PRIGIONIERI DEL TAMPONE - IL GRIDO DISPERATO DELLO CHEF PINO CUTTAIA, DUE STELLE MICHELIN: ''SONO RISULTATO POSITIVO UN MESE FA, SOLO UN GIORNO DI FEBBRE. MI SONO MESSO IN ISOLAMENTO IN CASA MA PER RICEVERE I RISULTATI DEI DUE TAMPONI NEGATIVI CHE SERVONO PER POTER TORNARE A LAVORARE, CI VOGLIONO GIORNI. SE AD AGRIGENTO AVESSIMO AVUTO I NUMERI DI BERGAMO DI QUALCHE MESE FA, IL SISTEMA SAREBBE ANDATO IN TILT''

-


PINO CUTTAIA

Domenico Zurlo per www.leggo.it

 

Il nome di Pino Cuttaia non passa inosservato nel mondo degli chef: il suo ristorante La Madia a Licata, in provincia di Agrigento, due stelle Michelin, è uno dei locali più ricercati e rinomati d’Italia e non solo. E ha fatto scalpore, qualche settimana fa, la chiusura temporanea del ristorante per via di un caso di coronavirus tra i collaboratori, con lo stesso Cuttaia che sottoposto a tampone pochi giorni dopo è risultato positivo.

 

Era l’11 settembre scorso, quasi un mese fa. Ma ora Cuttaia, da allora in isolamento (aveva avuto sintomi lievi, «sono un giorno di febbre»), è nei fatti prigioniero in casa senza poter riaprire: «Per terminare la mia quarantena servivano due tamponi negativi - racconta lo chef a Leggo - dopo il primo test negativo, giovedì sono stato sottoposto al secondo test, ma ad oggi, quattro giorni dopo, non ho ancora ricevuto il risultato». Una farraginosità burocratica che se da un lato impedisce a Cuttaia di riaprire la sua attività, dall’altra - particolare non meno importante - costringe lui stesso a non poter nemmeno uscire di casa. «Tutto dipende dalla Asl di Agrigento - continua - non c’è un contatto, una persona specifica a cui chiedere informazioni. Al telefono non risponde nessuno, chi è nella mia situazione si sente completamente abbandonato».

PINO CUTTAIA

 

Il motivo dei ritardi potrebbe essere molteplice: il weekend, le elezioni comunali, il Giro d’Italia che ha visto la seconda tappa passare proprio da Agrigento nella giornata di ieri. Ma quattro giorni per un referto, nonostante il fine settimana, sembrano un po’ troppi: «Al primo tampone il referto (negativo) l’ho ricevuto dopo due giorni. Ora invece è da giovedì che aspetto. Non capiscono che in questo modo si tengono in ostaggio le persone: la gente ha paura a fare il tampone perché rischia di essere messa ai domiciliari - continua - Io ho un’attività, sono responsabile anche verso i miei ragazzi, che non sono più in malattia».

 

«Purtroppo gli enti pubblici non hanno responsabilità sociale in questi casi: in più in Sicilia abbiamo ancora pochi casi. Se avessimo avuto i numeri di Bergamo di qualche mese fa, il sistema sarebbe andato in tilt». Infine c'è un particolare non da poco: ricevere il referto del secondo tampone negativo potrebbe non bastare a chiudere subito la questione. Dovrebbe essere infatti la Asl (chissà con quali tempi) a comunicarlo al sindaco, e quest’ultimo alla polizia municipale, e solo allora Cuttaia potrà riaprire il ruo ristorante. Un’altra stortura burocratica, secondo lo chef: «Le autorità chiedono alle persone di essere responsabili, di rispettare le regole, ma quando lo facciamo, come nel mio caso, veniamo messi in secondo piano. Come faremo a sconfiggere il Covid se non c’è collaborazione da tutte le parti?».

gli chef pasquale torrente e pino cuttaia brindano