L'ECONOMIA RUSSA STA CROLLANDO O NO? – IL “FINANCIAL TIMES”, LA BIBBIA DELL’ESTABLISHMENT, INTERVISTA L’OLIGARCA OLEG DERIPASKA, FONDATORE DEL COLOSSO DELL’ALLUMINIO RUSAL, CHE INFORMA IL MONDO SULLA TENUTA DELL’ECONOMIA RUSSA NONOSTANTE LE SANZIONI OCCIDENTALI – È VERO O È SOLO PROPAGANDA PUTINIANA? CONTA LA PERCEZIONE: GLI INVESTITORI, DI CUI "FINANCIAL TIMES" E' HOUSE ORGAN, INIZIANO A PENSARE CHE LE MISURE CONTRO PUTIN NON SERVANO A NIENTE…
-1. DERIPASKA: “L'ECONOMIA RUSSA È PIÙ FORTE DEL BLOCCO”
Estratto dell’articolo di Eugenio Occorsio per “la Repubblica”
Con un uno-due degno di miglior causa, la Russia lancia l'offensiva della dialettica autocompiaciuta. Il giorno dopo l'annuncio che la spesa per la difesa aumenterà nel 2024 dal 3,9 al 6% del Pil, il Cremlino lancia in campo il potente oligarca Oleg Deripaska (che pure all'inizio era critico sul conflitto) per informare il mondo che l'economia russa tiene benissimo e le sanzioni non l'hanno messa in ginocchio.
La resilienza è «sorprendente», dice Deripaska al Financial Times: il Pil quest'anno tornerà positivo, le forniture di petrolio a Cina e India vanno alla grande, le aziende private sono «un successo».
La realtà è ben diversa. Il greggio Ural venduto al «sud del mondo » (parole di Deripaska) ha superato il price cap di 60 dollari al barile (due terzi del Brent) e gli Stati Uniti minacciano battaglia. Gli affari […] si reggono su un equilibrio precario e su artifizi difficili da sostenere. La Banca centrale è imbavagliata dai suoi 300 miliardi in dollari di riserve, detenuti in Europa e in America, sotto embargo.
[…] Chi importa non riesce a cambiare i rubli in valuta estera quando deve pagare i beni che compra oltre confini, chi esporta viene pagato dalla controparte straniera in valuta ma poi si ritrova con un mucchio di dollari che deve cambiare in rubli da usare per le sue attività interne, approvvigionarsi di materie prime, pagare i dipendenti e ove mai le tasse.
[…] «Non resta che il mercato interno – dice Rosa – che però non può garantire la sopravvivenza a un Paese di tali dimensioni». Le limitazioni valgono anche se il partner commerciale è un Paese amico, dall'Azerbaijan al Kazakistan, magari di quelli che si prestano alle forniture “camuffate” […].
Gli americani hanno iniziato […] qualcosa di più di una moral suasion, che comprende l'esclusione dal circuito bancario globale Swift, ovvero la condanna a un isolamento della Russia. Se il partner è la Cina, invece, proprio sui circuiti bancari si gioca la partita.
Pechino ha lanciato un circuito alternativo, il Cips (Cross-border interbank payment system), che però consente solo affari in yuan, una moneta che non raggiunge il 5% delle transazioni mondiali. Si sta sperimentando la convertibilità in rubli ma nessuna delle due valute ha conquistato finora dignità di “divisa” di riferimento. Difficilmente che accada nella situazione attuale.
2. IL FINANCIAL TIMES AFFOSSA LE SANZIONI
Estratto dell’articolo di Giovanni Longoni per “Libero quotidiano”
«Sono rimasto sorpreso dal fatto che le imprese private (russe, ndr) siano state così flessibili. Ero più o meno sicuro che fino al 30% dell’economia sarebbe crollata; invece ci è andata molto meglio».
L’analisi è di Oleg Deripaska, fondatore del colosso russo dell'alluminio Rusal e oligarca sanzionato da Stati Uniti e Gran Bretagna per il suo ruolo nell’invasione.
Poi è diventato moderatamente critico dell’“operazione speciale” (già ai primi di marzo 2022 su Telegram scrisse: «Abbiamo bisogno della pace il più presto possibile»). E oggi torna a dire qualcosa di patriottico. Ma non è soltanto il contenuto della sua intervista ad essere interessante quanto il fatto che il Financial Times, quotidiano dell’establishment finanziario britannico, abbia dato grande evidenza alle sue parole. Il FMI ha previsto che il Pil russo crescerà dell’1,5% quest’anno e dell’1,3% nel 2024. Putin parla di crescita del 2,8%.
[…] Putin trattiene il fiato. Nella sua strategia solo difensiva, sul campo di battaglia e in quello della politica e della diplomazia, l’unica speranza è che l’Occidente si chiami fuori. E purtroppo per l’Ucraina, questo momento di svolta sembra avvicinarsi. O comunque il rischio è alto: Biden, che non ha mai ceduto nell’armare Zelensky, potrebbe non farcela a ottenere la riconferma. O potrebbe essere costretto, una volta arrivati allo scontro finale, a chiudere i rubinetti degli aiuti per compiacere agli elettori.
Deripaska, intanto, spiega sornione al FT: «Ho sempre dubitato di questa Wunderwaffe (arma miracolosa ndr), come dicevano i tedeschi, delle sanzioni». Per spiegare la resistenza dell’economia del suo Paese, sostiene che il Cremlino ha fatto grandi sforzi al fine di costringere le imprese statali inefficienti che dominano l’economia ad aumentare la capacità, in parte a sostegno dello sforzo bellico. «Il capitalismo di Stato ha creato questi enormi conglomerati a bassa produttività e bassi salari. Sono rimasto sorpreso nel vedere che in alcune di quelle fabbriche gli stipendi erano simili a quelli delle mie aziende». Hanno soldi, assumeranno, diventeranno competitivi, prevede Oleg.
Uno scenario - la razionalizzazione provocata dalla guerra - plausibile anche perché Mosca ha trovato mercati alternativi. Con cui non si arricchisce ma di sicuro sopravvive. «Sapete», ironizza ancora il miliardario, «i Paesi asiatici hanno bisogno di sfamare miliardi di persone ogni giorno, come si fa a chiedere loro di impegnarsi in un embargo?».
Da parte occidentale, «è stato un grave errore». Provare a usare con regimi autoritari «questo eccellente meccanismo».