QUANDO IL PROFESSOR LE FOCHE CONSIGLIAVA LA CLOROCHINA – L’IMMUNOLOGO IL 25 MARZO: “RIDUCE LA CARICA VIRALE, È MOLTO EFFICACE COME IMMUNOMODULANTE E SI PUÒ SOMMINISTRARE CON 7 GIORNI DI TRATTAMENTO A CASA” – CHE DICE ORA CHE L’AIFA HA SOSPESO L’USO DEL FARMACO SU INDICAZIONE DELL’OMS, PERCHÉ DANNOSO SU CHI HA CARDIOPATIE?
-QUALCUNO LO DICA A TRUMP! IN SPAGNA UNA PERSONA SU CINQUE RICOVERATA PER IL COVID È MORTA E L’85% DEI PAZIENTI HA RICEVUTO IDROSSICLOROCHINA
CORONAVIRUS: LE FOCHE, NEI PAZIENTI RISCHIO CURE FAI DA TE
Da https://www.regione.vda.it/notizieansa/details_i.asp?id=340092
ANSA del 25 marzo 2020
"Le persone infettate da coronavirus vanno curate a domicilio, anche se hanno pochi sintomi. Il rischio di aspettare che il virus faccia il suo corso è che il paziente arrivi in ospedale quando è già troppo tardi e che nel frattempo si orienti su cure fai-da-te che possono creare danno ulteriore". Così all'ANSA Francesco Le Foche, responsabile del Day Hospital di immunoinfettivologia al Policlinico Umberto I di Roma.
"Ora tutte le forze sono concentrate sull'ospedale - precisa - e c'è una sorta di abbandono delle persone con sintomi lievi, alcuni dei quali vivono soli, sono anziani e restano in isolamento a domicilio tra mille difficoltà, paure, incertezze. A questi pazienti spesso oggi non vengono fatti i tamponi finché non hanno sintomi importanti, ovvero quando ormai il danno polmonare è difficile da curare. Nel frattempo sono lasciati a casa, in attesa di vedere l'evoluzione della malattia. In queste condizioni, sentendosi poco seguiti, possono andare a cercare cure omeopatiche, terapie alternative o farmaci e integratori trovati sul web".
Al Policlinico Umberto I, prosegue Le Foche, "per pazienti meno gravi usiamo lo stesso antimalarico messo in campo in Francia, l'idrossiclorochina, che riduce la carica virale, è molto efficace come immonumodulante e si può somministrare con 7 giorni di trattamento a casa". Si potrebbe obiettare che trattare chi ha lievi sintomi abbia costi alti in termini organizzativi ma, conclude, "è sempre inferiore rispetto al dover poi trattare una parte di loro in terapia intensiva".