GUERRA VA ALLA GUERRA - IL DIRETTORE AGGIUNTO DELL’OMS SCARICA LA RESPONSABILITÀ SULLA CENSURA DEL DOCUMENTO CHE ACCUSAVA L’ITALIA PER LA GESTIONE DELLA PANDEMIA: “CHE COSA VOLETE DA ME? I GIORNALISTI DOVREBBERO INFORMARSI SU CHI ERA MINISTRO DELLA SALUTE E DIRETTORE GENERALE NEL 2018. AGGIUNGO POI CHE L’ORDINE DI RIMUOVERE IL RAPPORTO, CON DIVIETO DI RIPUBBLICAZIONE, NON È PARTITO DA GINEVRA MA DA…”
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A.C. per “Il Foglio”
Direttore, lei è indagato?
“Non ho notizie in tal senso, è una decisione che spetta alla procura di Bergamo. A ogni modo io sono tra quelli che pensano che un avviso di garanzia sia uno strumento a tutela dell’indagato”.
Ma lei come sta?
“Sto come una persona che subisce un attacco ingiusto, un attacco che risponde chiaramente a un disegno ben preciso”.
A parlare è Ranieri Guerra, il direttore vicario dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che, secondo il funzionario della stessa organizzazione Francesco Zambon, avrebbe esercitato pressioni per occultare le lacune del piano italiano sulle pandemie, fermo al 2006.
“Mi pare che le accuse siano state disinnescate – riprende Guerra – Ho spiegato come sono andati i fatti: quando gli uffici di Ginevra mi chiedono di verificare l’attendibilità e la correttezza del rapporto, mando al collega Zambon le correzioni da apportare e il collega Zambon risponde di avere inserito centosessanta correzioni e di volere procedere alla pubblicazione senza neanche informare il ministro della Salute Roberto Speranza”.
Il quale la prende male.
“Il ministro era comprensibilmente contrariato, il documento non rispondeva allo standard minimo di qualità di un documento Oms, conteneva una serie di giudizi e critiche ma l’Oms si limita alle evidenze fattuali, ai numeri. Noi non muoviamo critiche ai singoli paesi, soprattutto in una fase epidemica acuta, quando l’azione meno utile è proprio quella di puntare il dito contro la strategia difensiva di un paese”.
L’accusa di Zambon è che lei abbia cercato di fare passare per “updated”, aggiornato, un piano che era il semplice copia-incolla di quello del 2006 al solo scopo di non infastidire il governo italiano.
“In realtà, la questione triviale riguardava la definizione di piano ‘vigente’. La dichiarazione di vigenza resta valida fin quando non si verificano cambiamenti nella situazione epidemiologica dell’influenza e il piano appare coerente con le linee guida in vigore dell’Oms.
L’elemento che stimola infatti l’aggiornamento del piano anti pandemia è la pubblicazione periodica di nuove linee guida, com’è poi effettivamente accaduto nel 2018. La domanda è sempre la stessa: che cosa volete da me? I giornalisti dovrebbero informarsi su chi era ministro della Salute e direttore generale nel 2018. Aggiungo poi che l’ordine di rimuovere il rapporto, con divieto di ripubblicazione, non è partito da Ginevra ma da Copenaghen, da cui dipende l’ufficio di Venezia”.
In effetti, è il capo dell’Oms Europa, Hans Kluge, che, in un’email indirizzata a Zambon, definisce il ministro della Salute “molto contrariato”, mentre del governo italiano diceva: “Si sono sentiti calpestati da un amico”. “Gliel’ho detto: si rivolgano a Kluge. Che c’entro io?”.
Fino al 2017 lei è stato direttore generale della prevenzione sanitaria presso il ministero di Lungotevere Ripa. La sua vicinanza alla politica l’ha forse esposto a influenze inopportune?
“Io ho sempre agito in autonomia e neutralità, del resto non sono il rappresentante dell’Oms per l’Italia, nomina che spetta al direttore regionale di Copenaghen”.
La accusano di conflitto di interessi.
“Quando sono stato individuato dal mio direttore generale (Tedros Adhanom, ndr) come figura di collegamento tra gli uffici europei dell’Oms e il governo italiano, ciò è accaduto in virtù della mia conoscenza del paese, della lingua, delle persone. In questo modo avremmo agevolato l’accesso alle risorse tecniche e scientifiche messe a disposizione dall’Oms”.
Intanto lei è stato nominato nel Comitato tecnico scientifico italiano, mentre Zambon rischia il posto.
“Forse Zambon aspirava a dirigere l’ufficio di Venezia, forse qualcuno gli ha proposto un paracadute o lui spera in un indennizzo, non so. Quel che so è che io non posso in alcun modo interferire con la carriera di Zambon, che appartiene a una filiera di comando diversa dalla mia: lui risponde agli uffici di Copenaghen, non di Ginevra.
E’ tecnicamente impossibile. E poi, in ambito Oms, c’è un sistema di protezione del personale abbastanza blindato”. Perché non mostra le email che la scagionerebbero? “Perché sono un ligio e ossequioso osservante del codice etico interno alla mia organizzazione. Zambon ha infranto ogni deontologia etica e professionale, io intendo rispettare i colleghi e l’ente cui appartengo”.
Intanto, direttore Guerra, anche la reputazione dell’Oms non brilla. Avete esaltato il “modello cinese” senza mai una parola di censura verso il regime che ha nascosto per settimane il virus al mondo intero.
“E’ in lancio una missione che, con diversi esperti internazionali, dovrebbe ricostruire l’albero genealogico del virus per capire che cosa sia davvero successo”.
La Cina ha atteso almeno due settimane prima di comunicare all’Oms l’insorgenza del virus. “Parliamo di un paese estremamente complesso, e poi dal sospetto clinico fino alla messa a punto dei test, con l’inevitabile iter burocratico per la trasmissione e validazione dei dati, un po’ di tempo passa. Quanto ciò sia imputabile all’autorità cinese, non saprei dirlo”.
L’Oms consentirà la riammissione di Taiwan tra i suoi membri?
“La decisione spetta all’assemblea dei 193 paesi. L’Oms è un’organizzazione intergovernativa interna all’Onu il cui organismo politico rimanda alla segreteria generale, con sede a New York”.
Gli Stati uniti di Donald Trump hanno sospeso il pagamento dei contributi a un’organizzazione “filocinese”.
“Le assicuro che non esiste un’influenza politica distorta da parte degli Usa o della Germania, secondo contributore, né tanto meno del Regno unito, terzo contributore. Gli Usa restano principali contributori anche dal punto di vista dei finanziamenti privati.
Con il Center for Disease Control and Prevention di Atlanta abbiamo siglato un accordo che consente all’Oms di avvalersi della straordinaria competenza di una trentina di colleghi statunitensi”.
Dal dietrofront sulle mascherine al saluto con il gomito, dagli asintomatici “non contagiosi” fino all’uso dei guanti: perché l’Oms inanella brutte figure?
“Tutti quanti possono fare meglio, certo, ma giudicare con la conoscenza di oggi ciò che accadeva lo scorso 30 gennaio non ha senso. L’organizzazione convoca e consulta tutti gli esperti settoriali del mondo, un network globale di circa 700 scienziati, che riversa una marea di informazioni su Ginevra. Facciamo del nostro meglio ma non siamo infallibili”.