Margherita De Bac per il “Corriere della Sera”
«Non ci aspettavamo questi dati. Quasi mille in più rispetto al giorno precedente a fronte di 5 mila tamponi in più sono tanti», esclama Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'istituto Lazzaro Spallanzani, componente del Comitato tecnico-scientifico, il Cts.
È allarme?
«Il monitoraggio settimanale effettuato dalla cabina di regia del ministero della Salute e dell'Iss analizza con particolare attenzione il livello di ospedalizzazione e di occupazione delle terapie intensive. Al momento questo livello è controllato in tutte le regioni. Purtroppo non è escluso che possa salire. Certo è che non bisogna abbassare il livello di attenzione, anzi dovremmo alzarlo».
Ora Speranza parla di mesi duri e pronuncia il termine «lockdown» col condizionale. Per tagliare la strada al virus ci sono altre vie?
«Se i dati dovessero continuare a crescere potrebbe essere necessario considerare anche la possibilità di misure ulteriori. In attesa del vaccino e di terapie che blocchino la progressione della malattia verso forme severe o critiche, non ci sono altre strade. Quando il virus entra nell'organismo è destinato a morire: o perché gli anticorpi lo neutralizzano, o perché soccombe l'ospite umano, e con esso anche il patogeno. Per sopravvivere il virus deve "saltare" da un individuo all'altro viaggiando dentro le goccioline di saliva. Più rendiamo difficile questo salto più chance avremo di limitare o bloccare la diffusione del contagio».
A cosa attribuire il boom di contagi?
«Principalmente all'incremento del tasso di mobilità della popolazione, alla coda lunga delle vacanze, all'abbassamento della guardia in alcune situazioni come la movida notturna. Non bisogna dimenticare che l'aumento dei contagi può anche dipendere, ma solo in parte, dall'aumento del numero dei tamponi effettuati. Certo la situazione è in rapida evoluzione, il virus circola in maniera sostenuta e gli ultimi dati sono fonte di preoccupazione».
E la scuola?
«I primi numeri arrivati dal ministero dell'Istruzione sono incoraggianti: nelle prime due settimane di lezione, tra il 14 e il 26 settembre, i casi di positività sono stati dello 0,05% tra gli insegnanti e dello 0,02% tra gli studenti. Per capirsi, stiamo parlando di meno di 2.000 casi su una popolazione complessiva superiore agli 8 milioni di persone. Direi però di aspettare almeno un altro paio di settimane per vedere se questo trend si conferma».
Una politica tamponi a tutti a tappeto, se fosse praticabile, sarebbe efficace?
«Più tamponi per tutti potrebbe essere uno slogan elettorale. Ma non è questa la panacea di tutti i mali, l'incremento del numero di tamponi va considerato come una delle tessere di un mosaico complessivo che comprende anche le misure non farmacologiche, la capacità di intercettare e trattare i casi nella loro fase iniziale, la ricerca sulle cure e i vaccini, la medicina del territorio. Puntare tutte le fiches su un numero solo non è una scelta saggia».
La sanità pubblica cosa altro può mettere in campo per contenere l'epidemia? «Comunicazione chiara, che non drammatizzi e non sminuisca. L'esperienza dei mesi passati ci ha dimostrato che gli italiani sono dotati di abbondante buon senso, a quanto pare in misura maggiore rispetto ad altri Paesi che ci sono vicini: sono perfettamente in grado di capire cosa fare e di scegliere per il meglio, se i fatti sono loro presentati in maniera chiara e onesta».
Quali sono le evidenze scientifiche sulla capacità protettiva delle mascherine e del distanziamento?
«Questo virus si diffonde per via aerea tramite il respiro e le secrezioni salivari. Tenere una distanza di sicurezza e limitare la "gittata" del nostro respiro coprendo le vie respiratorie riduce in maniera drastica la possibilità di infettarci e di infettare il nostro prossimo. Il resto lo fa l'igiene delle mani, che elimina i virus che potremmo portare alle mucose nasali o della bocca dopo il contatto con superfici contaminate».
La resistenza da parte di tante persone a rispettare le regole dipende dal non aver compreso che la responsabilità è nostra come potenziali diffusori?
«In parte sì. Sono persone che non hanno alcuna coscienza collettiva e ritengono sì utili le regole, ma solo per gli altri così loro possono farne a meno. Se tutti passassimo col semaforo rosso, evadessimo le tasse, lasciassimo per strada le deiezioni del nostro cane, queste persone non potrebbero rendere evidente la propria inciviltà. Da ultimo vanno considerati gli adolescenti e i giovani che hanno un'idea di invulnerabilità e non rispettano le regole».
A che punto è la validazione dei test salivari?
«Il ministero della Salute ha pubblicato una circolare sull'argomento, redatta anche sulla base dei test effettuati dal laboratorio di virologia dello Spallanzani, rispetto alla quale non c'è nulla da aggiungere. La tecnologia però sta viaggiando a gran velocità, e non è escluso che a breve possano essere disponibili soluzioni più semplici».