“IL COVID NON È PIÙ UN’EMERGENZA GLOBALE MA IL VIRUS C’È ANCORA. L’UNICA CERTEZZA È CHE NE ARRIVERANNO ALTRI” – PARLA IL DOTTOR GIUSEPPE REMUZZI, DIRETTORE DELL’ISTITUTO DI RICERCHE FARMACOLOGICHE MARIO NEGRI: “SIAMO AI NUMERI PIÙ BASSI DI SEMPRE DALL’INIZIO DEL 2020. ORA SAPPIAMO CHE LA PANDEMIA SI COMBATTE CON UN SISTEMA DI SALUTE PUBBLICA MOLTO FORTE” – “MINIMIZZARE LA MINACCIA È STATO UN ERRORE COLLETTIVO. ABBIAMO TRASCURATO IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE..."
-Estratto dell’articolo di Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
Professor Remuzzi, è davvero finita?
«Il Covid non è più una emergenza di salute globale. il virus c’è ancora, […] ma il livello di preoccupazione si è ridotto in modo importante. Fa parte della storia di tutte le pandemie. Qualche studioso afferma che una pandemia finisce davvero solo quando ne comincia un’altra».
Perché proprio ieri questa dichiarazione dell’Oms?
«Dopo 800 milioni di casi confermati, sette milioni di persone morte, adesso siamo ai numeri più bassi di sempre dall’inizio del 2020. Ma non dimentichiamo che solo nell’ultima settimana ci sono state altre 3.500 vittime nel mondo[…]».
Ne siamo usciti davvero migliori?
«Questa è una grande vittoria della scienza. Abbiamo ottenuto un vaccino in 8 mesi, quando nessuno degli esperti pensava che fosse possibile. I governi di Usa e Unione europea hanno investito cifre enormi a fondo perduto, confidando nella scienza. Abbiamo imparato molto, capendo l’importanza di gesti semplici per la propria protezione individuale. Quindi sì, per me ne siamo usciti migliori».
Allora come spiega una così vasta opposizione ai vaccini?
«Nel dopoguerra, il vaccino contro la polio fu accolto negli Usa in modo trionfale. Perché tutti vedevano sul proprio pianerottolo i bambini paralizzati. Dopo la sconfitta di queste malattie infettive, è diventato più difficile riaffermare l’importanza dei vaccini. In questi tre anni sono morte soprattutto persone anziane, spesso per concause. Quindi, alcuni potevano pensare di essere protetti, e coltivavano le loro perplessità».
[…] Avere tanti esperti in tv che dicevano la loro è stato utile o ha fatto solo confusione?
«Ci sono trasmissioni che hanno confuso le idee in modo quasi intenzionale, mettendo le persone una contro l’altra invece di fare informazione, e hanno fatto dei danni. Noi medici ci siamo prestati al gioco, questo è vero. Ci trovavamo contro personaggi di ogni genere che ci contestavano con argomenti discutibili. Ma l’unica cosa che sembrava contare era la capacità di bucare il video».
Voi esperti avrete pur qualcosa da rimproverarvi
«Senz’altro. Non siamo stati capaci di far capire al pubblico che la scienza non procede per certezze, ma per gradi di probabilità. Lo sforzo di far capire che era tutto molto relativo è stato fatto da pochissimi, forse perché c’era poca gente disposta ad accettare una verità del genere».
Cosa abbiamo sbagliato?
«Le scuole sono state chiuse più tempo del necessario. Minimizzare la minaccia è stato un altro errore collettivo. C’era uno studio di Lancet del 24 gennaio del 2020 che diceva già tutto, grazie al lavoro di uno straordinario pneumologo di Pechino. Non siamo stati attenti. E c’era anche un pregiudizio verso i medici cinesi, che in realtà hanno fatto un lavoro formidabile. È stata la politica cinese a non volere che il mondo sapesse».
E in Italia?
«Abbiamo trascurato il Servizio Sanitario Nazionale. Non abbiamo sviluppato e incentivato la medicina di territorio. Sono più di trent’anni che perseveriamo in questo errore. Non mi sembra ci siano all’orizzonte grandi ravvedimenti. Ma ora sappiamo che la pandemia si combatte con un sistema di salute pubblica molto forte. Non dovremmo avere più scuse».
Sarebbero serviti anche piani pandemici aggiornati e le zone rosse?
«Non voglio entrare nel merito delle questioni giudiziarie. Mi limito a dire che bisognerebbe andare alla radice del problema. Stabilire ora se c’era o non c’era il piano pandemico per l’influenza non ha molto senso, anche perché il Covid è ben altra cosa. Se fosse stato aggiornato invece che essere fermo al 2006, non avrebbe cambiato nulla, non avrebbe comunque previsto il distanziamento e altre misure poi messe in atto. Combattere una pandemia è una questione di continua preparazione al peggio. Se non hai una cultura di salute pubblica, non puoi improvvisare».
Una futura variante potrebbe essere più patogenica o più trasmissibile?
«Non ne abbiamo la minima idea. Persino il concetto del Covid come virus nuovo è sbagliato. L’influenza russa che fece strage del 1889 presentava i suoi stessi sintomi. Altri Coronavirus arriveranno, questa è l’unica certezza».[…]