolo», sostiene il presidente della galleria. E Dylan Zimmermann, che in passato ha anche condotto un popolare programma radiofonico, suggerisce anche la giusta colonna sonora per la mostra: Peetie Wheatstraw, Charlie Parker, Clifford Brown e Blind Lemon Jefferson, bluesmen e jazzisti.
I suoi dipinti, però sembrano fare eco agli avvincenti e cangianti ritratti d' America delle sue canzoni da Nobel.
«Non sappiamo se verrà a farci visita, in caso deciderà lui quando», commenta il presidente della Halcyon. Ma dice di essere ottimista, soprattutto in vista di una probabile incursione europea per il ritiro del Nobel il prossimo 10 dicembre a Stoccolma. Dylan ha detto recentemente che andrà «assolutamente» a ritirare il premio... «Se sarà possibile».