VIENI AVANTI VACCINO – IN RISPOSTA ALLA SPERIMENTAZIONE DI OXFORD/POMEZIA (IL PRIMO STOCK POTREBBE ARRIVARE A DICEMBRE), GLI AMERICANI ACCELERANO – LA SFIDA È ANCHE GEOPOLITICA, CON I GOVERNI CHE RIVALEGGIANO E SI MINACCIANO A VICENDA – CI SONO 115 GRUPPI NEL MONDO CHE HANNO AVVIATO L’IMPRESA, MA IL VINCITORE SARÀ UNO SOLO: CHI ARRIVA PRIMO
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Coronavirus, iniettata alla scienziata italiana Elisa Granato la prima dose del vaccino
Michele Bocci per “la Repubblica”
La notizia di Oxford, che con le prime dosi sperimentali potrebbe essere pronta addirittura a settembre, ha dato una forte accelerazione alla corsa all' oro contemporaneo: il vaccino anti coronavirus. Perché, di conseguenza, colossi americani della farmaceutica come Pfizer o laboratori di ricerca come Moderna hanno accelerato sensibilmente la sperimentazione sugli esseri umani - entro l' autunno - del siero anti Covid 19, per l' euforia di Wall Street.
Bocche cucite, al momento, a Oxford: imposto il silenzio assoluto.Ma da ciò che filtra dallo Jenner Institute dell' università, cui collabora il laboratorio italiano Advent-Irbm di Pomezia, è chiaro: la vera sfida geopolitica tra giganti della ricerca è solo all' inizio. «Non sarà mai a scopo di lucro», assicura Johnson&Johnson, altro big americano in lizza tra le aziende e laboratori che, in India come in Cina e in Australia, stanno sperimentando un proprio vaccino.
Sono almeno 115 i gruppi nel mondo che hanno avviato l' impresa, 78 i progetti attivi, 6 dei quali già approdati alla sperimentazione sull' uomo: uno a Oxford, tre in Cina, due negli Usa. Ma è chiaro che "first past the post": chi arriva primo vince. Anche perché, dietro l' ecumenismo global di Bill Gates («Bisognerà allargare la produzione a tutto il mondo, e farò la mia parte»), c' è una battaglia nazionalista dei governi. Due mesi fa Trump è stato beccato nelle sue avance da milioni di dollari all' azienda farmaceutica tedesca Cure-Vac per avere in esclusiva un potenziale vaccino, ma Merkel bloccò tutto. Ora, il ministro della Salute britannico Matt Hancock rivela che, qualora il vaccino di Oxford fosse efficace, i britannici avrebbero la priorità di utilizzo. Sconcerto dei colleghi a Whitehall: «Follia. E se poi ci arrivassero prima altri Paesi? Noi come faremmo?».
Ma Oxford sembra avanti rispetto ad altri laboratori che già testano sugli umani, come a Seattle e in Cina, per vari motivi: ha una piattaforma di test di lunga data, ha già reclutato mille volontari con altri 5 mila già in attesa per la seconda fase, l' uso su alcune scimmie ha dato risposte per ora positive e milioni di dosi di vaccino sono già state ordinate dal governo a scatola chiusa. Eppure la partita è apertissima.
Curiosamente, ieri, proprio mentre la massima autorità medica dell' amministrazione Trump, Anthony Fauci, annunciava che il farmaco antivirale remdesivir dell' americana Gilead mostrerebbe «una chiara efficacia», nelle stesse ore la rivista britannica Lancet si affrettava a pubblicare uno studio che invece ne dimostrava l' inutilità. Ma la Food and drug administration Usa si è detta pronta ad autorizzare l' uso del farmaco in via sperimentale.
I gruppi che si sfidano sul fronte del vaccino puntano ad essere pronti a settembre. Una data molto attraente perché precede l' autunno, quando si teme una seconda ondata del Covid 19. Ma per ora si parla solo di dosi da usare per le emergenze, ad esempio per i lavoratori della sanità, o per iniziare i test sugli uomini come nel caso di Johnson&Johnson. I tempi per la produzione a livello globale saranno più lunghi, visto che miliardi di persone aspettano una soluzione contro il coronavirus.
Insomma, anche se si resterà ampiamente sotto il tempo medio necessario, a passare dallo studio preclinico all' immissione sul mercato di un vaccino (oltre 10 anni) ci vorrà ancora un po'. L' Oms parla di 10-16 mesi a partire da adesso, cioè si avranno a disposizione le dosi tra febbraio e agosto 2021. Non sarà finita lì, perché a quel punto bisogna considerare che i vaccini andranno somministrati alle popolazioni. E se ne andrà altro tempo.