''CHI DICE CHE IN TERAPIA INTENSIVA NON SI SCEGLIE IN BASE ALL'ETÀ DEL PAZIENTE, MENTE''. LUCIANO GATTINONI, IL PIÙ IMPORTANTE SPECIALISTA DEL SETTORE AL MONDO: ''LA DOMANDA CHE CI SI FA È: POTRÀ QUESTA PERSONA RESTARE DUE SETTIMANE INTUBATO? PERCHÉ QUESTA È L'UNICA VERA GARANZIA DI SOPRAVVIVENZA. CASCO A OSSIGENO E PRONAZIONE SONO PALLIATIVI. QUANDO IL VIRUS ARRIVA NEI POLMONI, SUCCEDE…''
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Francesco Rigatelli per “la Stampa”
Luciano Gattinoni, 75 anni, medico rianimatore di fama internazionale, ex direttore scientifico del Policlinico di Milano e presidente della Società mondiale di Terapia intensiva, è professore ospite all' Università di Gottinga in Germania. Da lì esamina i dati che i suoi ex allievi, primari dei principali ospedali lombardi, gli inviano per un parere sul coronavirus. E, anche se non lo ammetterà mai, molti pazienti vengono curati grazie alle sue intuizioni.
Che idea si è fatto del coronavirus?
«È un microrganismo che nella maggioranza dei casi non fa danni, ma in alcuni si attacca ai polmoni e diventa letale. In Germania ho visto dei pazienti e molti me li hanno sottoposti dall' Italia. La malattia si presenta in modi diversi e porta a una grave carenza di ossigeno».
È vero che ne ha intuito la causa?
«Mentre la polmonite colpisce gli alveoli, questa polmonite virale interstiziale tende a interferire sulla parte vascolare. Così i vasi sanguigni del polmone perdono potenza e causano l' ipossiemia, cioè la carenza di ossigeno nel sangue».
Come si cura?
«Se viene l' ipossiemia il cervello compensa aumentando la respirazione, per questo i malati arrivano in ospedale apparentemente in forma. In realtà, si ha già una saturazione bassa dell' ossigeno nel sangue. Per aumentare il respiro si fa più pressione, il polmone si infiamma e il plasma filtra nell' interstizio. Un meccanismo che si interrompe solo con un' intubazione di 10-15 giorni».
E se non c' è posto in terapia intensiva?
«Bisogna trovarlo perché casco e pronazione, lo dico io che l' ho ideata, sono palliativi. Intubando si permette al paziente di mantenersi dormiente finché le difese immunitarie vincono il virus. Al momento è l' unica cura. Non a caso muoiono di più quelli fuori dalla terapia intensiva che dentro».
Dunque l' intubazione è sempre necessaria?
«Per stabilirlo andrebbe misurata la negatività della pressione con un catetere esofageo, ma ora negli ospedali non c' è tempo e si decide come in guerra: chi ha fame d' aria e fa rientrare le costole per respirare va intubato».
È vero che si sceglie in base all' età?
«Chi dice il contrario mente, ma è naturale con poco tempo e molto afflusso. Si valuta la probabilità che un paziente anziano possa sopravvivere a due settimane di intubazione. Ho sempre insegnato a provare per tutti un trattamento intensivo per 24 ore, ma ora non si riesce».
E le cure farmacologiche?
«Al momento non ce ne sono di efficaci».
In quali casi si muore con o per il coronavirus?
«La domanda da fare è: quante vittime ci sarebbero senza l' epidemia? Gli oltre 8mila morti italiani sono dovuti al coronavirus».
Come mai così tanti?
«Pur avendo fra le prime sanità al mondo, si è intasato il sistema e non si è potuto curarli al meglio per mancanza di posti e di personale. I veri numeri da sapere sono i pazienti ricoverati, i morti in ospedale e quelli in terapia intensiva».
È vero che i giovani se la cavano?
«Un fisico anziano reagisce peggio alla malattia e alle cure. Il mistero è perché da un solo virus ci siano casi con sintomi diversi».
Cosa ne pensa degli ospedali da campo?
«In guerra si fa il possibile, ma resto scettico perché per la terapia intensiva oltre al respiratore serve un' équipe che si formi in anni di lavoro».
Una sanità con meno tagli avrebbe retto meglio?
«È vero che si è tagliato troppo, ma un' emergenza del genere coglie chiunque impreparato.
L' unico rimpianto è di non aver pensato alle scorte di materiale e a un piano preciso».