UNA MASCHERINA SU DIECI CHE ARRIVA IN ITALIA, TRA CHIRURGICHE, FFP2 O FFP3 NON È ORIGINALE, NON SUPERA I TEST DI FILTRAGGIO - NON SOLO: IL 62% DELLE PRATICHE PER COMMERCIALIZZARE LE MASCHERINE (CHIRURGICHE) NON RICEVE LA VALIDAZIONE DA PARTE DELL'ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ, L'ISS - COLPA DI SPECULATORI E SCIACALLI CHE CERCANO DI AGGUANTARE L'AFFARE DELLA VITA E TENTANO DI FAR ENTRARE DI TUTTO NEL MERCATO…
-Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”
Una mascherina su dieci che arriva in Italia, tra chirurgiche, ffp2 o ffp3 non è originale, non supera i test di filtraggio. Inoltre il 62% delle pratiche per commercializzare le mascherine (chirurgiche) non riceve la validazione da parte dell' Istituto superiore di sanità, l' Iss. Insomma molti presidi che per legge debbono garantire le indispensabili capacità filtranti per proteggere chi l' indossa dal Coronavirus, in realtà non lo fanno.
Il primo dato arriva dalle agenzie delle dogane. Il 10% del materiale analizzato nei laboratori diretti da Alessandro Proposito non supera i controlli. I dispositivi hanno solo le sembianze di quelle autentiche ma non ne adempiono i requisiti di sicurezza. Perciò niente potere filtrante come da standard che questi prodotti devono garantire. Cosa sarebbe accaduto se le avessero indossate ignari cittadini o medici in ospedale nella convinzione di proteggersi?
I CONTROLLI
Isabella Mori responsabile del servizio di tutela di Cittadinanzattiva spiega che «occorre stare attenti. Per quanti controlli si possano realizzare - sottolinea - il rischio 0 non esiste e purtroppo migliaia di mascherine che non rispettano la legge entrano comunque nel mercato. Occorre che i consumatori siano avveduti. Ad esempio verifichino sempre la presenza del marchio Ce». In generale, aggiunge Mori, «il fatto che purtroppo sono presenti mascherine false non deve scoraggiarne l' impiego».
Il 10% è una percentuale indicativa, le dogane lavorano infatti su campioni di merce. Non potrebbero fare altrimenti. Sarebbe pressoché impossibile verificare tutti i lotti. In Italia, da quando è esplosa l' emergenza Covid-19, sono state sdoganate quasi 4 miliardi e seicento milioni di mascherine, di cui 3 miliardi e 600 milioni di chirurgiche, 600 milioni tra ffp2 e ffp3 e il restante di cosiddette generiche.
In questa battaglia di retroguardia i difensori della salute pubblica non sono medici e infermieri, bensì l' agenzia delle dogane. Oltre al lavoro nei laboratori, attivati da quasi tre mesi, dove viene eseguito un controllo fisico, vi è un primo esame documentale. Ovvero se i certificati che accompagnano i prodotti sono autentici oppure se corrispondono alla merce introdotta.
Gli uffici diretti da Davide Miggiano, dirigente su Civitavecchia e Fiumicino, due delle principali porte d' ingresso del Paese, seguono inoltre quelle mascherine che in Italia sono state sdoganate in deroga. Di fatto non tutti i presidi vengono accompagnati all' ingresso nel nostro Paese dalle certificazioni. La validazione in deroga, adottata per snellire l' iter burocratico, permette l' introduzione nel territorio nazionale senza la vendita, salvo poi ricevere l' autorizzazione definitiva da parte di Iss e Inail.
Ma per il 62% delle pratiche lavorate dall' Iss arriva un secco no. A questo punto le dogane si attivano per verificare che l' importatore le commercializzi come generiche (quindi con scarsissimo potere filtrante, almeno per quanto riguarda i virus) e non più come chirurgiche, ffp2 o ffp3.
IL BUSINESS
La nuova corsa all' oro, partita a marzo, è esplosa con l' emergenza mondiale causata dal Coronavirus. Il business planetario questo ultimo anno è diventato un elastico che si infila dietro le orecchie, un tessuto grande 33 centimetri per 25 che si mette sopra bocca e naso. Ma il punto fondamentale è uno: ci sono mascherine e mascherine. Perciò, come nella compravendita del metallo più prezioso, c' è chi gioca sporco. Speculatori e avventurieri si lanciano, cercano di agguantare l' affare della vita. In questo modo nel mercato si tenta di fare entrare di tutto.
Una condizione che, nel complesso, non era sfuggita all' Olaf (Ufficio europeo per la lotta antifrode), che già dal 20 marzo dell' anno scorso aveva anticipato l' allarme: «Prevenire l' ingresso di prodotti contraffatti in Europa è fondamentale per proteggere la nostra salute e lottare contro il virus». Insomma da strumento necessario a livello planetario per tamponare l' avanzata del Covid-19 a merce ambita con cui fare soldi il passo è stato breve.
La crescita esponenziale della domanda ha innescato una spirale spaventosa su presidi sanitari falsi e inefficaci, con chi cerca di immettere nel mercato delle repliche artefatte delle uniche mascherine capaci di garantire una reale sicurezza. Perciò diverse aziende di prodotti medici hanno lanciato l' allarme: «attenzione a quei prodotti non danno nessuna garanzia di protezione, per la grandezza della trama del tessuto che non sempre ha il potere filtrante richiesto».